“Dopo tanti anni non ho ancora capito se sono un radiofonico prestato al giornalismo o un giornalista che ama la radio”. Brianzolo di Vimercate, 57 anni il prossimo giugno, Luca Levati ha trascorso finora la gran parte della sua vita a Milano, dove dal 1978 svolge con ottimi risultati e grandi riconoscimenti la sua professione. Dal 1989 lavora a Radio Lombardia, dove due anni dopo diventa direttore responsabile della testata giornalista dell’emittente e due anni più tardi anche il direttore dei programmi e della programmazione musicale. E’ dunque un grande conoscitore del mondo radiofonico, costantemente invitato a tenere lezioni e a partecipare ad incontri sul tema. Ma il “Diretùr” (come lo chiamiamo affettuosamente noi amici e colleghi) non è soltanto (si fa per dire) un bravo giornalista esperto di radiofonia; è anche un vero esperto di Milano nel suo complesso. Proprio per questo gli abbiamo chiesto di rispondere ad alcune domande sulla nostra “meravigliosa” città.
Caro Luca, tu ormai, al di là delle tue origini lombarde, puoi essere considerato un milanese “honoris causa”, visto il costante e apprezzato impegno nei confronti di Milano. Sei una delle persone più adatte, quindi, a tracciarne un profilo, visto che la stai attraversando da molti anni…
“Milano è tornata ad avere il ruolo che le spetta, cioè quello di una delle capitali della cultura europea. Quest’aria la si respirava già tra gli anni ‘70 e ’80; poi però, nel decennio successivo, si è rinchiusa in un inspiegabile e ingiustificabile provincialismo. Una sensazione, questa, che mi provocava dolore, per come intendevo e vivevo Milano a quel tempo. “Milano vicino all’Europa”, cantava Lucio Dalla. Ecco, Milano è tornata “vicino all’Europa” e un po’ al centro del mondo. Ho parlato esclusivamente di cultura perché davo quasi per scontato che per innovazione, finanza, impresa, moda e commercio Milano ci fosse sempre stata”.
Com’è cambiata e come sta cambiando Milano, secondo te?
“La trovo viva, non a caso è la città ideale per i trentenni e i quarantenni. Come si dice oggi, una città “smart”. Credo che l’innovazione sia arrivata nel vivere quotidiano con benefici per tutti. Poi c’è questa nuova frontiera di Milano città turistica; dopo l’Expo di quattro anni fa è meta di moltissimi turisti che arrivano da tutto il mondo. Io stesso, in questi ultimi anni, ho imparato a girarla a piedi nel tentativo di scoprire le sue bellezze. Sì, perché Milano non è una città dalla bellezza sfacciata, è una città da amare per le sue storie, che trovi raccontate nei suoi quartieri, nelle sue strade, nei suoi cortili”.
Tu lavori nel mondo dell’informazione milanese, un osservatorio privilegiato sulla città. Ma è davvero privilegiato, questo osservatorio? Qual è, a tuo avviso, lo stato dell’arte, riguardo ai mezzi d’informazione locali? E quali contributi ha portato lo sviluppo della Rete e dei Social Network?
“Si, rimane un osservatorio privilegiato se non altro per le relazioni che questo lavoro permette di sviluppare. Il problema dell’informazione “locale” è che quello che avviene a Milano è spesso “nazionale”, o comunque anche a livello di laboratori di idee va spesso oltre il “locale”. Tra l’altro, sono ormai poche le radio e le tv del posto, per non dire dei giornali. Poi, definire locale una radio o una tv che trasmette per un territorio di nove milioni di abitanti è forse riduttivo. La Rete e i social network, infine, permettono spesso di raccontare e fare cronaca saltando l’intermediazione. Ma non è detto che sia sempre una cosa positiva”.
Milano ha sempre avuto un respiro più ampio dei suoi confini. Tutto quello che la riguarda interessa sia a livello nazionale che internazionale. Pensi che sia in grado, anche oggi, di interpretare questo ruolo? Oppure è stata “colonizzata”, nel senso che questo interesse esterno ha prodotto investimenti economici e finanziari che hanno portato imprenditori, finanzieri e banchieri ad impadronirsene?
“Oggi più che mai Milano è in grado di interpretare questo ruolo. E’ vero che le tradizionali famiglie della borghesia milanese sembrano aver “dismesso” i loro interessi, ma in realtà non è così. Milano, come il resto del mondo, vive i processi di mutamento dovuti alla globalizzazione, che spesso è anche finanziaria. Imprenditori, finanzieri e banchieri si sono impadroniti degli immobili, però Milano è fatta soprattutto dai milanesi, la differenza la fanno loro. Milano è stata trainante con l’Esposizione Universale e lo sarà anche (spero) con le Olimpiadi invernali del 2026”.
Che opinione hai del fenomeno dell’immigrazione a Milano?
“Milano è sempre stata una città aperta e come si usa dire oggi “inclusiva”. Penso alle ondate migratorie dal Sud Italia degli anni ‘60. Milano ci ha messo del tempo, ma ha integrato i nuovi arrivati. Lo stesso è successo con molte comunità straniere, basti vedere i dati relativi alle nuove imprese milanesi, che sono spesso di origini cinesi o egiziane. Io guarderei a questi numeri piuttosto che soffermarci a pensare che l’immigrazione sia un problema legato al tema della sicurezza. Milano detiene il record mondiale insieme a New York per quanto riguarda il numero dei consolati. Vorrà pur dire qualcosa”.
Per concludere, Luca. Come vedi il futuro di questa città, in relazione anche all’attuale situazione italiana e internazionale?
“Sono preoccupato perché mi pare che il Paese stenti e Milano può trainare fino a un certo punto. Credo che occorra che tutta l’Italia si dia una mossa; vedo un Paese al palo non solo per l’economia, ma proprio dal punto di vista culturale, dell’innovazione, della voglia di accettare le sfide e i cambiamenti. Prendi, ad esempio, la fattura elettronica, su cui non voglio entrare nel merito. Scopro che ci sono persone che hanno attività commerciali o professionali che nel 2019 non hanno una e-mail, o comunque non accedono normalmente alla Rete o alla tecnologia più semplice. Se le persone non cominceranno ad assumersi le proprie responsabilità, per quanto di competenza, il giochino di dare sempre la colpa agli altri ci porterà dritti verso il decadimento.
Meno male che comunque Milano c’è”…
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)