Luino, 11 agosto 2012
Ciccio Barone avrebbe voluto essere al mare, spaparanzato sulla spiaggia a godersi il sole, nuotare e mangiare pesce a volontà, invece no! Per colpa di quel fetente che da alcuni anni si divertiva ad agosto a torturare le zoccole aveva dovuto rinviare le ferie. Il Boss lo aveva “precettato”. Aveva ricevuto l’ordine di proteggere le ragazze ventiquattro ore su ventiquattro. L’incarico era veramente impegnativo nonostante fossero una batteria di dieci papponi svegli e pronti a tutto. Le puttane da proteggere, sparse in tutta la Lombardia, erano una quarantina e loro, i cani da pastore, erano insufficienti. La maggior parte lavorava in appartamento, le altre sulle provinciali, consumando i rapporti in macchina o in alberghetti. Sapeva che, dopo aver dormito per anni, anche la polizia si stava dando una mossa, ma se qualcuno doveva mettere il sale sulla coda a quel sadico lupo quel qualcuno doveva essere lui. Era consapevole di quanto fosse difficile catturarlo, quasi come cercare un ago in un pagliaio. Quel bastardo cambiava zona in continuazione ed era più scaltro di una volpe. Stava dando più problemi di una banda di albanesi che avevano eliminato qualche anno addietro. I vertici della “mala” lo volevano morto, tutti parlavano, tutti sapevano come fare a beccarlo ma nessuno ci riusciva. Doveva escogitare qualcosa. Era un abile cacciatore, avrebbe preparato una trappola per acciuffarlo prima che riuscisse a sbranare le sue pecorelle.
Questa volta non sarebbe riuscito a farla franca, sapeva come farlo uscire dalla sua tana. Il piano che aveva in mente era perfetto. Lo avrebbe ammazzato con le sue mani e ne avrebbe gettato il cadavere nel lago con una pietra al collo pesantissima.
Dopo sarebbe felicemente partito per l’azzurro e incantevole mare della sua bella Calabria, ad ingozzarsi di vongole e cozze.
Quando mi preparo per le mie performance estive non tralascio niente al caso. Sono molto attento e scrupoloso, soprattutto nella scelta del materiale. Ad esempio trovo molto volgari le manette e le fascette da elettricista mentre mi piace tantissimo legare le mie vittime con corde, filo di ferro e nastro adesivo americano. Ad ogni giro aumenta l’eccitazione. Acquisto rotoli di vari colori ma prediligo quello grigio. E’ un classico. Tappare violentemente con il nastro adesivo la bocca di una donna mi fa sentire come quei serial killer di Hollywood, un vero demonio sulla Terra. Il bondage è un’arte, una meravigliosa pratica sessuale di origine giapponese. Saper legare una donna, immobilizzarla nelle posizioni più strane è una gioia per gli occhi ma è qualcosa di incompiuto, di limitato. Mi eccita ma non mi soddisfa.
Innanzitutto amo immobilizzarle completamente e poi devo farle soffrire, vederle piangere e implorare pietà. Mi piace legarle come salami, accartocciate nelle pose più stravaganti, con gli occhi pieni di lacrime. Allora le fotografo, scatto decine di foto, in tutte le angolazioni. Le conservo gelosamente in una chiavetta USB nascosta in un posto che conosco solo io e che mai nessuno riuscirà a trovare. Ovviamente, alla fine dei giochi, le violento ma senza eccessiva brutalità, forse inconsciamente desidero farmi perdonare per i miei trattamenti particolari. Questa volta mi inventerò qualcosa di nuovo. Voglio che sia un pochino diverso dal solito schema. Ho comperato per la prima volta una piccola gogna e una nuova frusta. Non vedo l’ora di usarle. Il nastro adesivo americano sarà nero. Per maggior divertimento e sicurezza porterò con me un cutter molto affilato. Adesso però telefono veramente a quella bella bambolina e mi accordo per stasera. Meno male che a Milano ci sono ancora tante, comode e anonime cabine telefoniche…
Gian Luca Tavecchia