Nel Prologo, che ogni sera promette diverso, Stefano Massini, autore e interprete nonché regista di Mein Kampf da Adolf Hitler, racconta di come Emil Erich Kastner, già noto autore di libri per bambini popolati da storie fantastiche, ricche di mirabolanti avventure, che spesso amava raccontare in una libreria o in una biblioteca, lui che era un pacifista e un oppositore del regime nazista, in una sera del mese di maggio del 1933 fu costretto ad assistere con la forza al rogo di venticinquemila libri, tra i quali anche i suoi perché “contrari allo spirito tedesco”. E quando si rivolge a Goebbels per sapere cosa deve fare per restare in Germania si sente rispondere che deve smettere di scrivere, lui che è anche sceneggiatore e poeta. Ma non solo: come ulteriore condizione il regime gli impone di assistere al rogo di cento milioni di libri, seduto in prima fila a guardare. E da anziano non si stancava di ripetere che c’è bisogno di parole per capire e soprattutto di conoscenza per capire le parole. Le parole sono fatti, non solo inchiostro. Ogni cosa nasce sempre lì, dalle parole, insospettabilmente dalle parole. Quindi scegli, quando decidi, quali saranno le tue parole sul bianco del foglio. A questo punto, un rumore assordante chiude l’introduzione che ha avuto per protagonista il coraggioso Kastner, più volte arrestato e interrogato dalla Gestapo, e le luci si abbassano per lasciare illuminato solo un piatto rombo al centro del palcoscenico del Piccolo Teatro Strehler, dove lo spettacolo resterà in scena fino al prossimo 27 ottobre. Stefano Massini è identico a sé stesso, interamente vestito di nero, ma senza i famosi baffetti, oggetto spesso di caricature da cabaret. Per raccontare la lunga gestazione che dal 1919 al 1933 porterà il giovane Hitler da un reietto, da un non compreso, da un Pinocchio che resta un burattino alla consapevolezza demoniaca di possedere una natura indubbiamente superiore, Stefano Massini è partito, in quello che lui stesso ha definito il lavoro più complesso fatto finora dal punto di vista drammaturgico, dal primo MEIN KAMPF, interpolandolo con materiali tratti dai discorsi di Hitler, dalle conversazioni intrattenute a tavola, dalle prolusioni per l’apertura degli anni accademici. Dalle elucubrazioni mentali di quando Hitler viveva in un piccolo paese confinante con la Prussia avvertiamo come MEIN KAMPF sia un romanzo di formazione senza dimenticare, però, come ha sottolineato di recente il Professor Alessandro Barbero, che “è un caso più unico che raro in cui un intero progetto politico nasce da un libro”. Nel corso degli anni, fondamentalmente Hitler compone un’autobiografia nella quale spiega “come andò che io diventai chi sono, diventai qualcosa”, rivelando come possedesse già la capacità mitopoietica di trasformare le persone e di fare materiale politico di tutto. Massini prosegue nella sua riflessione sul libro maledetto, una delle presenze più innervanti della cultura del Novecento, gettando uno sguardo sulle molteplicità del nostro presente. E insiste sulla centralità delle parole, come ebbe a dire Luca Ronconi, quando alcuni anni fa suggerì ai suoi allievi uno studio proprio su questo testo, che allora era ancora proibito in molte parti del mondo. E quando nel 2016 MEIN KAMPF venne ristampato in Germania, il Governo tedesco decise che doveva essere accompagnato da un apparato critico che spiegasse e ricordasse al pubblico cos’era stato commesso. Massini si addentra sempre più pericolosamente nel labirinto hitleriano, senza però incastonarlo in precisi riferimenti a determinati momenti. E l’operazione dura di conoscenza non si ferma. La descrizione di come è nato il testo è il racconto lucido e appassionato del percorso seguito da Massini, qua e là supportato da intervalli musicali e da cambi di luce e da fogli, pagine e libri, una ricchezza inesauribile che deve infondere il coraggio di ascoltare se quelle pagine deliranti oggi fanno ancora effetto. Una sorta di vaccino in grado di sconfiggere il virus, i parassiti così capaci di insinuarsi negli organismi, la cancrena sociale. Calorosi e ripetuti gli applausi, mentre Massini ringrazia quanti hanno contribuito alla realizzazione di questo spettacolo, da Paolo Di Benedetto per le scene a Joanka Micol Medda per i costumi, da Manuel Frenda per le luci ad Andrea Baggio per gli ambienti sonori. Infine, chi ha prodotto lo spettacolo: il Piccolo Teatro di Milano e il Teatro Stabile di Bolzano, in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana.
Elisabetta Dente