Ha fatto più cose lui finora, nella sua vita professionale (e non solo), che molti suoi (e nostri) colleghi tutti insieme. Svizzero di nascita e milanese di adozione, settant’anni portati bene e con disinvoltura, Danilo Maggi è oggi uno dei giornalisti di attualità e spettacolo più autorevoli e credibili della categoria. Questo signore d’altri tempi (di quelli che non fanno più, per intenderci) è anche autore televisivo, esperto di marketing e comunicazione e siccome avanzava ancora un po’ di tempo anche musicista. Il suo curriculum è ricco e anche pubblico, nel caso qualcuno volesse rendersene conto direttamente. Un enorme e significativo serbatoio di competenze, esperienze e saggezza personale e professionale, che rappresenta un vero tesoro da custodire con cura. Per questo e molto altro la simpatica e cordiale chiacchierata che ho fatto con lui è stata “tanta roba”, come si dice a Milano. Ed è un vero peccato doverla sintetizzare in poche righe, ma tant’è…
Danilo, tu sei nato a Losanna, ma hai vissuto e lavorato moltissimi anni a Milano. Cosa ti lega ancora oggi alla nostra città, anche se non vivi più qui?
“Beh, il luogo di nascita, talvolta è relativo, anche se Losanna rappresenta la mia maternità, alla quale sono assolutamente legato. Evidentemente mio padre, emiliano purosangue, aveva ben seminato da quelle parti, effettivamente molto affascinanti (e sorride). In realtà, Milano è e sarà sempre la mia città, dove i miei si trasferirono quando io avevo appena dieci anni. Per me rappresenta una sorta di cordone ombelicale impossibile da recidere, un luogo che mi ha dato tutto, gioie, carriera e purtroppo anche qualche delusione, ma ci sta. E’ uno di quei luoghi dove ti sembra di sapere tutto prima degli altri, una grande sensazione di privilegio nel vivere le anteprime della vita”.
Dall’Expo di cinque anni fa Milano è cambiata: è migliorata ulteriormente l’offerta culturale ed è letteralmente esplosa quella turistica. Per contro, è peggiorato il tessuto sociale: complice anche la crisi economica che continua a mordere risulta schiacciato verso il basso. Qual è la tua opinione? O meglio, qual era la tua opinione, perché l’Emergenza Coronavirus ci sta obbligando a ripartire quasi da zero…
“I tempi cambiano e non ci si può arenare nel ricordo di una popolazione prettamente originaria di quella città. Certo, tanti anni fa esistevano i milanesi come a Torino esistevano i torinesi o a Firenze i fiorentini. Oggi siamo tutti multietnici e giocoforza dobbiamo adattarci e accettarci reciprocamente, senza dimenticare che il nostro cuore batte sempre per la Madonnina. Ci aiutano, in ogni caso, l’evoluzione culturale e la bellezza che in questi ultimi anni hanno fatto di Milano una delle più attraenti città del mondo. L’Emergenza Coronavirus? Un momento catastrofico, certo. Ma Milano ripartirà, come ha sempre fatto nella sua storia”.
La tua carriera è costellata di successi in vari ambiti: spettacolo, moda, turismo, tv, food, beauty. Come vedi il futuro più immediato di questi settori?
“Tutto sembra difficile e in effetti lo è. Probabilmente andremo incontro a un cambiamento, in alcuni casi davvero radicale, di stili di vita e di lavoro. Ma come scriveva Thomas Mann, “è dalle avversità che nascono le grandi occasioni”. Tutti i settori si riprenderanno, ne sono certo, agli italiani e ai milanesi non manca certo la creatività e la passione. Almeno in questo siamo piuttosto invidiati nel mondo”.
Tu ami definirti un “metropolitano esiliato piacevolmente sul Garda”. Ci può raccontare qualcosa in merito al suo “esilio dorato” sul lago?
“Beh, come si dice in questi casi, galeotto fu l’amore. L’incontro con una signora francese sulle rive del lago di Garda fu la miccia che innescò dapprima la curiosità per luoghi che conoscevo appena e poi il resto andò da sé. Oggi vivo in campagna, a pochi passi da Salò, ma devo assolutamente, come dire, ‘inventarmi’ delle missioni di lavoro a Milano. Insomma, mi hai capito… In ogni caso, progetti, idee e occasioni non mancano mai. Occupandomi di editoria, comunicazione, immagine e marketing il momento giusto arriva sempre, senza tuttavia dover rinunciare alla mia grande passione per il golf, uno sport che mi ha conquistato all’improvviso più per il fatto che mi concede l’occasione di trascorrere una giornata nella natura che per i risultati, francamente non esaltanti. Qualche volta, però, mi va anche bene e ottengo le mie soddisfazioni”.
Un’ultima domanda, gentile collega: che cos’è per te la passione? Quali sono secondo te gli strumenti per evitare che un messaggio scada nella retorica o ancor peggio nella standardizzazione?
“La passione uno ce l’ha dentro di sé, esplode e non se ne va più. E’ un po’ come l’ironia. Mio padre, un uomo simpatico, come la gran parte degli emiliani, diceva sempre: “L’ironia nasce in sala parto, se l’ostetrica ti guarda e ride quando ti accompagna alla nursery è fatta, ce l’hai dentro”. L’importante è comunque credere sempre in un’idea, in un progetto, senza vendere false competenze e guardarsi attorno di continuo, per non scivolare nella banalità”.
Stefania Chines