Il nostro blog si arricchisce di una nuova rubrica, che ci rende particolarmente orgogliosi. MILANO IN DIVISA (questo il nome inserito nelle categorie di argomenti trattati) ospiterà temi di carattere militare (ma non solo) e sarà curata da Francesco Cosimato, 64 anni, romano di nascita e milanese di adozione, generale di brigata in congedo, insignito dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e già direttore del Circolo di Presidio dell’Esercito di Milano, che ha maturato esperienze significative attraverso molte missioni all’estero e importanti incarichi in seno alla Nato, senza farsi mancare competenze di Intelligence e di Comunicazione. È un uomo che non le manda a dire, anche perché è abituato a dare ordini direttamente e a mettere in pratica le sue stesse direttive, dando sempre e per primo l’esempio. Oggi Cosimato è il presidente del Centro Studi Sinergie, un osservatorio sulla cultura italiana e internazionale, con un focus molto ben centrato sulla geopolitica, le scienze sociali, l’informazione e l’economia. L’ex generale partirà, neanche a dirlo, dalla nostra città, per poi varcarne i confini e portarci ad esplorare nuovi territori che a vario titolo sono collegati alla nostra quotidianità milanese, al nostro rapporto con le Forze Armate.
“Milano ha subito una lunga evoluzione storica, che in epoca recente ha prodotto la progressiva riduzione della presenza militare in città”, afferma Cosimato. Sciogliere un reparto è molto facile, l’Esercito ne ha chiusi tanti, è una cosa che si fa in breve tempo; creare un reparto è invece una cosa lunga e difficile da fare, in tempi valutabili in uno o due decenni. Se nello stradario di Milano compaiono Via Reggimento Savoia Cavalleria oppure Largo V° Alpini è perché questi due reparti erano nel tessuto della città, ma sono stati portati altrove per l’insipienza dei politici, sia locali che nazionali, e per non turbare i sentimenti a volte antimilitaristi, che hanno un certo seguito nella nostra società. I milanesi vogliono, peraltro raramente, la presenza dei militari se c’è un problema, però la cosa passa subito nel dimenticatoio in tempi di tranquillità, anche se il fuoco cova sotto la cenere. Nel frattempo, abbiamo perduto il Terzo Bersaglieri, che era situato in Viale Suzzani, e il Reggimento Artiglieria a Cavallo Voloire, in Piazzale Perrucchetti, peraltro poco dopo essere stato impiegato per la sicurezza di Expo 2015. Quando sento dire: “Chiamiamo l’Esercito!”, mi cascano le braccia. Per non dire altro”.
Siamo da sempre una città tendenzialmente aperta ed accogliente. Come ci comportiamo con i cittadini stranieri dei Paesi in guerra nel mondo? Non soltanto con i profughi, ma anche con quelli che non sono in fuga…
“Al netto della retorica sull’inclusività, Milano non è una società che accoglie. Piuttosto, mi sembra una comunità molto grande, in cui i problemi si possono nascondere in periferia; l’importante è che gli stranieri non stiano in Zona 1, o comunque in settori semicentrali della città, dove sarebbero troppo visibili. Se non ricordo male, nel 2021 si verificarono degli scontri tra cittadini stranieri di origine africana e il Centro Sociale Macao, un luogo in cui alcuni settori della cosiddetta “Milano Bene” andavano a fare i corsi di tango argentino. Questo luogo, che si definiva inclusivo e accogliente, dovette ricorrere alla forza pubblica per difendersi da quelli che avrebbe dovuto includere. L’impressione che ne ho tratto è che un egoismo di fondo parli a vanvera di inclusione, tra un aperitivo e un evento, ma l’importante è che gli stranieri non modifichino lo status quo, che stiano lontani dai salotti radical chic. Ovviamente, ci sono tante iniziative che vanno nel senso contrario. Cito l’Opera San Francesco, perché è un esempio chiaro di lavoro incessante verso i più deboli di ogni tipo”.
(Nella foto: il generale Francesco Cosimato)