Fermata Piola.
Il recinto urbano della mia vecchia casa.
Piazza Ascoli, il bar di Elena che non c’è più.
I passi lenti di Roberto, corso Buenos Aires.
Il Giorno. Di lavoro e d’addio.
Loreto, fermata Loreto!
La melodia di voci di Porta Venezia, le forme calpestare di via Padova.
La meraviglia nuda del Duomo, il 23 in pensione e il birrificio Lambrate.
Il 33 di legno e di storie rubate.
Gli aperitivi milionari dei salotti futili, la mia ombra incollata sulla Darsena.
I quartieri popolari, viale Monza, i pugliesi dappertutto.
Le librerie amate, i panni stesi di via Plinio che fa tanto Palermo.
Stazione Garibaldi, la Feltrinelli Red, e chi se ne fotte di Corso Como.
Corso Magenta, Ercolessi e San Maurizio.
Il Pescetto a Brera: che te ne fai di Pescaria?
1943, le bombe di nonna, la fuga dalla Cattolica a Bitonto, il mio ritorno furtivo a Sant’Ambrogio.
Santa Maria delle Grazie, dal Medioevo al Rinascimento in tre scalini.
San Satiro, i musei che non ho mai visto, i pezzi clandestini tra i tesori di Milano.
Il Matricola sotto casa, i locali che cambiano pelle.
Le puttane di viale Abruzzi.
I senzatetto in un abbraccio.
La lineea rossa, la verde, la 92, sempre coi migranti.
Di notte.
Ora che ci sono e non sono
più.
Pepè
(Giuseppe Di Matteo, giornalista e scrittore)