Al Teatro Carcano va in scena DIRTY DANCING – THE CLASSIC STORY ON STAGE, trasposizione in musical dell’omonimo film. Uno spettacolo che emoziona, commuove e affronta il tema della differenza sociale

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Entusiasmante opening night di DIRTY DANCING, ieri sera al Teatro Carcano, introdotta da Federico Bellone (co-regista dello spettacolo insieme con Chiara Vecchi) e presentata da Karl Sidow, che in qualità di produttore di questo allestimento ha spiegato come la produzione si basi su quella fatta in tutto il mondo, ma che per questo specifico teatro lo spettacolo sia stato trasformato in una nuova versione in prosa, pur se accompagnata da musiche e balli indimenticabili. Una carezza le sfiora la guancia, il braccio, il fianco, una vertigine: è la scoperta dell’amore. La diciassettenne Frances “Baby” Houseman (Vanessa Innocenti) nasce alla vita, la vita da grande, sboccia alla vita con Johnny Castle (Gabrio Gentilini), il primo bacio, la prima lezione di danza, il primo ballo, la prima volta. Nell’estate del 1963 Baby è in vacanza con i genitori e la sorella maggiore Lisa, che si rivela ben presto molto interessata ai ragazzi, nel villaggio turistico Max Kellerman Mountain House di Jack Kellerman sulle Catskill Mountains, poco distante dal Mountain Lake, che nella scenografia di Clara Abbruzzese assiste sonnacchioso sullo sfondo all’intersecarsi della storia portante (la nascita dell’amore fra Johnny e Baby) e lo svolgersi della villeggiatura fra giochi di squadra e proposte di intrattenimento collettivo. Una famiglia molto unita quella di Baby, nella quale un profondo rapporto di stima e ammirazione la lega al papà chirurgo, che le ha insegnato l’importanza di aiutare il prossimo indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza. Ed ecco che DIRTY DANCING – THE CLASSIC STORY ON STAGE, il musical di Eleanor Bergstein, trasposizione teatrale dell’omonimo film del 1987 diretto da Emile Ardolino e interpretato da Patrick Swayze e Jennifer Grey, in scena al Teatro Carcano fino al prossimo 6 gennaio, recitato in Italiano, ma cantato in Inglese, affronta uno dei temi cruciali del nostro tempo, quale appunto la differenza sociale. Appartengono infatti a diverse classi sociali i giovani che compongono lo staff del resort: studenti universitari e ragazzi di buona famiglia i camerieri, ai quali è affidata l’immagine del villaggio che devono curare anche frequentando gli ospiti, mentre agli animatori, ballerini e artisti di strada dalle precarie condizioni economiche, è proibito intrattenere con la clientela rapporti non strettamente professionali. Fra gli artisti spicca Johnny Castle, il maestro di ballo, decisamente avvenente, che di giorno impartisce lezioni private alle ospiti del villaggio, manifestamente più interessate a lui che alla danza, mentre la sera si esibisce con Penny Johnson, collega e amica. Quando Baby vede per la prima volta Johnny ballare “Dirty Mambo”, la cui coreografia era stata creata appositamente per il film da Kenny Ortega, rimane subito affascinata dalla sua figura e dalle sue movenze appassionate in questo “ballo proibito”, quando i movimenti pelvici di Elvis the Pelvis turbavano non poco l’opinione pubblica americana.

Ed ecco qui emergere un altro dei temi scottanti degli anni ’60, l’aborto, all’epoca illegale. Penny scopre improvvisamente di essere incinta di Robbie, cameriere e cinico studente di medicina, che non vuole assumersene la responsabilità. A questo punto Penny non solo si procura il denaro per l’aborto, chiedendolo a Papà Jake, ma sostituirà Penny, impossibilitata a ballare, dopo un duro allenamento e pur tra molte incertezze, nell’iconico “Mambo”. Johnny comincia ad apprezzare l’impegno e la forza di volontà di Baby. Sarà Jake a salvare Penny, dopo un aborto praticatole malamente. E mentre ritiene Johnny colpevole, Baby non solo è assolutamente convinta che sia estraneo ai fatti, ma certa del sentimento che prova per lui trascorrerà la notte con Johnny, la sua prima notte con un uomo, la sua prima volta. Non solo. Forte dei suoi principi e del suo credo difenderà pubblicamente Johnny da una successiva accusa di furto, ma non potrà tuttavia evitargli il licenziamento, essendosi Johnny intrattenuto con un’ospite. La stagione volge lentamente al termine e con essa la fine delle vacanze ma l’intero villaggio è mobilitato nella preparazione di uno spettacolo che vuole essere indimenticabile. Su questo, però, Max Kellerman ha seri dubbi perché sarà inevitabile avvertire l’assenza di Johnny e del suo fascino provocatoriamente macho. Ma dopo l’amore, sbocciato fra Johnny e Baby, atre due sorprese attendono gli spettatori. Johnny ritorna inaspettatamente per animare con Baby il ballo finale, proprio quel “Mambo” così carico di sensualità da coinvolgere anche i più riottosi. E Johnny con le sue parole riconoscenti riuscirà a infondere in Baby il coraggio di affrontare il salto fra le sue braccia dal palco alla platea sulla musica di “(I’ve Had) The Time of My Life”, all’epoca Premio Oscar per la miglior canzone originale. La piccola Frances ha trasformato Johnny in una persona migliore e Johnny dichiara che “Nessuno può mettere Baby in un angolo”. Così, mentre la narrazione degli altri temi (lo stupro, il femminismo, la sessualità, i diritti umani) accompagna l’emancipazione e il divenire donna di Baby, emerge delicata una tenera storia d’amore senza tempo, senza età, sempre attuale. A questo punto, alzi la mano chi, trascinato dalle note di “Hungry Eyes, Do You Love Me?”, o “Cry To Me”, o ancora “These Arms of Mine” e “Hey! Baby” (coadiuvate da scene girevoli o da altri elementi d’arredo spostati a vista dagli stessi interpreti, dai costumi di Chiara Donati e dal disegno luci di Valerio Tiberi) non ha voglia di alzarsi e scendere in pista (pardon, in platea) e mettersi a ballare…

Elisabetta Dente

(Immagini di Cristiana Ferrari)