La “Signora in bianco” fece la sua comparsa nel pomeriggio del 12 gennaio 1985, dopo una settimana caratterizzata da una massiccia ondata di gelo che aveva attanagliato la città. Era un’assonnata, fredda e buia domenica pomeriggio. Io ero in camera mia, sdraiato sul letto, ad ascoltare musica e a pensare ai fatti miei, a far vagare la mente e a macinare elucubrazioni. Sento la voce di mia madre, in salotto, che guardando dietro i vetri della finestra esclama “Nevica!”. Mi alzo con un balzo felino, sembro un vigile del fuoco pronto a calarsi lungo il tubo per raggiungere l’autopompa. La raggiungo e mi metto ad ammirare lo spettacolo accanto a lei. Tre, lunghissimi giorni di neve ininterrotta, a dir poco eccezionale, con le temperature scese repentinamente a picco, e che oscillavano da meno 12 a zero gradi. Il manto nevoso, in alcuni punti, arrivò a raggiungere uno spessore di 90 centimetri. Sembrava di essere in montagna. Per le strade, molta gente inforcava gli sci per spostarsi. Gli autobus, senza catene da neve, sembravano auto da rally; ad ogni curva, un traguardo difficile da superare, era un testacoda. I bambini facevano a palle di neve, scivolavano sugli slittini e creavano giganteschi pupazzi dappertutto. E per una volta, anche gli adulti si univano a loro, facendo riemergere dalle loro anime il candore dell’infanzia. Ricordo anche le squadre di spalatori, formate da volontari con il tesserino di riconoscimento, gli stivaloni di gomma e i badili saldamente nelle mani. La paura, per tutti, era che l’incanto svanisse, il desiderio era che il tempo si fermasse, immortalando l’immagine di una città così tanto diversa dal solito, di un paesaggio da favola, con le fontane ghiacciate e le stalattiti sui rami. La nevicata più forte registrata a Milano nel Ventesimo secolo. Ma quasi un metro di neve, in città, crea disagi enormi e veri e propri danni, spesso irreparabili. L’eccezionalità del fenomeno provocò caos e problemi a non finire in tutta Milano, comprensibilmente impreparata a una simile situazione. Inoltre, una buona parte delle nostre attrezzature anti-neve erano state precedentemente inviate a Roma, che era stata a sua volta bloccata, qualche giorno prima, il 6 gennaio, da un’altra nevicata di dimensioni anomale. Alcune strade furono nuovamente rese agibili al traffico soltanto dopo l’intervento dell’Esercito, dei carri armati della Caserma Perucchetti, per cercare di liberare le principali arterie urbane schiacciando e spostando la neve con i pesanti cingoli. Vennero messi in campo migliaia di militari, tutti di stanza nelle caserme cittadine o nell’hinterland. Per il carico eccessivo della neve crollò il tetto del Velodromo Vigorelli e il nuovo Palazzetto dello Sport, costruito nella zona di San Siro, venne completamente distrutto e mai più ricostruito. I tetti di molti altri edifici pubblici e privati crollarono a causa del peso della neve accumulata, mentre lungo le strade abbondavano i rami degli alberi che avevano ceduto per l’accumulo nevoso. Le scuole restarono chiuse per una settimana. Gli accumuli della neve, raccolta dentro il centro urbano da centinaia di camion, vennero scaricati nei campi di periferia, dove resistettero fino alla fine della primavera, annerendosi sempre di più con il passare del tempo, a causa dell’inquinamento. La Madonnina del Duomo, da lassù, rabbrividiva e batteva i denti, vegliando sulla città. Scrivo queste poche righe e rivivo quella meravigliosa esperienza, quell’evento fiabesco, assaporo quei momenti come la neve fresca sulle labbra, raccolta dal tetto di una macchina. Le immagini del tempo passato hanno sempre qualcosa di curioso e di nostalgico, ma quelle, credetemi (e mi rivolgo soprattutto a quelli tra voi che non c’erano), sono state davvero eccezionali…
(brano tratto dal libro “Milano Meravigliosa”, di Ermanno Accardi – Edizioni della Sera, 2013)