“La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’capelli del capo che’ elli avea di retro guasto…”
Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare del Conte Ugolino, il più famoso “cannibale” della Storia.
Le terzine iniziali del XXXIII canto dell’Inferno della Divina Commedia sono indimenticabili, anche per lo studente più svogliato e disattento. La morte per fame del Conte e dei suoi sventurati famigliari è stata sicuramente una delle più tragiche ingiustizie del XIII Secolo, vendicata però dalla poesia immortale di Dante Alighieri.
Il cibarsi di carne umana è stato un fenomeno molto diffuso nel passato, non solo fra primitivi e selvaggi ma anche fra i popoli cosiddetti “civili”.
Nel 1991 fece scalpore la cattura dell’americano Jeffrey Dahmer, il mostro di Milwaukee, la ridente cittadina della serie televisiva Happy Days. Nell’appartamento del cannibale furono ritrovati resti di cadaveri, accuratamente conservati in frigorifero.
Anche la Letteratura e il Cinema si sono ampiamente nutriti di antropofagia, approfittando del fatto che ognuno di noi ha un’inconscia attrazione verso il fenomeno.
Lo strepitoso attore britannico Anthony Hopkins ha magistralmente interpretato il più famoso cannibale della storia del Cinema: il Dottor Hannibal Lecter.
La sua fantastica prestazione ha contribuito in modo fondamentale a far conquistare cinque Premi Oscar a Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme. Il film è tratto dal libro di Thomas Harris, best seller mondiale, pubblicato nel 1988.
Nella scena finale del film lo psichiatra serial killer, evaso dal carcere, telefona all’agente Clarice Starling, una fantastica Jodie Foster, per avvisarla che avrà “un vecchio amico per cena”, nel senso culinario del termine.
I veri cannibali cinematografici per antonomasia sono però gli zombi.
I morti viventi di Haiti, nati dalla magia vudù, in pochi anni hanno invaso il mondo, diventando i personaggi principali di libri, fumetti, film e fortunatissime serie tv come The Walking dead.
Il più classico e osannato film del genere è sicuramente “La Notte dei Morti Viventi” di George A. Romero. Fu girato nel lontano 1968 con scarsi mezzi economici ma si rivelò subito un capolavoro.
Usciti dalle tombe gli zombi camminano piano, sembrano incapaci di intendere e volere ma si avventano con ferocia sui viventi per sbranarli.
Romero scaraventa lo spettatore in un incubo, dove un gruppo di persone deve fare i conti con questi mostri, assediati all’interno di una casa che si trasforma sia in un rifugio sia in una trappola dalla quale è impossibile scappare. Il bianco e nero funziona a meraviglia e l’atmosfera che ne nasce è perfetta.
Non mancano le scene forti e vomitevoli. I sanguinolenti pasti degli zombi con il clima generale di disperazione degli assediati donano al film un fascino terribile.
Il finale è infine di un cinismo allucinante e inaspettato, da far sobbalzare sulle sedie tutti gli spettatori.
Con questo film Romero ha creato una vera e propria corrente di pensiero dal quale hanno attinto, a piene mani, tantissimi altri registi e scrittori.
Nel successivo Zombi del 1978 il grande regista non deluderà i suoi fan, ambientando principalmente la storia in un centro commerciale. Dalla sua idea iniziale del 1968 nasceranno zombi di tutti i generi: lenti, veloci, infetti, vampiri, vichinghi, nazisti ecc…
Attualmente nel cinema lo zombi più utilizzato è quello che corre, veloce e rabbioso.
Ha trovato la sua apoteosi di sangue, violenza e terrore nel superbo “28 giorni dopo” di Danny Boyle. In una Londra deserta e sconvolta si aggirano bande di creature assassine che ormai hanno ben poco di umano, infettate da un virus contagiosissimo.
Giusto per stare in tema con quello che stiamo vivendo adesso…
Gian Luca Tavecchia