Alla Triennale la mostra ELIO FIORUCCI. L’imprenditore creativo e visionario che ha infranto le regole della moda e del costume, in Italia e nel mondo

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Entrare nel negozio Fiorucci non significava solo dedicarsi allo shopping, era come varcare la soglia di un altro universo. Appena oltrepassavi l’ingresso del negozio di Milano – situato in corso Vittorio Emanuele II, all’angolo con Galleria Passarella -, ti avvolgeva un’esplosione di colori, musica e luci che pulsavano come se fossi in una festa perenne. Non era solo un posto dove comprare vestiti: era un regno scintillante, un’anticamera della libertà. E per un’adolescente come me, quel mondo sembrava fatto apposta per poter assaporare pienamente la vita. A uno sguardo superficiale, i vestiti potevano apparire come stracci dal prezzo esagerato, ma in realtà erano pura originalità.

C’erano jeans aderenti che sembravano cuciti addosso ai sogni, t-shirt con una coppia di angioletti che sono entrati nella storia del costume, stampe audaci e specchi ovunque. Era come se ogni riflesso ti invitasse a giocare con la tua immagine. Indossare un paio di jeans Fiorucci significava sentirsi speciale, diversa, protagonista di una storia infinita. Avevi la sensazione magica di poter essere tutto o semplicemente te stessa, ma con un tocco in più. Non importava chi fossi fuori da quella porta: lì dentro eri al top. Fiorucci non vendeva solo abiti, ti regalava la possibilità di brillare.


In quel negozio ogni cosa sembrava possibile. Era un rifugio per chi voleva sfuggire alla normalità. Perché, con addosso quei jeans, il mondo sembrava tuo. E forse, agli occhi di un’adolescente, lo era davvero.
Quando il negozio ha chiuso, ho provato la sensazione di essere a lutto, come se qualcosa di unico fosse morto per sempre. È stato come perdere un luogo difficilmente replicabile: un pezzo della mia giovinezza non sarebbe mai più tornato.

Elio_Fiorucci_Foto Delfino Sisto Legnani -DSL Studio © Triennale Milano_DSL02162


Ma il brand Fiorucci, nato ufficialmente nel 1967, non era solo un fenomeno milanese: veniva venduto anche all’estero e in altre città italiane. A Genova, per esempio, c’era la boutique Chiarella, in via XX Settembre, che rappresentava un altro punto di riferimento per chi cercava quell’universo di libertà e creatività. Quando ha chiuso anche quella, si è chiuso un altro pezzo di storia.


Fino al prossimo 16 marzo, Triennale Milano celebra questo universo con la mostra ELIO FIORUCCI, a cura di Judith Clark e con il progetto di allestimento di Fabio Cherstich. È la più grande retrospettiva mai dedicata a questa figura iconica, con l’obiettivo di raccontare le molteplici dimensioni creative di Fiorucci, imprenditore visionario che dagli anni Sessanta ha rivoluzionato la moda, il costume e la scena artistica contemporanea in Italia e nel mondo.


La mostra si propone come una retrospettiva dal chiaro intento biografico: attraverso materiali d’archivio, prodotti industriali, abiti, accessori, opere d’arte contemporanea e registrazioni inedite della voce di Elio Fiorucci, il visitatore può immergersi nel racconto di una visione unica che ha trasformato la moda e il marketing globale.


Un elemento distintivo dell’esposizione è la teatralità dell’allestimento, che dialoga con la grafica ironica e provocatoria del brand Fiorucci. Dai plastici di architettura alle installazioni ambientali, passando per video, fotografie e polaroid, la mostra offre uno sguardo completo sull’universo creativo dello stilista.

Elio_Fiorucci_Foto Delfino Sisto Legnani -DSL Studio © Triennale MilanoDSL01855


Ma Elio Fiorucci, che è mancato nel 2015 all’età di 80 anni, meriterebbe un tributo permanente, sotto forma di museo o archivio, che preservi e celebri la sua eredità visionaria. Non si tratterebbe solo di una memoria per chi ha vissuto in prima persona il suo impatto, ma anche di un patrimonio da trasmettere alle nuove generazioni. Infatti, sono tantissimi i giovani, spesso accompagnati dalle mamme che hanno vissuto l’epoca Fiorucci, che affollano la mostra allestita in Triennale, segno di una curiosità che travalica il tempo. Queste giovani generazioni potrebbero trarre ispirazione da un approccio alla moda che ha fatto della libertà di espressione la sua bandiera. Fiorucci non era soltanto un marchio, ma un nuovo modo di vedere il mondo.


Ad accompagnare l’esposizione in corso ci sono due pubblicazioni: un catalogo bilingue (italiano e inglese), edito da Electa, che raccoglie saggi di studiosi e personalità del mondo della creatività, e l’album “Il giro del mondo per Elio Fiorucci”, curato da Judith Clark con Adelita Husni-Bey, che esplora l’immaginario Fiorucci attraverso una narrazione visiva e un’inedita conversazione con l’artista Adelita Husni-Bey.


A completare l’esperienza, infine, è disponibile un podcast in sette episodi, scritto da Andrea Batilla e prodotto da Triennale Milano, che ripercorre la straordinaria avventura di Elio Fiorucci, da Milano a New York. Il progetto è realizzato con il sostegno di Fiorucci (main partner), ATM (technical partner), Lavazza Group e Salone del Mobile.Milano (partner istituzionali).

Stefania Chines

(Immagine di copertina: Elio_Fiorucci – Foto Delfino Sisto Legnani -DSL Studio © Triennale Milano_DSL02122)