Un fiume in piena, una cavalcata wagneriana, uno sturm und drang musicale, un’energia dialettica simile alla forza fisica di un unno verdiano. Vincenzo Balzani non è soltanto (si fa per dire) un grande musicista e un compositore di livello internazionale, ma anche e soprattutto un uomo che vive con i piedi ben piantati nella realtà che lo circonda e non lo fa apparire come appaiono gli artisti a tutti quelli (e non sono pochi, purtroppo) che li immaginano proiettati in una dimensione lontana anni luce dalla quotidianità. Milanese, 68 anni, Balzani si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Verdi della nostra città con il massimo dei voti e la lode. Poi ha intrapreso fin qui una lunga e prestigiosa carriera artistica e musicale che lo ha portato ad esibirsi nei teatri e nei festival di tutto il mondo. Da tempo unisce all’attività concertistica quella didattica e organizzativa; attualmente, infatti, è direttore artistico di numerosi concorsi internazionali riservati ai giovani musicisti. Ed è in questo contesto che nel 2009 ha fondato qui, a Milano, insieme alla moglie Catia Iglesias, Pianofriends, un’associazione culturale che organizza eventi e manifestazioni proprio per avviare alla carriera artistica i giovani talenti della tastiera. Oggi il Maestro, come ognuno di noi, vive con grande coinvolgimento e partecipazione emotiva la drammatica situazione determinata dall’Emergenza Coronavirus, che ha stravolto ormai da mesi le nostre vite.
“Ho rispettato, come quasi tutti, le disposizioni delle autorità politiche e sanitarie”, attacca a raccontare il celebre Maestro milanese. “In grande anticipo, rispetto al primo decreto governativo, mi sono trasferito nella mia casa di Laveno Mombello, nel Varesotto, dove c’è un piccolo giardino e molta pace. E’ stato come se avessi previsto l’arrivo di questo tsunami. Insieme a mia moglie seguiamo ogni giorno l’evolversi della situazione e quando le condizioni lo permetteranno, comunque, torneremo a Milano. Comincio ad avere un po’ di anni sulle spalle e qualche acciacco in più, è meglio che stia riguardato ancora un po’. E poi stando qui ho riscoperto la primavera e la natura che rifiorisce. Per quanto riguarda il mio lavoro, invece, svolgendo all’estero la maggior parte dei miei concerti, confesso di vivere male la cancellazione degli eventi musicali. In questo momento, il mondo artistico sta scoprendo le manifestazioni casalinghe, in streaming, le lezioni via Skype. Certo, è meglio di niente, ma io spero che quanto prima si possano riprendere le attività normalmente, con il pubblico. Per questo, esorto i miei migliori allievi a tenere duro, a lavorare, ad ascoltare musica il più possibile e a prepararsi al rientro nella vita reale. Nel frattempo, ho realizzato una serie di programmi video, concerti abbinati a versi, disegni, filmati e lettere originali da pubblicare in Rete e a disposizione di amici e appassionati. Tutti mi seguono con entusiasmo. Sto vestendo i panni di un condottiero virtuale, che tiene alta la tensione del suo esercito prima della battaglia (e ride). Comunque, sto riorganizzando tutte le mie ormai passate attività in qualcosa che un po’ come le auto ibride possa utilizzare il meglio delle nuove tecnologie per fare al meglio il mio mestiere, in una società che da settembre dovrà essere nuova per forza”.
A questo punto che idea si è fatto, Maestro, riguardo alla situazione e alla reazione della nostra città?
“Milano è una metropoli internazionale, che negli ultimi quindici anni (e in maniera esponenziale dopo Expo 2015) ha raggiunto un livello qualitativo generale estremamente alto. Penso, ad esempio, all’esplosione del turismo. Questa emergenza, purtroppo, ha praticamente spazzato via tutto. La segregazione forzata è stata vissuta come un’irreale necessità, con l’illusione di ritornare a vivere la normalità dopo un mese. Oggi, invece, dopo più di due mesi di sacrifici, rischiamo ancora di dover richiudere tutto quello che stiamo faticosamente riaprendo”.
Secondo Lei è stato fatto finora tutto quello che era possibile e doveroso fare?
“No, anche se le responsabilità sono così equamente divise tra più ambiti che sarebbe meglio azzerare gli ultimi tre mesi e mezzo di vita”.
E sul fronte della corretta informazione sono stati commessi molti errori?
“Diciamo che il disordine, l’approssimazione e soprattutto la cecità e la sordità nel non capire quello che da un mese e mezzo era già in atto in Cina ci ha fatto organizzare in forte ritardo”.
I comportamenti complessivi degli italiani (e in particolare dei milanesi) finora sono stati buoni o possono ancora migliorare?
“Siamo stati esemplari. Abbiamo affrontato la situazione in massima parte con grande senso del dovere. Penso soprattutto ai giovani e agli anziani; i primi l’hanno vissuta in modo totalmente virtuale, fra le mura domestiche, salvati dagli smartphone e da Internet, mentre i secondi hanno rinunciato a dare e a ricevere un bacio, una carezza o un abbraccio dai loro cari. Certo, l’informazione sui social network, sui media, nei talk show è stata capace di frastornare e qualche volta di terrorizzare tutti. E anche per questo è stato difficile, per ognuno di noi, cercare e trovare l’equilibrio psicologico necessario ad affrontare questo fenomeno”.
Entriamo nel merito dei provvedimenti presi dalle autorità nazionali, regionali e cittadine. Da cittadino che opinione ha al riguardo?
“Non vorrei dire nemmeno una parola, ma Le racconto un episodio. Il 21 febbraio scorso ero a Grosseto, dove avevo tenuto un recital. Mentre facevo colazione, in albergo, ascoltavo alla Tv le notizie sulla zona rossa di Codogno. Avendo avuto studenti di pianoforte da tutto il mondo sapevo del Covid19 dai miei allievi cinesi già dai primi di gennaio cominciavo a fare i miei conti, che poi purtroppo sono tornati. Comunque, sono ripartito in treno per Milano via Genova e mi chiedevo quante persone avrebbe potuto contagiare un musicista in viaggio come me. Bene, anzi, male: cos’hanno fatto le autorità per organizzare un’efficiente strategia di sicurezza sanitaria? Che le mascherine fossero introvabili ero venuto a saperlo da una mia allieva cinese già dalla fine di gennaio. Pensi che nemmeno al suo Paese, che le produceva, non bastavano mai e non si trovavano più perché a quel tempo l’epidemia era già scoppiata. E poi ricordo la decisione geniale (si fa per dire) della cancellazione dei voli diretti dalla Cina all’Italia. Ma il Governo sa che il 90 per cento dei viaggiatori che vengono in Italia dalla Cina fanno uno o addirittura due scali per l’Italia? Forse i nostri governanti sono abituati a prendere voli diretti, senza scalo… E Alzano Brianza? E Nembro? Che cosa c’era di diverso da Codogno? E i respiratori dati dalla Protezione Civile all’Emilia Romagna, che aveva le terapie intensive occupate al 60 per cento, quando a Bergamo la gente moriva perché i respiratori non erano sufficienti? E i tamponi che ancora oggi non vengono fatti a sufficienza? E non parliamo dei proclami relativi agli aiuti economici ai commercianti e ai piccoli imprenditori, ai quali le banche non hanno voluto fare alcun “atto d’amore”, come chiedeva ingenuamente il nostro presidente del Consiglio. Ci sarebbe da parlare per un giorno di fila, ma mi fermo qui”.
Per forza, caro Maestro: non abbiamo tutto questo tempo e soprattutto molto spazio. Però mi dica, in conclusione, come vede il futuro più immediato del Suo settore, qui a Milano…
“I teatri dovranno sicuramente rimodulare tutto. Fino a che non ci sarà un vaccino si dovranno pensare spettacoli con un numero così limitato di spettatori che occorrerà trovare forme di abbonamento su piattaforme on line espressamente riservate agli utenti, per consentire la partecipazione agli spettacoli da casa e integrare, così, gli incassi, che ovviamente subiranno un drastico calo. Sugli stage, poi, le orchestre, le compagnie di canto e di ballo dovranno organizzarsi, dal punto di vista della sicurezza, per evitare assembramenti e quindi possibili contagi. Penso che il settore che avrà più problemi sarà quello lirico, poi il sinfonico e infine il cameristico. Mi auguro che questo incubo svanisca entro la fine di quest’anno. Personalmente spero di avere a disposizione una domenica di dicembre per rendere omaggio al “grande sordo” di Bonn (Ludwig van Beethoven, ndr), di cui ricorrono i 250 anni dalla nascita. La sua musica straordinaria, levandosi al cielo, potrà forse innalzare le nostre anime così provate”…
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)
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