Ha 41 anni (beato lui), lucano di Venosa (la città del poeta romano Orazio, nonché una delle aree più affascinanti e coinvolgenti della Basilicata) e poi milanese e lombardo di adozione. Pasquale Griesi è il Segretario Provinciale Milanese della Federazione Sindacale di Polizia. Oltre ad essere un poliziotto pluridecorato e insignito di molte onorificenze è un marito e un padre modello. E per me, in particolare, è un caro amico. Proprio per la nostra affettuosa amicizia e la stima reciproca abbiamo deciso di farci una chiacchierata qui, sul mio blog, rendendola pubblica e soprattutto pubblicabile…
Caro Pasquale, parliamo (e non potrebbe essere diversamente) dell’Emergenza Covid. Come vedi, oggi, la situazione milanese e Lombarda?
“Questo è stato un anno in cui ognuno di noi ha dovuto mettersi in gioco. Un anno in cui alla paura si è dovuto rispondere con il coraggio, al pericolo con la preparazione, alla fatica con la generosità, alla violenza con l’altruismo. Una lotta continua contro un nemico invisibile, contro l’ignoto, provati dal dolore per il lutto e le sofferenze, con le abitudini quotidiane stravolte, privati di un abbraccio, di un bacio e in balìa dell’incertezza. Abbiamo tutti fatto appello alla nostra coscienza, abbiamo aiutato e cercato di proteggere deboli e indifesi, chi già era mortificato dalla vita e non aveva più forze per affrontare l’ennesima sconfitta. Insieme abbiamo dimostrato di essere più forti, ci siamo aggrappati all’amore, alla speranza, alla solidarietà, alla coesione, alla caparbietà, tutte doti peraltro innate, di cui nessuno potrà privarcene, tantomeno il virus. Abbiamo imparato ad essere resilienti. In Lombardia abbiamo dovuto affrontare per primi il problema e non mi sento di criticare chi è stato in prima linea, anzi, dovremmo essere eternamente grati a chi lo ha fatto: parlo degli operatori sanitari, delle Forze dell’Ordine e di quelli che si sono impegnati al massimo in questo momento difficile, anche mettendo da parte le loro famiglie e i loro affetti più cari. Possiamo sicuramente affermare che hanno scritto un pezzo di Storia dell’Umanità”.
Secondo te è stato fatto tutto quello che era possibile e doveroso fare?
“Non voglio pensare che chi ci governa non abbia adottato la regola del buon padre di famiglia. Credo veramente che a livello nazionale l’intera popolazione sia stata esemplare. Tolti pochi e sporadici casi di irresponsabile menefreghismo, il resto, pur criticando le misure, le ha rispettate coscienziosamente. La salute pubblica sta a cuore a molti, se non a tutti”.
Sul fronte della corretta informazione sono stati commessi molti errori?
Purtroppo (o per fortuna) siamo figli dell’era digitale e quindi capisco le maggiori difficoltà comunicative. Contesto, però, i vari comunicati che ogni politico faceva e continua a fare individualmente. In pratica, ognuno diceva e dice ancora la sua. E il risultato, alla fine, è il tutto contro tutti”.
I comportamenti complessivi dei milanesi e dei lombardi, finora, sono stati buoni o possono ancora migliorare?
“Oggi la situazione è cambiata. Dalla paura per pochi, ma pericolosi soggetti, è arrivata la fase della strafottenza (parlo dei negazionisti). Le regole ci sono e vanno rispettate; solo uniti si può sconfiggere questo nemico invisibile, quindi mi aspetto per questi individui pene esemplari. Non si può vanificare adesso il lavoro e i sacrifici di tanti”.
Entriamo nel merito dei provvedimenti presi dalle autorità lombarde e milanesi. Da cittadino e poliziotto che opinione hai al riguardo?
“I provvedimenti sono stati spesso molto confusi. Penso ai ristoratori e a tutte le aziende che hanno messo in sicurezza, con i nuovi dispositivi, le loro attività commerciali, per poi sentirsi dire dal giorno dopo che dovevano chiudere”.
Come giudichi l’impiego (e l’impegno) della Polizia di Stato in questa vicenda?
“Penso che siamo riusciti a metterci nei panni della gente, abbiamo capito da subito i problemi che affliggevano i cittadini. Ritrovarsi da un giorno all’altro senza denaro, senza un piatto caldo da mettere a tavola, farebbe andare tutti in escandescenza. Tolti i pochi casi in cui non c’erano alternative, se non sconfinare nell’omissione di atti d’ufficio da parte nostra, penso che siamo stati davvero dalla parte dei cittadini”.
E tu cos’hai fatto (e stai ancora facendo) in questa situazione?
“Nella prima fase, con la Federazione Sindacale di Polizia (di cui come sai sono Segretario provinciale) e come volontario del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, ho donato insieme a tanti amici oltre 35.000 mascherine chirurgiche e disinfettanti a chi ne aveva bisogno, dagli uffici pubblici alle associazioni di Soccorso Pubblico, dagli uffici di Polizia a i colleghi in prima linea. Abbiamo distribuito pasti a chi non aveva la possibilità di uscire di casa e altri servizi di protezione Civile. Voglio precisare che tutto questo è avvenuto fuori dall’orario di servizio, nel cosiddetto tempo libero o da dedicare alla famiglia. Inoltre, ho avviato una raccolta fondi per aiutare la moglie di un collega ucciso a Napoli, vendendo alcuni pezzi pregiati di una mia collezione. E altro ancora stiamo facendo, durante questa seconda ondata”.
A proposito della tua collezione: per concludere, parliamo della passione che coltivi per la Storia d’Italia. Nella tua villetta in Brianza hai un vero e proprio museo privato, in cui hai raccolto cimeli, fotografie, divise e preziosissime testimonianze del nostro passato. Ce ne vuoi parlare?
“Sono sempre stato appassionato di Storia fin da ragazzo. Alla sua morte, un magnate d’arte lasciò l’intera sua collezione alla pinacoteca del mio paese e forse visitare quel museo ha fatto scattare la scintilla. Da allora ho iniziato a ricercare ovunque pezzi storici, dal Risorgimento ai giorni nostri. Devo dire che la passione un po’ mi ha travolto. Mi sono appassionato alla dinastia più longeva d’Europa, Casa Savoia; da Umberto di Biancamano fino ad Emanuele Filiberto ho almeno una stampa o un dipinto che li ritrae. Negli anni, poi, mi sono appassionato alla storia degli Ordini cavallereschi, alla storia della Polizia di Stato, di cui orgogliosamente faccio parte. Nella mia collezione ci sono bandiere che hanno fatto la storia dell’Unità d’Italia, sciabole e tanti oggetti che raccontano la nostra nazione, le urne elettorali del referendum del 1946, che sancirono il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica.
Oggetti che hanno parecchio da raccontare e che soprattutto non hanno colore politico, ma appartengono alla nostra identità”.
La tua collezione meriterebbe di essere esposta pubblicamente. Ci hai pensato? E stai facendo qualcosa al riguardo?
“In verità non mi dispiacerebbe creare un museo permanente aperto al pubblico in cui esporre il mio materiale, ovviamente gratuitamente. Voglio sottolineare che non ho mai preso denaro per le tante mostre fatte in tutta Italia e che finora ho agito soltanto sotto l’impulso della mia passione. Sì, penso che sarebbe bello se si potesse realizzare qui in Brianza. E se qualcuno avesse dei locali liberi potremmo pensare di creare un museo unico nel suo genere”.
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)