No, non parlate di maledizione. Come già Jimi Hendrix, Kurt Cobain, Jim Morrison, Janis Joplin e Brian Jones, anche Amy Winehouse, la più grande voce soul del Terzo Millennio, precorritrice della nuova generazione del soul bianco, muore a 27 anni, entrando così a far parte del Club 27. Stop and go. La sua compulsione a bere ha fatto sì che il suo fisico, ormai infragilito, non reggesse più, il 23 luglio 2011. Sembrava serena, addormentata, al termine di una lunga giornata concitata, durante la quale Amy aveva ricevuto una notizia, la più bella, che avrebbe dovuto far ripartire la sua creatività, la sua vita e la sua carriera di compositrice e di cantante. Nel suo appartamento di Londra (disegnato da Fabiana Di Marco), al numero 30 di Camden Square, nella penombra divani, chitarre e libri si amalgamano agli oggetti del quotidiano, frigorifero e asse da stiro, il tutto in un unico spazio senza divisori, perché la cancellata delimita già di per sé la dicotomia tra il palcoscenico e il pubblico, Amy e la sua anima alla costante ricerca di amore e di libertà. Cancellata ossia barriera, ma allo stesso tempo difesa, prigione intima e fama soffocante. Moltitudine di fan, paparazzi, falsi amici e un padre che vuole imporre alla figlia la sua volontà in ogni sua scelta. “Back to Black”, intona per prima Melania Giglio, voce da mezzosoprano, padrona di toni bassi come di toni acuti, che accanto alla sua veste di attrice, da alcuni anni, asseconda la sua passione per la voce, studiando la voce parlata e la voce cantata, sperimentando musical e incisioni di dischi fino a AMY WINEHOUSE, L’AMORE E’ UN GIOCO A PERDERE, uno spettacolo che arriva dopo “L’usignolo non canta più”, dedicato a Edith Piaf, entrambi per la regia di Daniele Salvo. Amy vuole comunicare subito la bella notizia a Tyler James (Marco Imparato, alla chitarra), suo amico d’infanzia, che ha rinunciato alla propria carriera di musicista per occuparsi di lei, accudirla e proteggerla, ma non a cantare con lei, accompagnandola con la chitarra. “Rehab” e “Be my baby”. Entra in scena un altro personaggio, il sergente Andrew Morris (Lorenzo Patella, chitarra e corno francese), l’unico di cui Amy si fidi ciecamente, che duetta con lei in “Will you still love me tomorrow?”, ma domani quell’amore non ci sarà più. E nemmeno Dannika Augustine, la bambina conosciuta su una spiaggia di Santa Lucia, ai Caraibi, che ha ottenuto in adozione e che sarebbe diventata il suo sole, la sua luce, il suo tutto, potrà mai abbracciarla come mamma. Amy telefona a Blake, il suo ex marito, ma tuttora il grande amore della sua vita, per metterlo a parte della bella notizia. Non vuole, invece, far entrare in casa suo padre, colpevole, secondo lei, di pensare unicamente ai proventi che possono derivargli dall’attività della figlia e di vivere alle sue spalle. Insieme a Tyler, Amy vorrebbe festeggiare la bella notizia con una bottiglia di champagne, ma Tyler, fermo e deciso, le ricorda che facendo questo metterebbe in gioco non solo la sua carriera, ma soprattutto la vita futura di Dannika Augustine, quindi la saluta. E mentre le luci, che finora avevano illuminato la scena con toni che viravano dal blu al rosa e al giallo, sfumano su Amy, una nebbia rarefatta scende lentamente ad avvolgere il tutto. “So far away” e “You know I am not good”: la voce di Melania Giglio ricalca in maniera sorprendente quella di Amy Winehouse, ma le assomiglia anche in maniera impressionante grazie al trucco di Sebastian Gimelli Morosini. Diplomatasi alla Scuola del Teatro Stabile di Torino (diretta da Luca Ronconi) e all’Ecole des Maitres (diretta da Franco Quadri), Melania Giglio vanta una trentennale esperienza di attrice cinematografica (e non solo teatrale) con registi quali Alfredo Arias e Giuseppe Patroni Griffi, Marco Carniti e Carmelo Rifici, Jean-Pierre Vincent e Peter Greenaway, Roberto Guicciardini e Mauro Avogadro. E di autrice di questo testo dedicato a Amy Winehouse, in scena al Teatro Oscar fino a domenica prossima, 20 ottobre, che ha per sottotitolo quello di una canzone molto bella, ma anche molto triste: “L’amore è un gioco a perdere”…
Elisabetta Dente