Ama Milano, anche se non è nata qui. Ma ormai è come se fosse una “femmina milanese” perché ha trascorso nella nostra città la maggior parte della sua vita e soprattutto perché c’è stata sempre molto bene. Più che una scrittrice emergente, Elisabetta Nobili è una scrittrice già emersa, visto che ha pubblicato con successo un paio di buonissimi titoli: “Ada” (che narra la straordinaria e tenera storia d’amore parentale fra una nonna e una nipote) e “Lettera a una mamma appena nata” (in cui racconta, da madre di tre figli qual è, le difficoltà emotive che si possono incontrare fin dai primi giorni dopo il parto).
“Il libro è nato anche dall’ascolto di un fatto di cronaca”, rivela Elisabetta Nobili. “Una madre aveva ucciso il suo bimbo di pochi giorni. Purtroppo, periodicamente accade. Il mio intento era quello tendere una mano a chiunque potesse sentirsi infelice, tremendamente sola e non all’altezza della nuova situazione. Ho cercato di fornire un contributo per capire cosa possa avvenire nella mente di una neo-mamma per indurla, a volte, a compiere atti terribili, davvero contro natura. La mia passione per la scrittura è figlia della mia passione per la lettura”, continua a raccontare e a raccontarsi la scrittrice. “Ho iniziato a leggere, per piacere, purtroppo secondo me molto tardi. Ma da quando ho cominciato non ho più smesso. Grazie a questa passione ho incontrato persone molto stimolanti, con le quali volevo dialogare. Confrontarsi su qualsiasi argomento a voce, guardandosi in faccia, è molto diverso che farlo con la parola scritta. Scrivere necessita di capacità di sintesi, non dare niente per scontato, non essere prolissi, evitare i personalismi, arrivare velocemente al nocciolo della questione, farsi capire senza il tramite della mimica, senza la possibilità di intervenire immediatamente fra le parole di chi ti parla. Bisogna imparare a farsi capire nel modo più semplice, asciutto e chiaro possibile. Quindi, unisci la passione per la lettura alla voglia di dire e nasce così la volontà di scrivere”.
So che stai lavorando ad un terzo romanzo. Puoi anticiparmi qualcosa?
“Sì. Ho scritto un terzo libro a cui ho posto la parola fine poco tempo fa. E’ stato un lavoro impegnativo ed emotivamente molto faticoso, che è durato poco più di un anno. Ora vedremo quale sarà il suo destino”.
Parliamo di Milano. Qual è il tuo giudizio sulla città in cui viviamo e come l’hai vista cambiare in questi anni?”.
“E’ cambiata come tutto e come tutti. Credo sia cambiata sempre in meglio, da quando ci vivo, dal 1970, forse il periodo più nero di questa città. Ho sempre pensato che i grandi pregi di Milano, rispetto a tutte le città in cui ho vissuto, fossero le possibilità di vivere nell’anonimato (se lo desideri), così come quelle, infinite, di comunicare, se ami stare fra la gente”.
Milano ha sempre avuto un respiro più ampio dei suoi confini. Tutto quello che la riguarda interessa sia a livello nazionale che internazionale. Pensi che sia in grado, anche oggi, di interpretare questo ruolo?
“Non ho mai avuto dubbi sul ruolo centrale di Milano, in tutti gli ambiti nazioni e internazionali. E non ho mai avuto dubbi sulla sua capacità di adattamento ad ogni nuova situazione”.
Che opinione hai del fenomeno dell’immigrazione a Milano?
“Le immigrazioni fanno parte della Storia dell’Umanità. Quindi, non sono un fenomeno nuovo. Io non ho mai preso in considerazione il colore della pelle, la lingua, la religione e la cultura delle persone, ma solo il loro modo di vivere in mezzo agli altri, sia nella propria terra che in un Paese straniero. Ritengo che il problema non sia il “fenomeno immigrazione” quanto piuttosto la necessità di una politica di alto livello perché la politica non s’improvvisa, necessita di molto studio per mantenere la nobiltà che deve avere per guidare l’Italia e Milano in modo illuminato. E questo perché ogni persona possa vivere con dignità e rispetto, con diritti e doveri uguali per chiunque li meriti. Sia milanesi che non”.
Per concludere, Elisabetta. Come vedi il futuro di questa città?
“Voglio vederlo bello e luminoso. E che ci renda sempre orgogliosi di lei”…
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)