Anna “Annina” Lorenzi nasce a Milano, in un piovoso lunedì mattina del 26 ottobre 1981. E nella nostra città cresce e continua a vivere, coccolata dalla sua splendida famiglia d’origine e dai suoi amici più cari. Coltiva molte passioni come la scrittura, la musica, i motori… “Dapprima su due ruote”, racconta, “con i possenti bicilindrici americani delle Harley-Davidson, per poi lasciarmi col tempo affascinare dai rombanti V8 e in generale da tutti i veicoli, soprattutto quelli vintage. Passioni a cui se ne sono aggiunte altre, come il viaggiare (preferibilmente negli Stati Uniti), picchiare le bacchette sulla mia Gretsch, sporcarmi le mani di grasso e vernice restaurando auto d’epoca, l’amore per i miei cani (membri a tutti gli effetti della famiglia), la cura delle mie piante, del mio giardino e della mia collezione di bonsai, la fotografia. Passioni che cerco di coltivare come e quando posso, ma che mai saprò davvero abbandonare”. Dal punto di vista lavorativo ha fatto un po’ di tutto, dalla pony express alla lavapiatti, dalla barista e cameriera in un pub a scrivere per riviste e blog, dal vendere merchandising ai concerti al tentare di guadagnarsi da vivere proponendo la pubblicazione dei suoi racconti o romanzi, fino ad arrivare, nel 2009/2010, a fondare con degli amici una società in Austin, Texas – A&M Garage LLC, che opera su più continenti nel settore dei veicoli d’epoca – società di cui possiede i trademark americani ed europei e per cui svolge un’attività di consulente con un contratto esclusivo.
Anna, hai appena scritto un libro dal titolo “Incontrando Laura”. Ce ne vuoi parlare, in attesa di incontrarci in una presentazione reale e non virtuale? Già, perché al momento siamo ancora agli albori della Fase 2 dell’Emergenza Coronavirus. Direi di partire proprio da qui: cosa ne pensi? Come l’hai vissuta e come la stai vivendo?
“Incontrando Laura – Un romanzo liberamente e in parte ispirato alla vita di…” è il mio ultimo progetto di narrativa, il primo che ho deciso di autopubblicare in modo professionale, ma del tutto indipendente: è uscito lo scorso 19 maggio su tutti gli store Amazon, in formato tascabile ed eBook (Kindle), in versione italiana e inglese, grazie al fantastico lavoro della mia traduttrice e ormai amica, Starleen K. Meyer. Parlando di questa emergenza sanitaria, posso dire che sicuramente è una situazione da non sottovalutare abbassando la guardia, né oggi né domani. Vanno rispettate le regole. E’ un’emergenza che ha avuto e che avrà gravi ripercussioni ovunque, sotto molti punti di vista. Ripercussioni che mi auguro possano essere affrontate nel miglior modo possibile e con intelligenza sia da parte dei cittadini sia da parte di tutti gli Stati. Personalmente, il lockdown mi ha dato modo di avere più tempo da dedicare al mio libro. Certamente, non posso dire che sia stato e che sia ancora adesso un periodo rilassante, ma lavorando già di norma da casa e uscendo quasi esclusivamente nel mio giardino rientro di sicuro tra le persone che meno hanno accusato il colpo”.
Ci puoi svelare la trama del libro? Senza spoilerare il finale ovviamente, anche se sono davvero curiosa di sapere chi è Laura…
“Il romanzo racconta di un giovane scrittore, del suo sogno, delle sue idee per un mondo migliore, del suo inaspettato viaggio per raggiungere New York City e lo studio della musa ispiratrice del manoscritto che lui stesso ha appena realizzato e della vita di questa donna che così tanto ha affascinato il mio protagonista. Un viaggio reale, intensamente vissuto in ogni suo attimo, ma anche un viaggio “narrato tra pensieri, ricordi, emozioni e nitide immagini raffiguranti lei, Laura, proprio quella stessa Laura che tutto il mondo acclama e conosce (o forse no?)”, per citare la quarta di copertina. Ammetto che in molti sono curiosi di sapere chi è Laura e questo non mi sorprende. Per non spoilerare alcunché ti posso dire quello che ho risposto in un Q&A realizzato con domande di alcuni follower del mio blog (annina19.com): Laura è una persona che esiste ma non esiste. Laura è un’idea ben definita di un certo tipo di donna (potrebbe chiamarsi con qualunque nome, per intenderci). Laura è “la Laura” del mio romanzo: un personaggio di fantasia del racconto, musa del protagonista, che in parte è stata creata prendendo ispirazione da una Laura esistente e che ovviamente non è lei: la ‘mia Laura”’ non vive nella realtà. E poi, sì, c’è una ‘Laura reale’ e si chiama Laura Prepon, famosa ed eccellente attrice, regista e scrittrice americana, che mi ha colpito per quello che riesce a trasmettere di sé, quello che sembra davvero essere non tanto (e non solo) per quello che fa, ma per come lo fa. Mi è sembrata una di quelle persone che nella vita scelgono di seguire la loro strada con coraggio, determinazione e coerenza, rimanendo sempre sé stesse e cercando di fare al meglio la loro parte nel mondo, qualsiasi essa sia, senza finzioni e ruoli forzati, per loro e per gli altri, con cuore, anima e cervello. Una persona, quindi, da cui prendere esempio e anche ispirazione. Ed ecco perché ho voluto mantenere il nome ‘Laura’ nel romanzo: il libro vuole anche essere un affettuoso omaggio nei suoi confronti e in quelli di tutte le donne come lei”.
Tu sei nata a Milano da genitori nati a Milano. Cosa ami maggiormente della nostra città? E cosa invece ti infastidisce?
“Devo ammettere che con Milano ho un rapporto un po’ di amore e odio. Milano sa essere splendida, affascinante, piena di luoghi e angoli meravigliosi, centro di importanti eventi e di vita, sa essere sicuramente una primadonna, una signora, per moltissimi aspetti, anche a livello internazionale. Però Milano è anche quella del traffico congestionato, di tante strade troppo poco pulite (e troppo sporcate), del verde spesso curato più a parole che a fatti, dei tram che non arrivano, dei parcheggi che non si trovano, di ancora troppe persone intolleranti e con poco senso civico. Sono i tipici problemi di una grande metropoli, che spesso però non riescono a farti godere di tutti i tesori che Milano possiede. E’ come se la frenesia e questa parte di quotidianità che la riguardano riuscissero a coprire con un velo opaco tutto il bello che la città ha indubbiamente da mostrare, ai milanesi e ai turisti”.
Nel libro il protagonista parte da Malpensa e arriva a New York. Sei molto legata alla Grande Mela?
“Sì, così come ad altre città americane. Sono molto molto legata agli Stati Uniti in generale e ancor di più sono legata al Texas, in particolare ad Austin.
Sicuramente anche la situazione negli Stati Uniti non è facile, anzi. Ci sono realtà difficili e complicate, che sono state maggiormente colpite da questa pandemia. Anche lì ci sono persone che improvvisamente si sono trovate a vivere nell’incertezza sia per l’oggi che per il futuro, altre che – sbagliando – prendono alla leggera la situazione, come altre ancora che si impegnano tutti i giorni per il bene della comunità. Ci sono locali che non riapriranno e ci sono imprenditori che riusciranno ad andare avanti. In questa storia ci siamo dentro tutti, chi più chi meno, ma nessuno escluso”.
Non che nel resto del mondo la situazione sia molto diversa da quella che sta vivendo New York… Secondo te Milano tornerà a essere la meravigliosa città che era prima della pandemia?
“Voglio proprio sperare di sì. Mi auguro davvero che la situazione che stiamo vivendo possa passare presto e che si possa riconquistare con serenità quella gioia che si prova per le piccole cose che abbiamo sempre dato per scontato (vedersi, abbracciarsi, viaggiare…), la stessa che si dovrebbe avere nella quotidianità di tutti, inclusa in quella di coloro che adesso si trovano a vivere situazioni davvero difficili e dolorose. Però per riuscirci, ora forse più che mai, serve impegno, onestà e senso civico. A mio avviso, i milanesi devono pensare alla propria città come a una collettività, non possono e non devono pensare solo a sé stessi e al loro microcosmo. Come dicevo prima, non dobbiamo e non possiamo abbassare la guardia adesso perché tornare indietro sarebbe disastroso”.
Da dove nasce la tua passione per la scrittura? Cosa pensi del settore dell’editoria?
“La mia passione per la scrittura credo sia qualcosa di innato, che ho sempre avuto. Sin da piccola mi piaceva raccontare storie, narrare quello che vedevo attorno a me e non solo. Ho sempre scritto, sia per passione che per lavoro, magari con alti e bassi, ma non ho mai smesso e non credo potrei mai farlo. Scrivere è il mio modo primo di comunicare, è una sorta di esigenza ed è anche qualcosa di molto intimo per certi aspetti. Con l’editoria ho un rapporto piuttosto ostico, anche a causa di passate esperienze non proprio positive. Penso che mai come oggi in questo settore (come in quello dell’editoria musicale) manchi l’intenzione e forse in parte la possibilità di investire realmente sui giovani. Si guardano i risultati in termini numerici e coi numeri si valutano gli artisti, che vengono presi in considerazione o meno proprio in base alle cifre che loro stessi devono aver già prodotto. Non lo trovo del tutto giusto, come non tollero quelle case editrici che pubblicano solo dietro compenso. D’altro canto è anche l’epoca del self-publishing e del “chiunque può essere scrittore” con milioni di titoli pubblicati su store come Amazon. E’ bello, ma credo che si dovrebbe prestare più attenzione alla qualità e all’onestà di opere e progetti prima di pensare alle vendite e prima di pensare di pubblicare qualcosa”.
Come vedi il tuo futuro? Ha un sogno nel cassetto?
“Il mio immediato futuro lo vedo, come sempre, dietro allo schermo del Mac a lavorare alla sponsorizzazione del mio libro, al mio blog e anche alla mia occupazione di consulente. Credo però che non farò passare molto tempo prima di iniziare un nuovo romanzo, magari un seguel o un prequel, oppure qualcosa di completamente differente, vedremo. Di sogni e progetti per fortuna ne ho tanti. Ora come ora ti direi quello di riuscire a vedere “Incontrando Laura” e/o “Meeting Laura” tra i bestseller del momento”…
Stefania Chines