L’anno scorso svolsi ricerche approfondite sulla cosiddetta “Peste di San Carlo”, cioè la pestilenza che si abbatté su Milano fra il 1576 e il 1577 facendo 17mila morti: una strage, soprattutto se si considera che la popolazione della città a quei tempi non superava i 150mila. In sostanza, morì più di uno su dieci. I mezzi con cui si cercò d’arginare il virus non furono diversi dagli attuali. Mascherine e distanziamento prima, confinamento poi. Durò cinque mesi, dal 29 ottobre al 24 marzo. E alla fine, si colse l’obiettivo dei contagi zero. Da quel momento partì quella che oggi chiameremmo “fase 2”, e fu una delle più feconde e ardite nella storia di Milano. Pur senza alcuna garanzia dell’estinzione del morbo, i milanesi si rimboccarono le maniche, consci di un dettaglio che oggi pare sfuggire a tanti: che cioè a un nuovo confinamento nessuno sarebbe sopravvissuto, perché l’economia (o come la si chiamava allora) avrebbe smesso di girare. Per cui, anziché attendere la pietra tombale, decisero di recuperare il tempo e l’entusiasmo perduti. I risultati? Fu proprio durante questo periodo che il Duomo venne inaugurato. Era il 27 novembre 1577, due mesi prima della dichiarazione di fine epidemia. Incredibile, vero? Ora immaginate l’effetto che mi fa il lassismo di quanti predicano morte e arrendevolezza, soprattutto al pensiero che questo è il momento giusto per agire. Un momento d’orgoglio e creatività dopo una fase epica, che può liberare energie a iosa. Comprendo la paura. L’avevano anche i milanesi del 1577. Ce l’ho anch’io, che parlo tanto d’ottimismo, ma non per questo mi fermo, né tarpo le mie energie con pensieri distruttivi. Gli ingredienti sono due: fiducia e fantasia. Fiducia nella possibilità dell’Italia di tenere il virus per sempre a distanza di sicurezza, e, in conseguenza di ciò, fantasia nel costruirsi una libertà diversa, fatta di prevenzione sì ma in primis di progettualità. Siamo chiamati alla scelta suprema fra morte e vita, fra angoscia e sereno cimento. Io non ho dubbi su quale strada imboccare.
E voi?
Stefano Ferri (giornalista e scrittore)