La grande mostra “Le Signore dell’Arte. Storie di donne tra ‘500 e ‘600” è stata prorogata fino a domenica 22 agosto 2021 al Palazzo Reale di Milano. C’è ancora tempo, quindi, per scoprire le oltre 130 opere di 34 straordinarie artiste rinascimentali e barocche, tra cui nomi noti come Artemisia Gentileschi e Lavinia Fontana, ma anche grandi talenti meno conosciuti come Claudia del Bufalo e molte altre. La mostra è promossa dal Comune di Milano-Cultura e realizzata da Palazzo Reale e Arthemisia (con il sostegno di Fondazione Bracco come Main Sponsor) e aderisce al palinsesto “I talenti delle donne”, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e dedicato all’universo delle donne, focalizzando l’attenzione, per tutto il 2020 e fino ad aprile 2021, sulle loro opere, le loro priorità e le loro capacità. Una lunga carrellata di opere da ammirare con calma, per scoprire quella che può definirsi quasi come una realtà parallela, rispetto a un universo artistico di predominio maschile. Fin dall’antichità, infatti, l’arte ci ha abituato a vedere le donne soprattutto nelle vesti di muse ispiratrici, come oggetto della rappresentazione. Eppure le donne sono state creatrici, nonostante la storia e la critica non di rado si siano disinteressate di loro, lasciandole sovente nell’ombra, oscurate dai più famosi colleghi maschi. La prima donna-artista che segnò un momento di rottura, rispetto al passato e a certi pregiudizi, fu Artemisia Gentileschi, a cui il Palazzo Reale milanese dedicò una bellissima mostra nel 2011. Di scuola caravaggesca, nata a Roma nel 1593, conosciuta come la più grande pittrice del Seicento, è una figura emblematica, discussa, la prima donna a essere ammessa alla Accademia di Arte del Disegno a Firenze. La sua biografia tumultuosa, peculiarità di molte menti geniali (con la nota vicenda dello stupro e del processo) è un atto di ribellione, di coraggio, un vero e proprio manifesto di emancipazione. Rispetto al suo tempo, Artemisia Gentileschi è un’artista e una donna precorritrice, ma non è stata di certo l’unica a lasciare il segno. Nel percorso espositivo, infatti, trovano spazio anche altre pittrici italiane dell’epoca. Erano figlie di pittori e quindi già introdotte nell’ambiente, oppure provenivano da famiglie nobili e di conseguenza avevano avuto la possibilità di dedicarsi all’arte. C’erano suore nei conventi che collaboravano con artisti affermati per la realizzazione di opere a carattere religioso, o si prestavano per il restauro. Stiamo parlando, per esempio, di Sofonisba Anguissola, pittrice lombarda apprezzata da Van Dyck, Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani, Orsola Caccia, Fede Galizia, Giovanna Garzoni, Marietta Robusti, detta “La Tintoretta”. In tutte le opere presenti nella rassegna, emerge la grandezza artistica di queste esponenti, ma anche la problematicità di un momento storico non favorevole alla professione e al riconoscimento della condizione femminile. Le storie di queste donne offrono al visitatore una lettura inedita: sono donne che hanno sfidato i pregiudizi, trovando nella pittura il loro mezzo di espressione. Questo mondo complesso, affascinante e misterioso, viene presentato per la prima volta in Italia in una ricognizione ricca di scoperte e di nuove prospettive.
La mostra presenta cinque sezioni in cui sono narrati diversi percorsi di formazione e di successo professionale: “Le artiste del Vasari”, “Artiste in convento”, “Storie di famiglia”, “Le Accademiche” e, infine, “Artemisia Gentileschi ‘valente pittrice quanto mai altra femmina’”. Nell’ultima sezione è possibile ammirare la “Maddalena” proveniente dalla collezione Sursock, una delle famiglie più aristocratiche del Libano. Il dipinto è rimasto danneggiato dall’esplosione al porto di Beirut del 4 agosto 2020 e viene esposto com’è in questo momento, prima di essere sottoposto a un futuro restauro. È un’opera inedita e costituisce un’aggiunta fondamentale al catalogo di Artemisia Gentileschi. Un autentico colpo di teatro, che coinvolge emotivamente il visitatore, proprio al termine del percorso espositivo.
Stefania Chines
(Immagine di copertina: Gianfranco Fortuna)