Ha lavorato per molti anni come manager in una multinazionale. Poi, nel 2009, ha deciso di aiutare le imprese e i privati a gestire i rapporti con le banche. Un argomento, questo, sempre di attualità: figuriamoci oggi, in piena emergenza economica derivante dal ciclone sanitario che ha investito il nostro Paese. Mario Bellore, 43 anni, nativo di Comacchio, nel Ferrarese, ma milanese da sempre, è uno dei due soci, insieme a Carlo Sirtori, della C&D Solutions, una società di consulenza che da nove anni si occupa, appunto, della gestione delle relazioni di imprese e privati con gli istituti di credito. Laureato in Sociologia e Scienze Criminologiche, Bellore si è specializzato nella gestione della fase patologica del rapporto con la banca di pre-contenzioso e contenzioso bancario. “il mio ambito di studi è la criminologia bancaria, lo studio del sistema bancario, dei reati commessi e gli effetti sociali”, conferma il consulente milanese. “Sono stato il primo a pubblicare un articolo intitolato “Crimine e Banche” sulla rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza, in cui parlo della nascente criminologia bancaria. Un argomento, come dicevi tu, oggi più che mai attuale, vista la situazione”.
Com’è cambiato il tuo lavoro in questo periodo?
“Per scelta non ho Internet a casa e non lavoro da casa. Ho sempre lavorato in ufficio anche nel lockdown, ho rallentato il ritmo, ma fortunatamente non mi sono mai fermato. Rientravo, infatti, nei codici Ateco che potevano circolare. Occupandomi di tutela delle famiglie e delle imprese dalle banche l’urgenza per me era scontata in quel periodo e lo sarà ancora più negli anni a venire. Temo (e così anche molti colleghi con cui mi confronto) che esploderanno a breve le richieste di procedure da sovra-indebitamento di famiglie e micro-imprese non fallibili. Ho colto l’occasione, però, di instaurare un miglior rapporto con il tempo e la velocità della vita. Ho scoperto che un rallentamento apre spazi interiori ed esteriori di benessere che non hanno prezzo”.
Veniamo al rapporto tra i cittadini e le banche. Che snellimento dovrebbe intervenire per aiutare, di fatto, le aziende?
“La ripresa non può passare dalle banche, che possono offrire solo nuovi debiti con le regole precise legate alla reputazione creditizia. Possono essere al massimo un sostegno a politiche statali di aiuti o sgravi contributivi sulle tasse, che sono voci molto importanti nel bilancio”.
Gli istituti di credito offrono finanziamenti perché sono garantiti dallo Stato, però poi in realtà non li erogano perché dicono di non aver ricevuto alcuna garanzia statale. Qual è la verità?
“Ecco, ti ringrazio di avermi fatto questa domanda perché mi permetti di esprimere due concetti fondamentali per i cittadini e i correntisti. Il primo è che la politica fa annunci sensazionali in perenne campagna elettorale. I prestiti bancari garantiti dallo Stato sono stati annunciati come disponibili per tutti, ma così non era e non poteva essere. Il motivo introduce il secondo concetto, scritto fra le righe del Decreto Rilancio, e cioè che i soldi sono disponibili solo per chi ha una buona reputazione creditizia nei social creditizi. Ben prima di Facebook, Twitter, Instagram e via dicendo, infatti, le banche si sono create il loro sistema di scambio di informazioni mensili. In questi social creditizi le banche si scambiano mensilmente post sui nostri comportamenti di pagamento e ci danno un giudizio. Da questi post deriva la reputazione creditizia da cui dipende l’accesso al credito e in questo periodo di pandemia, appunto, ai prestiti garantiti dallo Stato. Io lo dico sempre che fa più male un post negativo nei social creditizi che in qualunque altro social network”.
Cosa manca nel Decreto Rilancio perché sia davvero uno strumento legislativo utile alla ripresa economica milanese, lombarda e nazionale?
“Manca un vero sostegno al lavoro, rimasto un diritto sulla carta svuotato di ogni valore nel mondo reale. Senza lavoro non c’è dignità, senza lavoro non c’è ripresa economica, in una società basata su volumi crescenti di consumo. Serve una politica del lavoro che accolga e metta sullo stesso piano i bisogni delle imprese e dei dipendenti. Finché non cambierà il paradigma sociale ed economico del consumo a tutti i costi il lavoro resterà la priorità per garantire la dignità delle persone e i consumi”.
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)