È l’ennesimo “nuovo libro” di uno scrittore che definire prolifico non rende pienamente l’idea. Sì, perché la vena letteraria e la grande passione per la scrittura di Lorenzo Zucchi, cinquant’anni, parmigiano di nascita e milanese di adozione, sembrano pressoché inesauribili. Ed ecco che battendo il ferro mentre è caldo, dunque, è appena uscito per Edizioni Underground? il romanzo I FILM BELLI LI DANNO SOLO DI NOTTE. “Pensa che l’idea è nata quando non avevo ancora scritto nemmeno una riga dei miei libri e non ero neppure convinto di voler fare lo scrittore”, sospira sorridendo l’autore. “La molla è stata vedere, in una location famigliare, i lavori in corso a una vecchia casa di campagna trasformata in una villa da film, appunto. Da allora ho sempre giurato che avrei voluto ambientare là un libro, se mai ne fossi stato capace. Così nel 2021, terminata la trilogia di racconti di viaggio (QUANTE BANDIERE HAI?, BANDIERE PER TUTTI e GIOCHI SENZA BANDIERE, sempre per Edizioni Underground?, ndr), quando ho iniziato a sperimentare con i romanzi, uno dei primi soggetti che ho approcciato è stato proprio questo”.
Quattro ragazze, tre ragazzi. L’estate sembra finalmente la volta buona per riunire il vecchio gruppo di giochi d’infanzia, dove tutti si fanno ancora chiamare con i soprannomi di un tempo. Ci sarà una festa di notte, nella villetta di Scivolo. Il pretesto è il rientro di Panda dal semestre Erasmus, ma forse, in fondo, possono ancora dare una chance all’amicizia, dopo che il suicidio di Acqua, anni prima, ha causato, di fatto, il totale scioglimento della loro compagnia. Erba, Nuvola, Cemento, Distry e Cybo sono tutti invitati alla festa, ma hanno ormai le loro vite e non si sopportano più di tanto. Riusciranno a superare il trauma che alloggia in ognuno di loro, o sarà il passato a tornare, chiedendo un altro pesante pedaggio di emozioni?
Il tema dei vecchi amici che si ritrovano non è particolarmente nuovo, sia in letteratura sia nel cinema. Qual è la novità (se c’è), rispetto al classico canovaccio?
“Hai ragione, è sempre più difficile produrre contenuti originali. Pensa che lo scorso anno, in contemporanea con un altro mio libro, LA STAGIONE DEI GRANDI AMORI, è stato presentato al Festival di Cannes un film inglese che aveva praticamente la stessa trama e ambientato nella stessa location. In questo caso, però, è più difficile che qualcuno vada a scovare delle località bellissime, ma sconosciute, in provincia di Parma. Ed è proprio questa la novità del libro, rispetto al solito canovaccio: questo, infatti, è un libro di narrativa, con dei messaggi subliminali, nascosti attorno a una narrazione cinematografica, che strizza l’occhio al thriller e all’horror”.
Tu solitamente accompagni l’uscita e la promozione dei tuoi libri con alcuni simboli. È successo per la trilogia di viaggi (camminare scalzo), per il romanzo breve dedicato a tuo nonno deportato in Germania (indossando una sua giacca) e adesso anche per questa tua nuova fatica, con una maschera. Puoi spiegare meglio il significato di questa scelta?
“Nello specifico, la maschera è diventata un’icona del libro, tanto da finire persino in copertina. Credo sia un segno di affetto che mostro ai miei libri, quello di personalizzare le mie uscite in funzione delle loro tematiche. Mi piace essere un trasformista e spaziare da un campo all’altro. Non fanno per me, invece, le saghe, dove ci sono sempre gli stessi personaggi. Assegnando a ogni progetto un simbolo, mi ci identifico totalmente”.
Come ho scritto all’inizio di questa nostra breve chiacchierata, sei uno scrittore piuttosto prolifico e quindi chiederti, in conclusione, se hai in cantiere a breve qualche altro tema è abbastanza scontato…
“Chi mi segue sa che ho scritto un romance, in cerca di una casa editrice, perché Edizioni Underground? non ne può più di me (e ride). A breve, poi, dovrò riprendere in mano il materiale nel cassetto. Noir, saga famigliare, romanzo psicologico o sociale, chissà… L’importante è non prendersi troppo sul serio e continuare a divertirsi”.
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)