Introdotta e accompagnata nella sua ora di racconto dalla buona musica suonata dal vivo da Andrea Labanca, Livia Grossi (giornalista, viaggiatrice ed esploratrice appassionata di parole, suoni e visioni) trasfonde in documentari ricchi di immagini, interviste e colori la sua propensione all’ascolto, all’emozione che nasce dalla gestualità, al fascino del paragrafo in attimi emotivi che raggiungono l’apice in un spettacolo nel quale si ritrovano amalgamati, ma ben distinti, viaggio, teatro e giornalismo. Come nel suo ITALIA-SENEGAL, EMIGRAZIONE AL CONTRARIO, andato in scena ieri sera al Centro Internazionale di Quartiere (nel cuore del Corvetto), nell’ambito del Festival internazionale LA CITTA’ SENZA PORTE 2024, ideato e curato dal Teatro Menotti. L’interesse di Livia Grossi per l’Africa nasce da lontano, da quando aveva conosciuto i primi migranti di colore in Brasile. Da qui il primo viaggio in Tanzania e poi soggiorni sempre più frequenti nel Continente Nero, fino ad avvicinare e a conoscere i migranti nel nostro Paese, in un parallelo ideale fra le vite narrate nel documentario di Emiliano Boga, che viene proiettato e risalente a una decina di anni fa ma tuttora di una bruciante attualità, e le condizioni attuali in cui assistiamo sempre più di frequente a una migrazione al contrario di emigrati senegalesi che lasciano l’Italia per ritornare in patria, in quanto oggi “il gioco non vale più la candela”, oppure pensionati italiani che decidono di lasciare il nostro Paese per sottrarsi a una vita precaria. Livia Grossi non è un’attrice (lo dichiara apertamente), ma dal suo amore per il teatro nascono la sua padronanza nel muoversi sul palcoscenico, appunti alla mano, la sua giusta attenzione alla pausa, al silenzio, al cambio di tono, mentre segue sullo schermo i volti di Severino (neopensionato in Africa) o di Modou (novello confezionatore di baguette e panettoni). Sullo sfondo immagini di vari villaggi, con dignità ed educazione da vendere. Cosa significano le parole “casa” e “appartenenza”, e una domanda, in particolare, che l’ideatrice di questo “Giornale Parlato” rivolge al suo ospite, Modou Gueye, attore, mediatore culturale e presidente dell’Associazione socio-culturale Sunugal, che da oltre vent’anni si occupa di sviluppo tra Italia e Senegal, e a tutto il pubblico: “Siamo ricchi di cosa? Siamo poveri di cosa?”.
Elisabetta Dente
(Immagine di copertina: Jacopo Barsotti)