Il progetto, fra l’altro considerando l’epoca, era ambizioso: “Fornire per modico prezzo alle classi laboriose abitazioni decenti e salubri e mezzi di mondezza personale”. La frase è virgolettata perché è contenuta nel documento programmatico della Società Edificatrice di Case per gli Operai, Bagni e Lavatoi Pubblici, approvata con un Regio Decreto il 18 maggio del 1862. L’impulso lo diede l’anno prima l’allora Sindaco di Milano, Antonio Beretta, che spinse per la costituzione, appunto, di un’azienda costruttrice che avesse queste finalità. Del resto, l’utilità reale di una società immobiliare del genere era evidente, non soltanto all’opinione pubblica milanese, ma anche e soprattutto ai promotori della lodevole iniziativa, che veniva considerata, sempre secondo il programma d’intenti, “una miglioria materiale” e anche uno strumento attraverso il quale garantire “l’ordine, la dignità e la costumatezza delle famiglie”. Il primo atto concreto della nuova Società Edificatrice fu la costruzione, fra il 1862 e il 1868, di un intero quartiere operaio cittadino, tra le vie San Fermo, Montebello e San Marco, dove andarono ad abitare più di 1.200 persone. Gli stabili della zona vennero appunto dotati di due lavatoi, uno interno e uno pubblico (con quest’ultimo aperto anche ai non residenti) e di un asilo, dove i bambini potevano, sempre da programma, “far tesoro di moralità e di salute, mentre i genitori sono al lavoro”. In periodi storici relativamente più recenti, fra il 1927 e il 1930, la società costruì ancora il quartiere alla Fontana, che comprende le attuali vie P. Bassi, C. Nava e Lario, per poi essere messa in liquidazione nella seconda metà del XX° secolo e il suo patrimonio interamente donato al Pio Albergo Trivulzio…