L’incontro è stato occasionale, ma non banale (come spesso accade, a Milano, che vive di relazioni pubbliche), ed è finito per diventare una breve chiacchierata sulla nostra città. Silvia Paladini è una milanese doc, nata e cresciuta qui. La sua professione è quella del medico, ma di pari passo con il suo percorso sanitario ha sempre coltivato la passione per l’arte, tanto da frequentare l’Accademia di Brera e di realizzare sculture che hanno ottenuto, finora, un successo lusinghiero. Attualmente ne sta esponendo alcune allo Spazio Ponte dell’Arte, al Mezzanino della MM Repubblica, nell’ambito di una mostra intitolata ARTE SULLA LINEA, insieme ad altre amiche e artiste quali Alice Bellati, Jone Del Balzo, Roberta Janes, Maddalena Sproviero e Roberta Paleari (fino al prossimo 24 maggio). “A Milano sono nata, vivo e lavoro”, esordisce Silvia”, ma è un rapporto duplice, perché come sai la nostra non è una città facile. Certo, è cambiata e sta cambiando in continuazione, perché è la sua caratteristica distintiva, in ambito italiano. Il tessuto sociale, oggi, è diverso da quello del passato, ma le sacche di povertà e di degrado, per esempio, ci sono sempre state”.
Però dall’Expo in poi (escluso il periodo della pandemia) Milano è oggettivamente cambiata: è migliorata ulteriormente l’offerta culturale ed è letteralmente esplosa quella turistica. La sensazione, inoltre, almeno per quanto mi riguarda, è che oggi sia spaccata in due: da una parte la città storica e romantica che non c’è più, fatta di ricordi e nostalgie più o meno comprensibili; dall’altra, invece, la nuova Milano di City Life, dei grattacieli delle grandi archistar e di Piazza Gae Aulenti, per intenderci. È possibile, a Tuo parere, coniugare tradizione e modernità?
“Il miglioramento dell’offerta culturale la rendono a mio avviso meno fredda, più vivibile, e la riqualificazione di alcune zone, la loro modernità, che tiene conto del verde inserito anche negli spazi verticali, hanno indubbiamente cambiato la percezione che se ne ha. Milano, però, è anche quella sporca, ma colorata della metropolitana, dove si mescolano i messaggi forti dei graffiti all’espressione del disagio, a volte profondo, che questa espressione artistica trasmette. Eppure, pur percependo il suo lato più crudo e la sua detestabile frenesia, amo Milano in modo viscerale, inspiegabile anche a me stessa”.
Tu sei medico e artista, unisci la razionalità alla creatività. Com’è possibile coniugare al meglio queste due aree cognitive?
“Si tratta di due aspetti che possono sembrare in antitesi, ma che in realtà non lo sono, perlomeno per quello che mi riguarda, perché mi rappresentano entrambi. Il processo creativo è a volte frutto di un progetto, però a volte deriva da intuizioni o dalla casualità, che mi aprono strade nuove e sperimentazioni diverse”.
Un’ultima domanda, Silvia. Ritieni Milano una città a misura di donna? Ambiti come la cultura, la sicurezza e il lavoro privilegiano la condizione femminile, oppure no?
“Come donna, pur tra molte difficoltà, sono felice di vivere a Milano, dove anche per una donna ci sono opportunità e possibilità di realizzazione. Tutto quello che sono oggi deriva da un duro lavoro, non è arrivato senza sforzo, ma qui mi è stato possibile fare quello che mi interessa. Sono opportunità negate a moltissime donne, che vivono in altri Paesi e contesti. Certamente, la cultura e il lavoro sono fondamentali, per migliorare la condizione femminile”.
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)