Ricordo che un pomeriggio di dicembre di molti anni fa dissi a mio padre, colpito dalla depressione senile che in poco tempo se lo sarebbe portato via: “Papà, tra poco è Natale, andiamo a vedere i negozi, così guardiamo se c’è qualcosa che possiamo regalare alla mamma”. Era uno dei tanti, inutili e pietosi tentativi di farlo reagire, al di là delle pillole che prendeva regolarmente, ma purtroppo con scarsi risultati. Trasformato dal male oscuro, lui che per ironia della sorte fu un inguaribile ottimista, mi disse: “Ma ormai, figlio mio, il Natale è una presa in giro, una faccenda esclusivamente commerciale, come la Festa della Mamma, quella del Papà, Ferragosto e San Valentino”. Allora gli chiesi di accompagnarmi lo stesso a vedere “la presa in giro del Natale”. Andammo per le vie del centro; c’erano tanti abeti che camminavano, in braccio a dei signori affannati che li avevano appena comprati. Mio padre mi chiese se sapessi quanto soldi all’anno si spendevano in alberi di Natale. Quando qualcuno ci domanda “Indovina quanto costa?” non sappiamo mai se dire “moltissimo” o “pochissimo”, ma quella volta capii che mio padre voleva che sparassi alto e così sparai: “Cento milioni” (c’erano ancora le lire). Mio padre si mise a ridere e poi mi disse: “Centosessanta miliardi, compresi palle, palline, filo argentato e finta neve. Lo vedi che Natale è diventato solo un affare di soldi?”. Poi gridò: “Guarda!”. Io guardai e vidi un signore sicuramente ricco che scendeva con sua moglie da una macchina di lusso, seguita da un’altra auto scura. “Osserva bene”, disse ancora mio padre. “Quelli vanno a comprare le strenne con un’auto lussuosa e pure con i gorilla di scorta su una macchina blindata. Chissà, forse si comprano pure l’albero di Natale blindato. Capisci come diventa stupida la gente a Natale?”. Aveva ragione. Ma subito dopo fui distratto dagli zampognari che continuavano a suonare “Tu scendi dalle stelle, o re del cielo”. Mi piacevano e mi piacciono ancora gli zampognari, anche perché non tirano mai il fiato, mentre in genere i suonatori di strumenti come la tromba o il sassofono ogni tanto si fermano per gonfiare i polmoni. Mio padre mi disse che “anche gli zampognari viaggiano in macchina, anche se non di lusso. La parcheggiano di nascosto, vanno in un diurno a vestirsi da zampognari e poi battono le piazze”. A quel punto gli dissi: “Papà, ti ricordi quando vivevamo tutti insieme, io, tu, la mamma, Ercole e Patrizia? Quando noi figli eravamo giovanissimi? A Natale, oltre all’albero, facevamo anche il presepe. Avevamo delle pecore un po’ più grosse e degli elefanti più piccoli e allora mettevamo gli elefanti più indietro perché sembrassero lontani. E poi avevamo uno specchio rotto, che usavamo come laghetto e poi andavamo a cercare il muschio e ci venivi anche tu. E poi mangiavamo tutti insieme, spesso con qualche zio e qualche cugino. E siccome il tavolo della sala da pranzo, quando c’erano diversi ospiti, si poteva allungare, uno tirava da una parte, uno dall’altra e in mezzo ci si metteva un’altra base, che però non combaciava mai e se uno ci appoggiava una bottiglia di vino immancabilmente si rovesciava e tutti gridavamo “Allegria!!”, bagnandoci dietro l’orecchio. I Natali, una volta, li facevamo anche così”. Allora mio padre mi rispose: “Forse a quel tempo, amore mio, eravamo più legati alle tradizioni. Ma lo sai che per mettere a tavola zii e cugini tua madre lavorava in cucina come una domestica? Ecco perché poi vi portavo quasi sempre a mangiare fuori la domenica e molto spesso anche durante le feste comandate: per far riposare la mamma, che a parte le lezioni di pianoforte che impartiva si dedicava totalmente alla casa, a te e ai tuoi fratelli per tutta la settimana”. Poi siamo tornati a casa e io sono andato nella mia ex cameretta. Sono stato rapito dai ricordi e avevo una voglia indescrivibile e struggente del presepe di quando ero bambino, con le pecore più grosse degli elefanti. E di una tavola lunga, con gli zii e i cugini che vedevo pochissimo. E volevo sentire gli zampognari, anche se non erano poveri, avevano la macchina e si cambiavano di nascosto. E volevo andare a letto per poi svegliarmi presto e andare a vedere cosa c’era sotto l’albero, quali regali mi aveva fatto mio padre. Nonostante “la presa in giro del Natale”…
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)