Milano, se si eccettua il Lambro e l’Olona, fiumi minori che oggi scorrono in gran parte sotto la città, non ha mai avuto un fiume degno di questo nome. Ha avuto, però (e ha ancora), i Navigli, che la collegano al Ticino a Ovest e all’Adda a Est. All’epoca dei Torriani e degli Sforza la città si è dotata di una vasta rete di canali navigabili per le merci e di altrettanti per l’irrigazione dei campi. Milano vantava la famosa Fossa Interna, che frate Bonvesin de la Riva presentava così: “…forse che vi si trovano paludi o acque putride, che corrompono l’aria con le loro nebbie e i loro fetori? No di certo; vi si trovano invece limpide fonti e fiumi fecondatori”. Bonvesin va poi nei dettagli nel descrivere il Fossato, che giudica di sorprendente bellezza e larghezza. Fossato in cui guizzano i pesci e saltellano i gamberi. Preciso e quasi pignolo come d’abitudine, il frate informa che tra la Quaresima e San Martino (in pratica, durante l’intero anno) ogni giorno Milano divora oltre sette “moggi” di gamberi. Ogni moggio equivale a otto “staia” e il peso complessivo di queste abbondanti pesche è dunque pari a quello di un uomo di robusta costituzione, circa ottanta, novanta chili. La Darsena accoglie poi i prodotti della campagna, che a loro volta vengono smistati attraverso i canali e il Naviglio interno, nel cuore della città. Passano gli anni e poco per volta pesci e gamberi spariscono, ma altri milanesi, prima che negli anni Trenta del secolo scorso i Navigli vengano definitivamente coperti, ne indicano le misure, come ha fatto Giuseppe Codara: “…dal Tombone di San Marco alla Darsena di Porta Ticinese, si sviluppa per cinque chilometri e 283 metri. Ha sponde in muratura e la sponda esterna e sulla sinistra della corrente, è munita di un parapetto in pietra dove lambe le rive della città, che servono anche di strada alzaia; il fondo per gran parte fu, a spese della città di Milano, pavimentato in cemento”. Qualche altra curiosità storica. La fossa, dal Tombone alla Darsena, presenta sette metri di dislivello, che vengono pareggiati con l’aiuto di cinque conche, o chiuse. Nel 1927 il percorso della cerchia interna è scavalcato da ventidue ponti, molti in muratura, un paio in cemento e persino alcuni in ferro (famoso quello delle Sirenette, ora ospitato nel Parco Sempione). La portata della corrente è di 4,29 metri cubi al secondo e i fondali variano da 80 centimetri a un metro e ottanta.
Statistiche e numeri aridi e senza senso? Non sembrerebbe proprio, osservando (e non c’è milanese che non lo faccia con occhio umido) le innumerevoli fotografie e le molte vedute pittoriche che nel corso degli anni hanno testimoniato la vita dei Navigli, della città e della campagna. Queste vedute hanno raccontato la Milano di un tempo: case vecchie e palazzi signorili, specie quelli di Via Senato e Via Santa Sofia, i famosi barconi che trasportavano di tutto (sabbia e pietre per costruire, derrate alimentari). Per non parlare dei milanesi ritratti in un momento storico: gli uomini con ampi pastrani, le donne con gonne voluminose e cuffiette a coprire il capo. Scorci di una Milano scomparsa… Si parla spesso della riapertura dei Navigli, operazione nostalgica e forse fuori tempo, per le molte difficoltà pratiche che presenta. Sognare, per molti, non costa nulla. Per il momento possiamo accontentarci di aver rimesso a nuovo la Darsena, il bacino che accoglie le acque che arrivano dal Ticino e vengono poi convogliate verso Pavia.
Federico Formignani (giornalista e scrittore)
(Immagini tratte dal web)