Sono le parole di Giacomo Matteotti a essere pronunciate per prime. Incisive, affilate, taglienti sono contenute in un brano del discorso di Giacomo Matteotti intitolato Socialismo e guerra, che vogliamo ricordare stasera (il 5 luglio scorso), in apertura di serata, ha sottolineato Emilio Russo, direttore artistico del Teatro Menotti e da sempre fedele a un’espressione di teatro civile, nel centenario della morte, quale ponte tra le generazioni. A leggerle, recitarle, interpretarle è Manuel Bonvino, giovane attore del Centro Teatro Attivo di Milano. Contro il militarismo e contro il soverchiante dominio delle classi dirigenti, verso l’auspicato trionfo dell’Internazionale. Ma è tempo di lasciare il respiro ad altri ritmi, ad altre sonorità concepite da quell'”artistone”, come ebbe a definirlo un giovanissimo Marco Mengoni, fresco vincitore di X Factor, nella sua partecipazione al Festival Gaber del 2011.
E qui, nell’austero Cortile d’Onore del settecentesco Palazzo Sormani, sono state due figure femminili, Andrea Mirò al pianoforte, già protagonista di precedenti excursus gaberiani del Teatro Menotti, e Milvia Marigliano, a interpretare in una serata omaggio a Giorgio Gaber nell’ambito della rassegna Teatro Menotti in Sormani dal titolo Un’idea, non solo psicologie femminili, ma tutti i profili del Signor G, con brani tatti da Far finta di essere sani e Libertà obbligatoria degli Anni Settanta, e da E pensare che c’era il pensiero degli Anni Novanta. Se potessi cantare, Signore delle Domeniche, prova a esserlo anche dei lunedì, Signore dei vincitori, prova a esserlo anche dei vinti. C’è una sottile malinconia che permea ogni parola ma che si fa sempre più lieve, sempre più impalpabile quando il maschio chiedendosi Chi sono? si risponde con ironia Non so. Un poeta? Sì, ma rivoluzionario. Io parlavo dell’impegno ideologico. “Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la rivoluzione. La schizofrenia emerge dagli anni affollati di qualsiasi forma di incapacità, anni che sbiadiscono ogni cosa, anni affollati da terapie disperate, senza dignità, ma per fortuna siete già passati”.
Andrea Mirò è padrona assoluta del pianoforte, Milvia Marigliano le si accosta per dare una sferzata ai tasti (e inconsapevolmente alle sue dita) per poi tornare rassicurata al suo leggio e al suo microfono. L’illogica allegria diffonde sulle verdi fioriere, unico arredo della scenografia essenziale di questa messinscena, un nuovo anelito come se improvvisamente ogni cosa si fosse appropriata del diritto di vivere il presente. “Per ora rimando il suicidio, faccio un gruppo di studio”. E qui emerge il fondo di ottimismo presente in Gaber, come nel verso della canzone Non insegnate ai bambini “Date fiducia all’amore il resto è niente”. Ma ecco la donna accanto all’uomo: vogliamo riuscire a penetrare nel mistero di un uomo e di una donna, continuare ad amare. E quel voler credere, difendere il principio che l’uomo e la donna sono destinati a diventare uguali.
Un omaggio a Giorgio Gaber ricco di emozioni e di un generoso bis finale.
Elisabetta Dente
(immagine di copertina Milvia Marigliano, immagine in evidenza Andrea Mirò)
Info: www.teatromenotti.org