Per amare la città ci vuole poco, per capirla un po’ di più, per conoscerla una vita non basta. Come con una donna. Milano è femmina, vezzosa e rigorosa, ma con un cuore tenero e riservato, che svela luoghi e atmosfere meritevoli d’esser ricordate. Basta sbirciare oltre i suoi portoni e si scopre un mondo. Per appropriarsi delle sue intimità bisogna provare a carpirne i segreti. Una moltitudine di razze, lingue, usanze, odori, sapori con cui il milanese doc (ce ne sono ancora molti) riesce a trovare sempre un compromesso, la via per scherzare, ironizzare, sdrammatizzare e fare anche un po’ di filosofia.
Milano è femmina perché femmina è il suo principale simbolo: la Madonnina, che illumina questa città e il suo popolo. La sua è una presenza fissa, stabile, che dà certezze, non solo nelle preghiere dei credenti, ma anche (e forse ancora di più) nelle conversazioni da bar, nei discorsi, nei rimbrotti e rimproveri che il milanese doc rivolge a chi non è ossequioso delle usanze e dei costumi della città. Delle sue regole. Regole non scritte, ma dettate da una lunga convivenza civile che la città si è conquistata con pazienza e caparbietà, cinismo e opere pie. Conquistata e attraversata da decine di popolazioni diverse, come una femmina, ha saputo adattarsi e accogliere nel proprio grembo vandali del nord, cavalieri dell’est e soldataglia dell’ovest, ruffiani del sud. Celti, Longobardi, Romani, Spagnoli, Francesi, Austriaci sono passati e si sono fermati a lungo. Per andarsene, abbiamo dovuto cacciarli, e anche in malo modo. Ma soprattutto Milano è stata terra di conquista per le genti del Sud. Il nostro Sud. Quella gente che in questa città ha trovato un lavoro, ha messo su famiglia. Ha apprezzato la dignità. Gente del Sud che aveva voglia di rimboccarsi le maniche e di mettersi a faticare per costruire palazzi, strade, ponti, ma anche regalare opere d’arte, musica, creatività e ingegno. Qui i nostri padri siciliani, calabresi, lucani, pugliesi, napoletani si sono fatti strada. Hanno conquistati un posto e un ruolo nella società, si sono fatti voler bene, hanno abbracciato le lunghe braccia di questa femmina totale, morbida e spigolosa, calda ma anche freddissima, sommessa ma anche effervescente, di classe ma anche popolana, cattolica ma anche molto laica.
Milano è femmina perché femmine e al femminile si declinano i topic, i simboli di questa città. A incominciare dalla Scala, tempio della lirica di fama mondiale, della danza e della musica. Anche i più grandi interpreti, ancora oggi, quando si devono esibire in questo luogo, davvero ricco di storia, confessano un reverenziale timore come si fa quando un’affascinante donna ti concede la sua presenza e di poterla corteggiare. La Scala è viva e come ogni femmina si nutre anche della vera passione di chi entra nella sua malia, sia semplice spettatore o sia addetto ai lavori, sia corteggiatore o amore passionale. La Galleria Vittorio Emanuele è un altro un esempio di monumento al femmina non solo per la maestosità ma anche per come si è agghindata, vestita in questi secoli di vita. Ha uno stile eclettico, ricco di cariatidi, lunette, lesene, abbellimenti che ne fanno un vero monumento nazionale. La Triennale, quintessenza dell’eccellenza progettuale (ma anche solo per vedere le opere d’arte del suo giardino, fra cui i “Bagni misteriosi” di Giorgio De Chirico).
Milano è femmina perché le sue femmine sono femmine vere. Un coinvolgente e appassionato mix di austerità austro-ungarica e fantasia del Sud. Le donne di Milano, adottate da Milano, cresciute a Milano, contengono un concentrato di bellezza unico al mondo. E se dici donna dici borsa e quindi, come fai a non pensare che Milano sia femmina anche per la sua Borsa. La fondò, presso il Palazzo del Monte di Pietà, tale Eugène de Beauharnais, un generale francese, scelto da Napoleone per fare il viceré d’Italia. Da quel momento Piazza Affari sarebbe stata tutto un brulicare di impiegati, finanziari, uomini d’affari, brokers intenti infilarsi negli uffici e nei bar della Milano-City per il “lunch”: risottini e insalatone, gelatino, frutta senza panna, acqua minerale naturale (altrimenti gonfia), Caffè Hag (se no fa male).
Il Principe Eugenio si spinse oltre: Milano è femmina, infatti, perché quel sant’uomo scelse questa città come capitale del neo-costituito Regno italico. Che soddisfazione… E poi Milano è femmina come la nebbia, che a Milano è romantica. Quando c’è. Perché oggi di nebbia non ce n’è più. Se n’è andata insieme ai cambiamenti climatici di questo mondo strampalato. Ma quando torna, eccezionalmente, rispetto alla frequenza degli anni passati, assume un sapore romantico. E con lei diventa romantica anche Milano, che da grigia, fredda e inospitale (come dicono quelli che non la conoscono e si nutrono solo di pregiudizi) si trasforma in uno struggente luogo d’amore. E allora dentro quell’alone biancastro, che limita la visibilità e ovatta tutto quello che avvolge, Milano mostra ancor più il suo cuore sensibile, pronto a far innamorare perdutamente di lei chiunque. Bella, bellissima, perché non si sente per niente obbligata a esserlo. Una Milano tutta da scoprire lentamente, in silenzio, senza rumori e senza fare rumore.
Milano è femmina per la sua Circonvallazione, con i suoi interminabili viali. Milano è femmina per le sue arterie, quelle del centro: via Solferino, via Verdi, via San Paolo, via Borgogna, Via Visconti di Modrone, via Senato, solo per citarne alcune. Insomma, Milano è femmina perché al femminile sono gli infiniti termini della nostra lingua che ci permettono di definirla tale. Milano è femmina per la Storia e per le sue storie. Qualcuna di queste abbiamo provato a raccontarvela. E sono quasi tutte storie di uomini, padri e figli. Ma si sa dietro ogni uomo che conta c’è una femmina importante. Storie cittadine, che s’incrociano con le nostre storie di vita. Perché Milano è la nostra vita. Perché con noi Milano è sempre stata romantica, un po’ mamma e un po’ puttana, che non guasta mai. Sempre accogliente e disponibile. E noi la vediamo bella, bellissima, nonostante i suoi e soprattutto i nostri difetti. Proprio come il primo giorno in cui l’abbiamo incontrata…
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