E’ un tipo sveglio e non lo scopro certo io. La sua comunicazione è cordiale, ma diretta, sciolta e senza troppi fronzoli. Il fiato, Alberto Mereghetti, è abituato a non sprecarlo e a utilizzarlo al meglio, visto che correre è la sua passione. Milanese doc, 42 anni, più conosciuto come “Merex Iron Runner” (dove Iron sta per ironico), il Mereghetti (rigorosamente con l’articolo davanti, altrimenti che milanese sarebbe?) è una stella luminosa del firmamento meneghino perché le sue imprese cittadine e internazionali danno davvero lustro alla nostra città. I milanesi lo conoscono, lo riconoscono e lo apprezzano perché si dedica anima e corpo alla sensibilizzazione di tematiche sociali e ambientali, attirando l’attenzione sulle sue imprese a fini onorevoli e benefici. Per me è stato facile contattarlo attraverso i social network, dove ormai imperversa quotidianamente con messaggi colmi di valori umani e non solo sportivi. L’empatia è stata immediata, così come la chiacchierata che ne è scaturita…
Caro Alberto, parliamo subito (e non potrebbe essere diversamente) dell’Emergenza Coronavirus. Come vedi la situazione milanese? Che idea ti sei fatto, a questo punto, riguardo alla reazione della nostra città?
“Sono fiero della mia città. I quotidiani degli ultimi giorni titolavano: “Resisti Milano”. E Milano resiste, proprio come in una guerra. I casi di nuovi contagi sono in lieve calo. E’ presto per dirlo, ma c’è la possibilità concreta di vedere la luce in fondo al tunnel. Il rischio che il contagio possa esplodere in maniera molto più ampia, per una città con quasi un milione e mezzo di abitanti, sarebbe un disastro e Milano sta facendo uno sforzo enorme, senza dubbio. A partire da tutti quelli che lavorano negli ospedali cittadini, che seppur feriti nel fisico e nell’anima stanno dimostrando un coraggio e un’umanità straordinari. Ma non dimentichiamoci anche di chi lavora nei supermercati, nel settore dei trasporti, delle forze dell’ordine, dei volontari. Sono davvero tante le persone meravigliose che con il proprio lavoro proteggono le nostre vite”.
Sul fronte della comunicazione cittadina sono stati commessi molti errori?
“Diciamo che a partire dalla fine di febbraio l’idea di non fermare l’economia, il turismo e il business legati alla città forse è stata un po’ fuorviante. Fortunatamente poi si è corsi ai ripari in modo abbastanza tempestivo, arginando l’avanzata del virus. In questi casi l’immediatezza e la capacità di reazione da parte delle autorità sono state fondamentali. Credo che da quel momento di errori non ce ne siano stati molti. Forse ne hanno commessi di più i cittadini inizialmente, con i fine settimana trascorsi sulle piste da sci o con serate sui Navigli”.
Quindi i comportamenti complessivi dei milanesi possono ancora migliorare?
“Ultimamente, sia attraverso la stampa che sui social network sono stati pubblicamente ringraziati (oltre ovviamente ai medici e a tutto il personale sanitario) anche i milanesi che nel loro piccolo stanno riuscendo, comportandosi in maniera ligia e responsabile (a parte, come dicevo, nella fase iniziale) a contenere la diffusione. In città il bilancio dei controlli dell’ultimo fine settimana e i dati sui movimenti dei cellulari hanno dimostrano come i cittadini stiano appunto rispettando le norme, partecipando attivamente a questa battaglia. Come ha detto il sindaco Sala, è una lunga maratona e non uno sprint”.
Entriamo nel merito dei provvedimenti presi dalle autorità nazionali, regionali e cittadine. Da sportivo e cittadino che opinione hai al riguardo?
“Penso che siano stati presi provvedimenti corretti, commisurati al tipo di emergenza. I decreti emanati seguono principi condivisibili, poi ci sono aspetti che potevano essere migliorati, certo. Forse si poteva decidere, qui a Milano, il blocco totale una settimana prima. Ma possiamo dirlo solo oggi, col senno di poi. Ora secondo me la solidarietà dovrebbe arrivare al di fuori dei nostri confini, dall’Europa. Ormai siamo in pandemia, quindi bisognerà adottare misure di contenimento coordinate a livello globale. Ci vuole una rete di mutuo soccorso più solida perché l’Europa in questo momento deve salvare se stessa”.
Veniamo a una delle note dolenti di questa situazione cittadina: il rapporto odierno tra i runner e il resto dei milanesi. Come sempre, in questi casi, ci si spacca in due: c’è chi dice che non fanno niente di male e chi invece li addita come irresponsabili e untori potenziali. Qual è la tua opinione?
“Onestamente da sportivo ho preferito fin da subito appendere le scarpe al chiodo, per quanto riguarda l’outdoor, e seguire alla lettera le misure di prevenzione. Mi alleno da solo, in casa e nel mio giardino. Ma correre per strada no, è una fuga dai propri doveri civici ed è un rischio ulteriore. Ognuno di noi deve rinunciare a una parte dei propri interessi. Sono d’accordo con chi sostiene la linea di rigidità. Non ci devono essere zone d’ombra nei nostri comportamenti. Il virus quando arriva non fa sconti a nessuno. Fino a ieri convincere qualcuno a correre era un’impresa, oggi sono diventati tutti runner. Spero che gli improvvisati dell’ultima ora mantengano questi buoni propositi quando l’emergenza sarà finita. Anche perché iniziare a correre non è uno scherzo, se lo si fa in modo sbagliato a livello posturale o di tecnica può essere controproducente”.
E’ possibile trovare il modo per chi è abituato a correre all’aperto di allenarsi a casa con programmi alternativi? E secondo te i runner potrebbero rendersi utili in termini di volontariato? Per esempio, portando cibi e medicine alle persone maggiormente in difficoltà, come gli anziani e i disabili?
“Se come sembra gli italiani, di colpo, sono diventati tutti così sportivi, allora dico che l’attività indoor è un buon sostitutivo anche per chi non ha un giardino o un terrazzo. In rete si trovano diverse proposte di allenamento per ogni livello, basta davvero un tappetino e per chi ce l’ha una cyclette. Ognuno di noi è chiamato alle proprie responsabilità e noi runner dobbiamo affrontare un momento molto più importante di un traguardo. Torneremo a correre, magari a vincere una gara, ma adesso si, possiamo essere al servizio di ogni persona fragile e donare un po’ di aiuto e speranza, agli anziani, ai disabili e anche ai senzatetto, che una casa in cui restare non ce l’hanno”.
Parliamo adesso del tuo rapporto con Milano. Tu pur essendo giovane sei ormai uno degli ultimi milanesi doc, vivi e lavori da sempre nella nostra città e quindi sei la persona adatta a tracciarne un profilo. Com’è cambiata e come sta cambiando, secondo te?
“Milano sta cambiando faccia. C’è un nuovo skyline per la città che guarda al futuro e ai nostri occhi appare sempre più interessante perché si fondono urbanizzazione e cultura. Penso a CityLife, alle avveniristiche Tre Torri, ma anche al suo parco e al progetto Artline, che si sviluppa al suo interno e ne fa uno dei più importanti polmoni verdi di arte contemporanea al mondo. Ma anche a Fondazione Prada, che ha trasformato completamente tutta l’area che si affaccia sullo Scalo Sud della stazione ferroviaria di Porta Romana, dove abito io. O al vivace quartiere Isola (che negli ultimi anni ha subito una trasformazione incessante) e alla Biblioteca degli Alberi, che racchiude più di 450 alberi e migliaia di piante di specie diverse e che ormai è diventato il terzo parco cittadino per grandezza. Di esempi ce ne sarebbero tanti e tutti di grande impatto”.
“Oggi Milano, secondo un’opinione diffusa, è la migliore città italiana in cui vivere per chi ha un’età compresa fra i trenta e i cinquant’anni, sotto diversi punti di vista. Tu cosa ne pensi?
“Penso che sia vero. A Milano c’è tutto: arte, moda, locali, business. Secondo recenti statistiche sono una novantina gli indicatori del benessere tenuti in considerazione per stabilirlo. Inoltre, la città diventa appunto sempre più verde e meno grigia. L’unico neo rimane ancora lo smog. Mi piace abitarci e mi piace viverla appieno. A molti invece non fa impazzire, ma Milano è così, o la ami o la odi. Convincere qualcuno del contrario è come convincere un appassionato del dolce far niente a correre”.
Tu hai compiuto un’impresa cittadina davvero memorabile un paio di anni fa. Hai fatto di corsa cinque volte il giro della circonvallazione milanese, per complessivi cento chilometri. Vuoi raccontarci in breve la tua performance e i motivi che ti hanno spinto a realizzarla?
“Da un po’ di tempo a questa parte ho lasciato perdere il mondo delle competizioni per dedicarmi a progetti autogestiti. Sto utilizzando la corsa come mezzo per arrivare alla gente e far passare messaggi positivi, che possano ispirare. Così due anni fa ho deciso di convincere più persone possibili a spostarsi in città usando le gambe, quindi senza inquinare. Io mi sarei impegnato a correre per 100 chilometri monitorando la qualità dell’aria nell’arco di 12 ore. Chiunque altro, traendone ispirazione, da quel momento avrebbe potuto anche solo camminare per raggiungere l’ufficio, fare la spesa o andare in palestra, invece di andarci in auto. È andata bene perché in molti hanno aderito correndo con me, supportandomi durante il percorso o facendo girare la notizia sulle radio e sui principali quotidiani, oltre che sui social network, ovviamente. Un successo incredibile. Adesso appena pubblico un mio nuovo progetto su Facebook molti tuoi colleghi mi contattano per parlarne. I social sono un’ottima cassa di risonanza per divulgare messaggi, sta a noi far sì che siano positivi. Mi piacerebbe usare la definizione “influencer” come un superpotere; la gente imita i comportamenti di chi ritiene un esempio, se si imitano cattive abitudini come fumo o alcool, perché non imitare quelle buone?”.
A proposito e in conclusione, Alberto: prima hai detto che l’unico, vero neo della nostra città è lo smog. Milano è ancora una città vivibile, dal punto di vista ambientale? Che cosa è stato fatto e quanto c’è ancora da fare perché lo sviluppo della nostra città possa essere ecologicamente sostenibile?
“Correndo per le vie della città noto sempre più colonnine per caricare le auto elettriche, bike e car sharing, autobus elettrici. Ci sono molte aree verdi, ma forse bisognerebbe aumentare le ciclabili perché vedo moltissimi corrieri in bici usare i marciapiedi e questo non va bene. Una volta mi sono anche scontrato con uno di loro, mentre correndo svoltavo un angolo. Ma Milano è una città in cui il progresso galoppa e sono sicuro che presto si arriverà anche a questo. Sono fiducioso. Ho viaggiato molto e visto parecchie metropoli tra cui New York, Tokyo, Londra, Parigi, Bangkok, Kuala Lumpur, ma nessuna è come Milano. La mia città rimane sempre la numero uno”…
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)