Dopo molte esibizioni nei locali, partecipazioni a festival e a concorsi musicali, Giorgio Gaber, ormai famoso cantante e musicista, sente la necessità di proporre una nuova espressione artistica “portando la canzone a teatro”, creando in tal modo negli anni ‘70 il “teatro canzone”. Un nuovo modo, dunque, per l’affabulatore che tutti hanno conosciuto attraverso la televisione, di proporre e presentare idee, di sviluppare un pensiero. E Gaber lo fa con l’apporto di Sandro Luporini, pittore viareggino conosciuto nei primi anni ‘60, dando vita a spettacoli a tema con canzoni che lo sviluppano, la cui trama è cucita con monologhi e racconti. Del Progetto Gaber, a cui si è dedicato con fedele attenzione curandone l’adattamento e la regia Emilio Russo, direttore artistico del Teatro Menotti, fa parte LIBERTA’ OBBLIGATORIA, un testo di Luporini e Gaber del 1976, in scena da ieri sera e fino a dopodomani, 31 ottobre, nella sala di via Menotti al civico 11. È la seconda tappa di un percorso dedicato al cantante, drammaturgo, attore, cabarettista, nonché regista teatrale milanese, dopo l’allestimento di FAR FINTA DI ESSERE SANI. Le luci di Andrea Violato si accendono sul palcoscenico di un teatro occupato, tipico degli anni ‘70, diviso a metà: dietro a un tulle bianco, interni di un appartamento, cucina e camera da letto. Davanti, un tavolo sul quale spiccano i piccoli oggetti del lavoro artigianale di Gianluigi e Lisa, i due personaggi interpretati da Gianluigi Fogacci e Lisa Galantini. Alla sinistra del palco la piccola orchestra “Musica da Ripostiglio”, tre chitarre, un contrabbasso e un’improvvisata batteria, attacca “Il delirio”. La voce inconfondibile di Andrea Mirò, eccellente interprete delle canzoni di Gaber, è vibrante, possente, sia negli assoli sia quando la cantante-attrice si accompagna con la chitarra o al piano. I personaggi, come quello cui dà corpo e voce Enrico Ballardini, rappresentano i “reduci” di una rivoluzione mancata, quella del ’68. C’è chi si pone domande, chi invece si adegua ai tempi, chi accetta l’onda nuova, ma fino a un certo punto, imboccando la strada del compromesso. E l’incontro in sogno con le figure di Gesù e di Marx conferma il fallimento della generazione ai quali è dedicata l’omonima canzone. Si parla di rabbia e di multinazionali, in questo testo politico, ma anche di sentimenti manifestati o solo abbozzati. Però non manca la speranza che sia ancora possibile tentare qualcosa. Organizzarsi, confrontarsi, decidere insieme quale linea adottare o quale lotta intraprendere. Tutto sembra pronto per fare la rivoluzione, chissà. “Flash” e “Il comportamento”. Gianluigi e Lisa, esponenti di visioni contrapposte, si uniscono ai musicisti nell’interpretazione collettiva di varie canzoni. Testi e musica incarnano e restituiscono ideali pregni di senso civile e culturale. Fra riferimenti storici dell’epoca e una convincente attualizzazione si snodano racconti e ricordi. “L’uomo muore”. Dissertazioni su Dio e sulla coscienza, solitudine, elezioni e politica, con tutte le delusioni e disillusioni che ne conseguono. E i partiti, tanti, troppi anche allora. “Le mani”, “L’odore”, “Salviamo sto paese”, “Si può”, “Il cancro”. Fino alla voce fuori campo dello stesso Gaber, che conclude il monologo con la parola “Libertà”. “Non si può ancora morire. Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione. Date fiducia all’amore. Il resto è niente”. E tra i calorosi applausi finali tutti insieme, pubblico compreso, intonano “Destra Sinistra”…
Elisabetta Dente