Clima di festa con tanto di torta e brindisi finale, come per ogni compleanno che si rispetti, ieri sera, al TEATRO OSCAR, piccola costruzione a pianta ottagonale in Via Lattanzio al civico 58. C’era una volta, potrebbe iniziare così, come nelle favole, la storia dei quarant’anni di vita del Teatro degli Incamminati, nato nel 1983 per volontà e per intuizione di Giovanni Testori, Franco Branciaroli, Emanuele Banterle e Gian Mario Bandera. Un percorso non privo di ostacoli, ma ricco di idee innovative e di riscontri, da parte del pubblico, anche in questa occasione presente numeroso e partecipe, come testimonia il filmato, un montaggio attento sulle note della “Città” di Lucio Dalla, a cura dei ragazzi, i nuovi talenti e futuri protagonisti del prossimo “cammino degli Incamminati”. Un filmato ricco di immagini, le più emozionanti e significative di un’attività desiderosa più che mai di proiettarsi nel futuro. Le prime foto scattate ai giovanissimi fondatori della compagnia e via via scatti di scena o delle prove dei tanti spettacoli rappresentati nei luoghi più diversi, con un doveroso omaggio al carismatico Franco Branciaroli, con le immagini dei personaggi usciti dalle pagine di Pirandello o di Shakespeare, fino alla messinscena, nel 2016, al Piccolo Teatro Grassi, di “Dipartita finale” (suoi il testo e la regia, nonché l’interpretazione accanto a Maurizio Donadoni, Ugo Pagliai e Gianrico Tedeschi). Tocca poi a Giacomo Poretti, che nel 2019, insieme con Luca Doninelli e Gabriele Allevi, assume la direzione del TEATRO OSCAR, annunciare che proprio oggi sono iniziati i lavori per allestire in una sala della chiesa attigua il nuovo Teatro degli Angeli, che vedrà la luce con la stagione teatrale 2024-25. E infine, l’ospite della serata, l’introduzione di Franco Branciaroli, accolto con un lungo applauso, che lui si gusta scrutando tutto il pubblico con i suoi magnetici. “Doveroso”, commenta Poretti, “per uno dei più grandi attori della nostra scena”. A lui è affidata la lettura di UNICO ATTO, un racconto che fa parte di una raccolta edita nel 2003 da La nave di Teseo, dal titolo “Un allegro sconcerto”, una decina di pagine, un testo lieve ma intenso, intimistico, ma ironico. Come non sorridere, infatti, per il rifiuto del protagonista per gli indovinelli o, peggio ancora, per la sua avversione per i rebus? E come risolvere il problema del pastore alle prese con l’attraversamento di un fiume e la salvaguardia di capra e cavoli, pardon, di pecora, lupo e cavolo? Questo, però, è solo un momento faceto di quelle righe intriganti dai cui spazi emergono i rumori che inquietano il nostro eroe. Sempre più presenti, sempre più vicini. Non è facile intuire da dove provengono. Alla fine il gioco si fa duro. Provengono dal corpo stesso, dal proprio io, dalla propria immagine, dalla propria anima, forse. Con porte e finestre chiuse. Eppure c’è. La voce si fa sempre più fonda, spaventata. Ma se è Lui, l’entità incorporea presente attorno a me, che si palesi, che venga qui accanto a me. E alla fine: “Dio vieni”.
Elisabetta Dente