Come passare dal mondo della comunicazione a quello dei gelati con grande disinvoltura e molto coraggio. E’ il percorso professionale compiuto (almeno finora) da Donatella De Giorgi, svizzera di nascita, ma poi lombarda e soprattutto milanese di adozione. E’ nella nostra città, infatti, che l’ex pubblicitaria vive e lavora con passione, dedizione, fatica e tanto, tanto entusiasmo. “Quello non può mancare, altrimenti non avrei fatto una scelta lavorativa del genere e non essendo più una ragazzina”, conferma la De Giorgi. “Sono entrata nel circuito della pubblicità e del marketing negli anni ’80, quando il settore era in fortissima espansione sotto gli effetti inebrianti della “Milano da bere”. Ho maturato diverse esperienze, sia in Italia che all’estero, sempre alla ricerca di nuove tendenze e differenti intuizioni. Poi, dopo molti anni spesi così, tra gioie e dolori, nel 2012 mi sono rimessa in gioco in un altro ambito, quello della gelateria, con il preziosissimo aiuto di mio marito, Augusto Lusvardi Guazzoni. Lui è un pubblicitario come me, ma pur non essendo un pentito del mestiere ha apprezzato il mio passo in questa direzione. Senza di lui e i miei collaboratori non potrei gestire “Oplà”, la gelateria che ho aperto due anni fa in via Principe Eugenio, angolo via General Govone. Offriamo gelati di alta qualità e molto altro”.
L’ex pubblicitaria, dunque, ha voltato pagina, ma resta una persona adatta ad analizzare lo stato dell’arte della comunicazione cittadina, che respira da sempre un’aria internazionale. “Fino alla fine del secolo scorso Milano è stata la capitale italiana della pubblicità”, ricorda. “Oggi il mondo della comunicazione che conoscevo però è cambiato. Le grandi agenzie non servono più, le strutture si sono ridotte, i marchi sono diventati transnazionali, la comunicazione nazionale e locale è diventata una minima parte dell’impegno e del business delle grandi multinazionali del settore. Ovviamente questo ha portato a un appiattimento generale della creatività e a una omologazione al ribasso della comunicazione tradizionale. Però c’è stata, nel frattempo, l’esplosione del web e dei social network, che hanno grandi meriti riguardo all’ampliamento dell’audience e dell’immediatezza del messaggio, ma si portano dietro anche il rischio della banalizzazione dei contenuti, della superficialità nella narrazione, delle esagerazioni usa e getta nel linguaggio, che non lasciano sedimentare nulla e si dimenticano molto rapidamente”. Ma se il mondo della comunicazione e della pubblicità milanese non ha più la sua riconoscibilità, la città nel suo complesso, invece, sta cambiando in meglio per Donatella De Giorgi. “Sì, sono alcuni anni, ormai, che Milano sta acquisendo maggiore consapevolezza dei problemi, dal traffico alle aree dismesse e inutilizzate e all’inquinamento, per citarne alcuni. Le ultime amministrazioni hanno mostrato attenzione e coraggio; oggi, tra nuovi quartieri-simbolo e manifestazioni internazionali Milano è diventata una delle metropoli che più attraggono in Europa.
C’è da dire che la città ha sempre avuto un respiro più ampio dei suoi confini e tutto quello che la riguarda interessa sia a livello nazionale che internazionale. E’ ben attrezzata per svolgere questo ruolo ed è una grande vetrina aperta sul mondo. Non a caso, è una destinazione finale di migliaia di giovani e di stranieri. Qui il fenomeno dell’immigrazione a tutti i livelli è stato sempre ben gestito, in linea generale. Io poi non l’ho mai ritenuto un problema, ma un’opportunità di arricchimento culturale. E in quanto al degrado e alla violenza che gli spostamenti migratori di massa comportano per qualsiasi città occorre una giustizia veloce ed esemplare, senza distinzioni di nazionalità”. Il 2020, a Milano, sarà “L’Anno della Donna”. Una nuova chance, per il capoluogo lombardo, di mostrare all’Italia e al mondo la sua capacità di privilegiare, appunto, il ruolo cittadino della donna. “Io però credo che se in ambito politico, sociale e lavorativo la condizione femminile a Milano potrebbe essere paragonata potenzialmente alle metropoli più avanzate”, obietta la De Giorgi, “entrando più nel dettaglio ci si rende conto che mancano ancora molte strutture a sostegno delle mamme lavoratrici, che non sempre possono contare sull’aiuto dei nonni per seguire i figli. E nel mondo del lavoro i livelli salariali non sempre sono equiparati a quelli maschili. Insomma, noi donne fatichiamo sempre un po’ di più, ma diciamo che ci stiamo lavorando”…
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)