Promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Arthemisia, è sbarcata a Milano la mostra battezzata semplicemente “Monet”. Curata da Marianne Mathieu, l’esposizione è realizzata in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi (da cui proviene l’intero corpus di opere) e l’Académie des beaux-arts – Institut de France. La rassegna rientra nel progetto museologico ed espositivo “Musei del mondo a Palazzo Reale”, nato con l’intento di far conoscere le collezioni e la storia dei più importanti musei internazionali. Ad attendere il pubblico ci sono 53 opere del Maestro dell’Impressionismo, tra cui le sue Ninfee (1916-1919), Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi (1905) e Le rose (1925-1926), la sua ultima e magica opera. Un prestito straordinario, non solo perché riunisce alcune delle punte di diamante della produzione artistica di Monet, ma anche per l’enorme difficoltà di questo periodo nel far viaggiare le opere da un paese all’altro. Una mostra che si annuncia, in ogni caso, come un successo, in un periodo segnato dall’introduzione del Green Pass per accedere nei luoghi al chiuso. Occorre infatti ricordare che l’ultimo evento che ha visto protagonista Monet durante l’estate, subito dopo il lockdown, fece scalpore. La mostra “Cinque minuti con Monet. A tu per tu con le Ninfee”, organizzata a Genova – dal 12 giugno al 23 agosto 2020 – da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e Arthemisia, è stata un’esperienza estetica immersiva ed emozionante, che ha trasformato il distanziamento sociale in un’opportunità unica: restare da soli per cinque minuti, appunto, con una delle opere più straordinarie dell’artista francese. Oggi, invece, nelle sale di Palazzo Reale non ci sono più limiti di tempo per ammirare le opere che impreziosiscono il percorso cronologico, che ripercorre l’intera parabola artistica del pittore impressionista, letta attraverso le opere che lui stesso considerava fondamentali, private, tanto da custodirle gelosamente nella sua abitazione di Giverny. Opere che non volle mai vendere e che ci raccontano le più grandi emozioni legate al suo genio artistico. Sempre in tema di numeri, in epoca pre-Covid, in 227 giorni di apertura, con una media di 2.000 ingressi giornalieri, venne raggiunto il record di 468.479 visitatori. Sono questi gli strabilianti numeri della mostra che venne dedicata ai capolavori di Claude Monet provenienti dal Musée Marmottan di Parigi, che si svolse a Roma nel 2018, negli spazi dell’Ala Brasini del Complesso del Vittoriano. La rassegna, che si è appena aperta a Milano e che chiuderà il 30 gennaio 2022, potrà quindi essere facilmente ricordata come l’evento che ha sancito la ripresa della nostra città, dal punto di vista artistico e culturale. Il Musée Marmottan Monet (la cui storia è raccontata nel percorso della mostra) possiede il nucleo più grande del mondo di opere di Monet, frutto di una generosa donazione di Michel, suo figlio, avvenuta nel 1966 verso il museo parigino, che prenderà proprio il nome di “Marmottan Monet”. Suddivisa in sette sezioni, l’esposizione milanese introduce quindi alla scoperta di opere chiave dell’Impressionismo e della produzione artistica di Monet sul tema della riflessione della luce e dei suoi mutamenti nell’opera stessa dell’artista, l’alfa e l’omega del suo approccio artistico. Dando conto dell’intero excursus del maestro transalpino, a partire dai primissimi lavori che raccontano del nuovo modo di dipingere “en plein air” e da opere di piccolo formato, si passa ai paesaggi rurali e urbani di Londra, Parigi, Vétheuil, Pourville e delle sue tante dimore. Chi entra a Palazzo Reale entra nel mondo di Monet anche grazie a una videoinstallazione che immerge il visitatore nei colori dei giardini di Giverny, perfettamente riprodotti. La mostra poi prosegue introducendo i visitatori in una sala, allestita con mobili originali del periodo napoleonico, che vuole essere un omaggio a Paul Marmottan, il fondatore del Musée Marmottan Monet. Sala dopo sala, Monet affascina con le sue corpose, ma delicatissime pennellate e con quella luce talvolta fioca e talvolta accecante, che ha reso celebri capolavori come Sulla spiaggia di Trouville (1870), Passeggiata ad Argenteuil (1875) e Charing Cross (1899‐1901), per citarne alcuni. Ma non solo. Verdeggianti salici piangenti, onirici viali di rose e solitari ponticelli giapponesi, monumentali ninfee, glicini dai colori evanescenti e una natura ritratta in ogni suo più sfuggente attimo…
Stefania Chines