Dove possiamo racchiudere ricordi, emozioni, sentimenti? In un luogo fisico o mentale? Ognuno ha un proprio luogo del cuore, ma anche un angolo dentro di sé, dove la nebbia si confonde con la luce, dove un’atmosfera rarefatta viene squarciata silenziosamente o con un grande fragore da lampi di connessioni, canti popolari, musiche. Qui è una valigia, aperta con rispetto, più che con curiosità, ad ammonirci imperiosa che dobbiamo ricordare, ripetere, confrontare e non stancarci di ripetere, ammonire, scandagliare. Apriamo allora questa valigia, che è stata chiusa con cura, ed estraiamo ad uno ad uno i documenti che gli studenti dell’Istituto Lombardo di Storia Contemporanea hanno raccolto dopo un lungo e certosino lavoro di ricerca e che Magda Poli ha assemblato, dando al tutto una struttura drammaturgica sostenuta dall’attenta messa in scena di Annina Pedrini e alla quale hanno dato vita, con un’appassionata interpretazione al Centro Internazionale di Brera di Via Formentini al civico 10 Manuel Bonvino, Anna Germani, Alessandro Miano e Nicolò Simonini, dell’Accademia del Centro Teatro Attivo di Milano, una rappresentazione che nell’ambito di un più ampio ricordo di un personaggio che non finisce mai di affascinarci e di coinvolgerci, di impressionarci e di stupirci, è stata preceduta e seguita ieri, in coincidenza con l’apertura di una mostra dedicata, dal “Concerto per Giacomo Matteotti”. E così i documenti assumono la voce delle grandi figure d’inizio ‘900, che ruotano attorno a quella del protagonista, quel Giacomo Matteotti, uomo tutto d’un pezzo. Un pragmatico, ma anche un uomo dolcissimo, essenzialmente un uomo del fare, che doveva assolutamente trovare una ragione nell’esistenza, nella società. Dopo il “Matteotti Medley” di Maurizio Donadoni e il “Giacomo (Matteotti)”, “Un intervento d’arte drammatica in ambito politico”, di Elena Cotugno”. In questo anno in cui ricorre il centenario dalla morte, “La valigia ritrovata”, di Magda Poli, restituisce fedelmente il ritratto di un uomo coerente, eticamente integro e inossidabile, tutto votato alla causa, fosse essa umana, civile o politica, eletto in Parlamento giovanissimo per il Partito Socialista e poi più volte rieletto in quella che fin dall’inizio si profilava come una luminosa carriera politica, suscitando non poche polemiche e invidie, puntiglioso e incorruttibile nel perseguire la verità negli scandali pubblici e indomito nell’affrontare gli avversari e le relative conseguenze. Fino all’epilogo finale, quando, pochi giorni prima della sua tragica morte, un quotidiano titolò a grandi caratteri che l’unico modo per liberarsi di lui era eliminarlo. Ma se l’uomo muore, l’idea gli sopravvive. Un’idea che Matteotti profuse non solo in ambito politico, ma anche con la sua forte testimonianza nel sindacato e nelle lotte accanto ai più umili, come documentano le immagini di repertorio delle misere condizioni di vita dei contadini del Polesine, sua terra d’origine, o delle prime lotte sindacali proiettate sullo schermo e che faranno da sfondo, un domani, ad un prossimo documentario sul profilo di questo martire del regime fascista. La sua denuncia scritta delle ruberie e dei traffici, non solo dello stesso Mussolini, che qui vediamo in un fotogramma tratto dal film “Il delitto Matteotti” diretto nel 1973 da Florestano Vancini, ma anche di parenti e politici collusi era già stata consegnata a chi, in seguito, l’avrebbe resa nota, anche se Matteotti non avrebbe mai potuto pronunciare di persona il suo discorso in Parlamento con la sua viva voce, quel fatidico 10 giugno 1924. Però, come canta tra gli applausi finali, imbracciando la chitarra Nicolò Simonini, l’uomo muore, ma l’idea no, ultimo verso di una canzone degli anni ’50, rimasta anonima, che eseguita ora, dal punto di vista armonico, è uguale all’originale, ma che è stata resa più incalzante, dal punto di vista ritmico. Lo spettacolo verrà rappresentato alla Casa della Memoria di Via Federico Confalonieri il 10 giugno e il 15 giugno alla Cascina Abbiategrasso.
Elisabetta Dente
(Immagine di copertina tratta dal web)