“Milano è cambiata, molto cambiata. E i cambiamenti, si sa, portano novità positive, ma anche aspetti negativi. Sono nato in un’epoca in cui i valori trasmessi dai genitori e le vere amicizie erano il perno fondamentale della vita dei giovani. C’era fiducia nella vita e nel prossimo, la nostra città faceva sentire la gente tutto sommato al sicuro. Oggi è diverso, i ragazzi vogliono tutto, subito e senza fatica, non coltivano i rapporti umani. E la mia Milano, che è sempre più frenetica, purtroppo favorisce il caos relazionale”. Sospira sorridendo, Francesco Ruta, concludendo questa sua riflessione. Ma non è un sorriso amaro, né un’espressione di malinconica nostalgia, piuttosto una naturale constatazione della realtà quotidiana. Una realtà che lo vede brillare come protagonista di un mondo, quello dello spettacolo e dell’intrattenimento, che nonostante il divenire continuo delle cose resta importantissimo nella vita dei nostri concittadini. Originario del Sud, ma nato a Milano, 44 anni e un figlio di 21, Alessandro, che sembra suo fratello minore, Francesco rimane affascinato fin da bambino dalla televisione e dagli spettacoli musicali. “Non mi perdevo un Festival di Sanremo”, ricorda. “E Pippo Baudo era il mio idolo assoluto. Guardavo quel mondo scintillante che entrava in casa mia e pensavo a qualcosa di magico, di non reale, di irraggiungibile”. Nel 2007, dopo tanto sognare, il risveglio improvviso e dolcemente inaspettato. “Sì, per me è stato fantastico ricevere una proposta di lavoro da un’agenzia che si occupava, appunto, di spettacoli”, racconta, mentre gli brillano gli occhi al pensiero. “Mi occupavo del casting e lo facevo con così tanta passione e applicazione da acquisire esperienze e conoscenze inimmaginabili, tanto da entrare in contatto con i professionisti e i grandi (e discussi) nomi dell’epoca, Lele Mora su tutti. Poi scoppia lo scandalo di “Vallettopoli” e io decido di prendere le distanze da quegli ambienti che un po’, lo ammetto, mi avevano illuso, per dedicarmi interamente alla mia crescita individuale nel settore e in quelli comunque collegati. Ormai da undici anni lavoro in pianta stabile nell’intrattenimento, sia in qualità di artista che come organizzatore di spettacoli teatrali e cabarettistici con un mio marchio personale, “Karmartistico Italia”. Collaboro, fra gli altri, con gli artisti di “Zelig”, Colorado” e “Made in Sud”. E i progetti da realizzare sono sempre tanti”.
Il tuo lavoro è un osservatorio privilegiato sulla città. Qual è, a tuo avviso, la situazione a Milano riguardo, appunto, questo ambito artistico?
“A mio parere il settore adesso non gode di buona salute. Con un “clic” possiamo avere accesso a qualsiasi cosa e questo da un lato ha favorito, ma anche molto penalizzato il contatto diretto con il pubblico. Parlando di musica, ad esempio, Milano oggi è inondata da generi tutt’altro che orecchiabili e questo perché si seguono solo ed esclusivamente le tendenze e non la qualità dei prodotti”.
Tu hai frequentato, come hai detto, e in parte ancora frequenti gli ambienti che contano molto nel mondo dello spettacolo. C’è qualche aneddoto che vuoi e puoi raccontare?
“Quello che mi sento di dirti, caro Ermanno, è che oggi il mondo dello spettacolo, dopo averti spremuto come un limone, ti butta via come se niente fosse. E se posso dare un consiglio a chi si avvicina e anche a chi già lavora in questa realtà è quello di essere prudenti, di non fidarsi mai di chi promette carriere straordinarie. Se le qualità ci sono vengono fuori e chi ha l’esperienza e soprattutto l’onestà professionale per valutarle se ne accorge. Non bisogna mollare, perché in questi casi l’occasione arriva”.
Pensi che chi arriva ad esibirsi sui difficili palcoscenici milanesi, come fai tu, sia sempre davvero così bravo, oppure contano le “connection”, come dicono gli anglosassoni?
“Chiunque si esibisca su un palcoscenico dovrebbe essere dotato di professionalità ed esperienza nel genere che intende rappresentare. Purtroppo la realtà odierna non è questa e oggi contano soltanto i numeri che un artista (o presunto tale) produce. Se pensi che in certi programmi televisivi in cui si giudica (o si dovrebbe giudicare) una performance musicale la giuria è composta da professionisti di tutto rispetto, magari, ma di altri settori, comprendi facilmente che il loro compito è un altro, cioè quello di influenzare e condizionare il pubblico, indirizzandolo verso le tendenze più remunerative del momento”.
E’ difficile scovare talenti veri da portare su un palco? Ce n’è qualcuno che hai già visto, che conosci e che vuoi segnalare qui?
“Scovare talenti non è difficile, in Italia e soprattutto nella nostra Milano, che è una vera e propria meta di approdo di grandi artisti, sia già affermati che in cerca di affermazione. Il giudizio resta comunque soggettivo, da parte di chi ha esperienza per giudicare. Personalmente mi capita spesso di imbattermi in talenti secondo me veri, tanto da aver creato all’interno dei miei spettacoli un “pre-show” in cui possono esibirsi, appunto, personaggi potenzialmente di grande successo”.
Spettacoli all’aperto: come stiamo a Milano?
“Qui ho realizzato con grandi risultati diversi spettacoli musicali e di cabaret all’aperto. La partecipazione del pubblico è sempre calorosa e questo per noi che viviamo di applausi e consenso è fondamentale”.
Ha ancora senso parlare di cabaret milanese? In una città sempre più internazionale come la nostra non è un po’ fuori dal tempo ascoltare battute in dialetto meneghino?
“Fare teatro e cabaret a Milano è ancora possibile, perché la gente manifesta il bisogno di ridere e di partecipare, ancora di più oggi, in questi tempi oggettivamente difficili. Ma bisogna cercare nuove strade e soprattutto altre risorse economiche”.
Per concludere, Francesco: come vedi il futuro dello spettacolo e dell’intrattenimento a Milano? E il tuo nel tuo lavoro e in questa città? Starete ancora insieme?
“Se avessi la capacità, per esperienza, di anticipare sempre i tempi e le tendenze sarei il numero uno nel mondo dello spettacolo (e ride). Di una cosa, però, sono certo: il mio amore per Milano è così grande che il mio impegno e la mia passione per l’intrattenimento mi spingeranno sempre a dare il massimo per trasmettere emozioni e sentimenti al pubblico della nostra “meravigliosa” città, come la definisci tu. Insomma, la mia è quasi una promessa matrimoniale (e ride ancora): Milano mia, staremo insieme nella buona e nella cattiva sorte. E finché morte non ci separi”…
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)