Docente di recitazione, attrice e speaker radiofonica, autrice e conduttrice del programma “Mattino Lombardia”, in onda su Radio Lombardia. Monica Stefinlongo incarna pienamente la figura della “femmina milanese multitasking”. E’ nata, ha studiato e lavora nella sua città, quindi è una persona adatta a tracciarne un profilo. “Non lo so, ma certamente Milano è la mia vita”, esordisce la bella e brava conduttrice. “Qui mi sono formata, frequentando diversi tipi di scuole professionali, da quelle di dizione, fonetica e doppiaggio a quelle di recitazione, danza, canto, mimo e storia del teatro. E così anche le esperienze lavorative sono state diverse e sempre stimolanti, nell’ambito dell’animazione e dell’insegnamento. Fra gli altri, ho avuto il piacere e il grande orgoglio di lavorare al fianco del grande Piero Mazzarella, una vera e propria icona del teatro milanese. Poi sono approdata alla radio, a mio parere il mezzo principe della comunicazione. Insomma, tutte queste esperienze sono state ovviamente importanti per la mia maturazione artistica e professionale, ma sono state fondamentali per formare la donna che oggi penso di essere, dal punto di vista umano”.
Tu attraversi Milano ormai da un po’ di tempo. Com’è cambiata e come sta cambiando, secondo te?
“Milano è cambiata moltissimo, soprattutto negli ultimi anni. L’aumento esponenziale degli eventi artistici e culturali e la nuovissima urbanistica hanno portato la mia città al livello di grandi metropoli come Londra o Parigi.
Adesso è anche un vero polo turistico e offre di tutto, non solo moda e design. Quello che mi piace di più è raccontare alla radio le possibilità che offre anche ai più piccoli di poter visitare e vivere i musei e i teatri con moltissimi eventi pensati appositamente per loro. E ci sono diverse iniziative gratuite, ma se ce ne fossero sempre di più sarebbe meglio perché tutti i bambini devono potersi appassionare alla cultura, che spesso è ancora troppo cara per le famiglie. Ecco, vorrei che Milano fosse un esempio in questo senso”.
Tu lavori nel mondo dell’informazione e più in generale della comunicazione milanese, due osservatori privilegiati sulla città. Ma sono davvero privilegiati, questi osservatori? Qual è l’attuale situazione del tuo ambito professionale? E quali contributi ha portato, secondo te, lo sviluppo dei social network?
“Lavorare attraverso un mezzo di comunicazione come la radio è sicuramente un privilegio perché da qui si ha veramente il polso di quello che accade. Spetta a noi operatori, poi, scegliere cosa raccontare e a cosa dare spazio, riguardo a questa Milano piena di energia creativa. Per chi ha scelto la radio come strumento di lavoro è la città più adatta, ovviamente. E’ un mezzo antico, ma unico e potenzialmente sempre rinnovabile; ha retto orgogliosamente all’invasione della tecnologia e durante questa crisi economica molte emittenti hanno subito parecchi cambiamenti, ma andiamo avanti con la consapevolezza di svolgere una delle professioni più belle del mondo. Certo, l’arrivo dei social network è stato importante per poter essere più capillari e far arrivare a più persone i nostri messaggi. Avere a disposizione le notizie in tempo reale e poter approfondire velocemente argomenti per chi è in onda è fondamentale. Per la mia vita personale, però, ho scelto di non essere presente sui social”.
Milano ha sempre avuto un respiro più ampio dei suoi confini. Tutto quello che la riguarda interessa sia a livello nazionale che internazionale. Pensi che sia in grado, anche oggi, di interpretare questo ruolo? Oppure è stata “colonizzata”, nel senso che questo interesse esterno ha prodotto investimenti economici e finanziari che hanno portato imprenditori, finanzieri e banchieri ad impadronirsene?
“E’ certamente stata colonizzata dalle grandi multinazionali perché è sicuramente in grado di attrarre imprese e capitali dall’estero. Ho letto che la Lombardia assorbe quasi la metà della presenza di aziende straniere operative in Italia e la sola provincia di Milano ne ospita un terzo. Se questo succede è perché al di fuori dei nostri confini vedono questa città all’avanguardia e in continua evoluzione, soprattutto se parliamo di hi-tech. Fra l’altro, mi viene in mente una notizia delle ultime settimane: sarebbe proprio Milano la prima città europea scelta per l’apertura di un nuovo Vivienne Westwood Cafè, a conferma che è una delle capitali mondiali della moda, ma si afferma sempre di più come punto di riferimento anche per l’enogastronomia”.
Ritieni Milano una città a misura di donna? Ambiti come la cultura, la sicurezza e il lavoro privilegiano la condizione femminile?
“Milano offre molto alle donne. Mi viene in mente, ad esempio, il “Cinemamme”, all’Anteo; due mattine al mese c’è l’offerta della proiezione di un film presente nella programmazione nella sala più facilmente accessibile ai genitori con bambini in età da allattamento.
Ci sono anche spazi funzionali di co-working per mamme e bambini.
Più in generale, per quanto riguarda il lavoro, noi donne abbiamo ancora molte battaglie da combattere, come del resto in tutta Italia. E se parliamo di sicurezza, beh, io sono una donna atipica perché sono abituata a viaggiare e muovermi da sola anche in grandi metropoli come New York, Hong Kong, Tokyo e quindi mi sento personalmente sicura, ma porto avanti una battaglia dove abito, a Cologno Monzese, per chiudere i parchi di notte”.
A proposito: che opinione hai del fenomeno dell’immigrazione a Milano?
“E’ un fenomeno che è sempre esistito, ma che ognuno vive a modo suo. Per quanto mi riguarda, avendo visitato molte città in giro per il mondo, una società multirazziale e la mescolanza delle culture mi piacciono molto”.
Per concludere, Monica: Come vedi il futuro di questa città, in relazione anche all’attuale situazione italiana e internazionale?
“Mah…I problemi, anche gravi, ci sono ormai da molti anni e spesso mi prende lo sconforto, ma sono buddhista e ho imparato, grazie alla pratica, a lamentarmi il meno possibile e piuttosto a darmi da fare, a prendermi la responsabilità della mia vita e delle situazioni che non mi piacciono e che sono da cambiare, senza aspettarmi che siano gli altri ad agire per me”.
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)