Arrivano fortunatamente ancora buone notizie, dal fronte della guerra senza tregua fra il nostro complicato sistema fiscale e i contribuenti. L’ambito è quello della non imponibilità dei redditi dei dipendenti di ambasciate e consolati esteri nel nostro Paese. Il nuovo caso riguarda un funzionario del Consolato Generale brasiliano a Milano, avente anche cittadinanza italiana, destinatario, come molti altri colleghi, di alcuni avvisi di accertamento, attraverso i quali la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate del capoluogo lombardo contestava l’omessa dichiarazione dei redditi e accertava maggiori imposte Irpef, con relative addizionali. Il contribuente ha proposto ricorso davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, contestando la fondatezza della pretesa erariale e sostenendo che i redditi erogati dal Consolato fossero esenti da tassazione ai sensi dell’art. 49 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari e in virtù di quanto disposto dal Ministero degli Affari Esteri – Cerimoniale II, con nota n. 022/4419 del 4 maggio 1998. L’organismo fiscale territoriale, con una sentenza depositata il 15 giugno dello scorso anno, ha accolto in via definitiva il ricorso, riformando integralmente, per l’effetto, la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale del 16 giugno 2021, che aveva respinto le contestazioni del funzionario brasiliano, condannandolo anche alla rifusione delle spese di lite, che la Commissione Regionale ha invece annullato. In anni recenti, i dipendenti di consolati e ambasciate estere in Italia sono stati destinatari di una lunghissima serie di accertamenti, da parte del Fisco, riguardanti, appunto, la presunta imponibilità dei redditi percepiti. E ad assistere con successo i malcapitati, che si sono ritrovati a dover pagare le tasse due volte, sia nel proprio Paese sia nel nostro, è stato quasi sempre lo studio fiscale e tributario milanese Orsini Tax Legal.
“Queste sentenze sono molto importanti”, chiosa Angela Orsini, titolare dello studio, “perché affermano la non imponibilità ai fini dell’Irpef di questi redditi, al ricorrere, ovviamente, di determinati requisiti, da parte del contribuente. Che, è bene ricordarlo, per difendersi deve farsi carico degli oneri derivanti da un contenzioso, con tutta l’incertezza dell’esito. E non si comprende, francamente, questo improvviso accanimento del Fisco italiano, dal momento che fino ad oggi i redditi erogati dalle rappresentanze estere presenti sul nostro territorio sono stati esentati dalle imposte. La questione, tuttavia, necessita di essere regolamentata quanto prima dall’alto, a livello politico tra i Paesi interessati”.
PER INFORMAZIONI:
www.orsinitaxlegal.com