Si definisce scherzosamente “l’unico extracomunitario della famiglia” perché le sue radici sono siciliane, ma lui è nato a Venaria Reale, nel Torinese. Davide Agnello, 44 anni, sposato e padre di due bambini, è un affermato e apprezzato promoter enogastronomico e un organizzatore di importanti eventi culturali legati al cibo e in particolare al nostro “Made in Italy”. Ma Davide è anche un uomo davvero affabile e di grande umanità. Ci siamo conosciuti qualche anno fa e siamo subito diventati amici, anche grazie al nostro carattere e alla comune sicilianità. Approfittando di una delle sue frequenti trasferte di lavoro qui a Milano l’ho intervistato e mi sono fatto dire, in estrema sintesi, tutto quello che pensa della nostra città e in particolare della cucina milanese.
Caro Davide, tu ti muovi in un ambito professionale davvero privilegiato per osservare la cultura e le tradizioni degli esseri umani. Come si mangia a Milano, secondo te?
“Si, Ermanno, lavoro da oltre vent’anni in un settore che amo immensamente e che mi ha permesso finora di acquisire tante e tali esperienze da poter scrivere diversi libri riguardo non solo all’enogastronomia, ma anche alla grande varietà umana che lo rappresenta. Parlando di Milano, posso dirti che la sua offerta, oggi, è estremamente internazionale grazie alle molte contaminazioni che ha subito, nel bene e nel male, nel corso della sua storia. Direi che si tratta comunque di una metamorfosi inevitabile”.
E’ vero che da quando ha ospitato l’Expo, quattro anni fa, la sua immagine già molto positiva in Italia e all’estero è notevolmente migliorata?
“Sì, è una metropoli che ha cambiato volto. Ha saputo accogliere un evento di carattere internazionale che ha dato un ulteriore impulso al suo già importante core business, quello finanziario. E sicuramente ha favorito ulteriori scambi e arricchimenti in moltissimi settori merceologici, tra i quali, appunto, quello enogastronomico. Insomma, è una Milano che guarda sempre di più al futuro. Vengo spesso qui, come sai, è la trovo sempre affascinante. Percorrendo le strade dei suoi quartieri assisto regolarmente al suo cambiamento e alla capacità di unire la tradizione alla modernità, con i suoi grattacieli e i palazzi storici che evocano arte, storia e cultura”.
In quest’epoca di globalizzazione (e Milano è sicuramente una città globalizzata) c’è ancora posto per l’antica cucina milanese?
“Penso che la cucina tipica e tradizionale milanese meriterebbe molta più attenzione e molto più spazio, soprattutto per l’importanza che può dare come vetrina per le produzioni che esprime il territorio lombardo”.
Milano ha sempre avuto un respiro più ampio dei suoi confini. Tutto quello che la riguarda interessa sia a livello nazionale che internazionale. Pensi che sia in grado, anche oggi, di interpretare questo ruolo? Oppure è stata “colonizzata”, nel senso che questo interesse esterno ha prodotto investimenti economici e finanziari che hanno portato imprenditori, finanzieri e banchieri ad impadronirsene? E quanto di questo interesse è rivolto al settore enogastronomico?
“Da sempre il sistema finanziario la fa da padrone e Milano, ripeto, è la città simbolo in Italia per quanto concerne l’aspetto finanziario. Nell’enogastronomia penso che ci siano dei modelli vincenti da imitare per poter crescere tutti insieme nella consapevolezza che è un settore importante, un traino potente e robusto anche per il turismo e la cultura”.
Quanto ha influito e può ancora influire l’immigrazione di massa di questi ultimi anni sullo sviluppo di una cucina internazionale qui a Milano?
“Ha influito pesantemente anche perché siamo vulnerabili. Penso che dovrebbe prevalere il senso dell’italianità e quindi l’appartenenza, altrimenti si rischia di fare la fine di Little Italy a New York, dove la gran parte dei locali è gestita da altri”.
Per concludere, Davide: hai in programma degli eventi e delle iniziative da sviluppare a Milano?
“Sì, ci stiamo organizzando. Abbiamo avuto diverse richieste per valorizzare ulteriormente le due forme d’arte che rappresentano al meglio il “Made in Italy, cioè la moda e la cucina. Per questo mi avvalgo, fra gli altri, della preziosa collaborazione di mia moglie Andreea, che è una bravissima stilista.
Ma per capire meglio cosa facciamo in squadra con altri colleghi e professionisti vi invito a visitare le nostre pagine Facebook”.
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)