Aprirà i battenti domani da LAB 1930 (per chiuderli il 24 gennaio del prossimo anno) la nuova mostra di Pietro Bologna, intitolata ETTARO. Si tratta di un progetto fotografico unico, concepito e realizzato dal 2017 al 2022, esplorando la periferia Sud della nostra città, in particolare la zona della Cascina Battivacco, dove il cinquantunenne artista milanese autodidatta ha catturato giornalmente immagini del terreno, durante le passeggiate con il suo cane, utilizzando un semplice telefono cellulare. Questo processo artistico, iniziato quasi per caso, si è trasformato in una pratica rituale e temporale, sospesa nel tempo, dove ogni fotografia inviata a un gruppo ristretto di amici generava risposte diverse, creando un dialogo tra immagini e parole.
Con l’evoluzione del progetto, l’autore ha iniziato a esplorare l’idea di costruire un archivio, un ettaro di fotografia che cresce su sé stesso, filtrando consapevolmente le immagini attraverso la lente di un vecchio cellulare, per mettere in luce i limiti del mezzo. Tuttavia, come sottolinea lo stesso Bologna, “nel momento della trasformazione in progetto di un qualcosa che era nato libero d’aspettative e finalità, totalmente spontaneo, ho sentito la necessità di mettere a nudo il mezzo utilizzato per far fronte alla malizia dello sguardo compromesso. Ecco perché ho deciso di esporre in questa mostra una sotto-categoria dello stesso progetto, che consiste nell’aver sfuocato le immagini, rendendole così ancor meno riconoscibili”.
Pietro Bologna, un outsider nell’ambiente artistico, ha sempre cercato di indagare le fragilità e le limitazioni dei mezzi fotografici, utilizzando tecniche originali e empiriche. La sua ricerca, focalizzata sulla carta, la stampa e le riflessioni sulle dimensioni, come dimostrato nell’ampliamento delle sette fotografie in mostra nello spazio espositivo di via Mantova al civico 21 su un corpo di 18 (tutte cm 100×100), evidenzia una coerenza e un valore intrinseco nel suo approccio creativo.
Con ETTARO, l’artista meneghino si distacca dal concetto convenzionale di bellezza, cercando una sua autentica dimensione, che possa svelare l’essenza dei fenomeni. Queste fotografie, prive di soggetti riconoscibili, ci invitano a immergerci in un viaggio iconico, in una terra di nessuno, dove il casuale e il trascurato trovano riscatto. Le sue opere rappresentano una cronaca di tracce umane e naturali, in un paesaggio dove l’uomo è fisicamente assente, ma la sua presenza è palpabile attraverso segni inequivocabili della sua esistenza.
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