La mia passione per il calcio, negli ultimi trent’anni, è andata via via scemando, fino ad arrivare a un distacco pressoché totale dalle cose calcistiche. Seguo soltanto per lavoro e per dovere di informazione le vicende pallonare. Del resto, pur essendo milanista da sempre, non mi è mai piaciuto indossare l’abito del tifoso, non amo le faziosità (e non solo nello sport), non mi piacevano da ragazzo, figuriamoci oggi. E non mi piace questo calcio robotizzato, lo “show business”, le partite criptate, in “pay per view”, gli incontri trasmessi sulle “tv on demand”, questo indigesto spezzatino mediatico, anticipi, posticipi, turni infrasettimanali, orari improbabili. Queste società in mano ad azionisti stranieri, ad affaristi spregiudicati, che hanno a cuore soltanto il fatturato. Questi tifosi sempre più faziosi, rabbiosi, rancorosi, perennemente incazzati, anche quando la loro squadra vince. E questi calciatori di oggi, italiani e stranieri, tutti muscoli, tatuaggi, creste, piercing e orecchini. In passerella con i loro soldi, che negli arricchiti sono come i testicoli dei cani: sempre in vista…La mia Milano innamorata del calcio, il bel calcio, purtroppo non c’è più, e non soltanto per gli ultimi, disastrosi risultati. Non ci sono più nemmeno i tifosi che non si prendono mai sul serio, gli “sfottò” intelligenti, simpatici, coinvolgenti. Non ci sono più i “bauscia”, quelli dell’Inter, e i “casciavìt”, quelli del Milan. Non ci sono più le maglie, quelle vere, del Milan e dell’Inter, con i calzoncini bianchi per i rossoneri e i calzoncini neri per i nerazzurri. Non c’è più San Siro con due soli anelli. Non ci sono più i popolari che “chi primo arriva meglio alloggia”, e i distinti “solo posti in piedi”, sotto le tribune. Non ci sono più i comunicati pubblicitari gracchiati dagli altoparlanti dello stadio: “Estintori Meteor”, “Stock 84”, “Motel Siesta”. Non ci sono più le formazioni lette da uno speaker non invasato, che fa capire chi gioca veramente. E ci sono i mega-schermi, che vomitano filmati in continuazione, a tutto volume, che non ti fanno parlare con il vicino di posto. E non c’è più il vecchio tabellone, le scritte luminose, leggibili, con il risultato e i marcatori. No, grazie, questo calcio, così com’è oggi, non m’interessa. Che si vinca o che si perda, è indifferente. Così no…
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)