L’afa a Milano in Agosto c’è sempre stata, insieme alla voglia di fuggire dalla città che brucia e rende l’aria pesante da respirare. E’ un rito che si rinnova ad ogni estate.
Il ricordo della mia prima estate afosa è un ricordo in bianco e nero ed è legato alla Stazione Centrale di Milano.
C’è una bambina di circa sei/sette anni, biondina, con la testa piena di riccioli, un vestitino a fiorellini cucito dalla mamma e un paio di scarpette dignitose. La bambina è tenuta per mano dal suo papà che eccezionalmente l’accompagna a prendere un treno. E’ la prima volta che si allontana dalla sua mamma per due settimane ed è per questo che è uscita da casa con un velo di tristezza negli occhi.
Il padre non parla molto come la mamma e non è allegro come lei, ma fa il suo dovere e la porta là dove la mamma ha deciso che deve essere portata. Lei non può muoversi, il suo lavoro di sarta casalinga la obbliga a rispettare delle consegne prima della chiusura estiva.
La malinconia si attenua appena la bambina entra nel grande atrio della Stazione animato da gente carica di valige che va e viene, dai suoni delle macchinette dei caffè, dalle voci dei lavoratori che trasportano valigie e da due innamorati che si danno un bacio appassionato sulla banchina davanti a un treno in partenza.
Due nonni abbracciano i nipoti e scoprono quanto nel frattempo siano cresciuti dall’ultima volta che li hanno visti.
La bambina corre incontro ad un gruppetto di coetanei, coordinato da un adulto, in partenza insieme a lei per la Colonia. Con tutta quella gente intorno non si sente più né triste nè sola.
Ciao Papà, ciao Mamma, ciao Milano. Ciao Stazione.
Abbracci, baci, distacchi, ricongiunzioni: ecco cos’è la Stazione Centrale di Milano…
Angelica Russotto
(scrittrice e pubblicitaria)