Ho il privilegio e la fortuna di essere suo amico, ricambiato nell’affetto e nella considerazione. In ognuno degli ambiti in cui lavora aiuta le persone a scoprire il meglio di sé e brillare della loro luce naturale, risolvere disagi relazionali e conflitti con se stessi e con gli altri, comunicare efficacemente, gestire le emozioni, orientarsi nella vita. Manager, Trainer e Coach per UniCredit, Roberto Henry Massaron, 52 anni, di padre milanese e di madre inglese, è un apprezzato e richiestissimo Life Counselor, accreditato presso l’Istituto di Intelligenza Sistemica Modelli di Comunicazione di Milano, nonché (da appassionato tanguero) Trainer per gli aspetti psicologici del Tango Argentino. Nella chiacchierata che abbiamo fatto, riguardo all’Emergenza Coronavirus, sono emersi spunti di riflessione davvero interessanti per ragionare in maniera più approfondita di tutto quello che ci sta accadendo dal punto di vista psicologico. “Caro Ermanno, la situazione attuale è ancora difficile”, esordisce Roberto Massaron. “È vero che c’è un calo generale dei contagi e delle vittime, ma non si intravvede ancora un vero ritorno alla normalità. È stato fatto tanto e sia i milanesi che i lombardi hanno pagato un prezzo altissimo, sacrificando tante, troppe persone anziane. Siamo stati quasi tutti colpiti, direttamente o indirettamente, da questa grande sciagura. Dopo un primo momento in cui inevitabilmente qualcuno non aveva capito ciò che stesse accadendo la reazione complessiva è stata di grande disciplina, senso di responsabilità, solidarietà e molto eroismo da parte di alcune categorie in particolare. Quello che è accaduto e sta accadendo può essere osservato da molti punti di vista e sta a noi scegliere quale adottare. Io scelgo quello che mi fa stare meglio. In fondo, non fa nessuna differenza: la realtà dei fatti non cambia. Per me, il segreto della felicità è essere grati per ciò che abbiamo o ci è rimasto”.
Quindi, i comportamenti complessivi degli italiani (e in particolare dei milanesi e dei lombardi) finora sono stati buoni. Ma possono ancora migliorare?
“Abbiamo retto l’urto di un demone microscopico, però estremamente letale, non solo per la salute fisica, ma anche per quella psichica ed economica. Dobbiamo continuare così, con grande resilienza, con la schiena dritta e la grande dignità che ci contraddistingue come popolo. Tutti i lombardi avranno un ruolo importante nella ripresa economica del Paese. L’orgoglio di città come Bergamo e Brescia dovrà essere d’esempio e anche Milano, ovviamente, farà la sua parte, come sempre”.
Parliamo di quarantena, in tutte le possibili sfaccettature. Quali sono state e quali sono ancora adesso, secondo te, le reazioni più comuni a questa costrizione?
Questa quarantena ha messo a dura prova le persone. Le reazioni più comuni sono state paura, ansia, senso di smarrimento, impotenza di fronte agli eventi e depressione. Con un gruppo di Counselor ci occupiamo di dare gratuitamente ascolto alle persone che sono in difficoltà e questi sono i temi che emergono più di frequente. Tutto quello che già esisteva nella mente delle persone si è come amplificato e alcuni pensieri, che prima tenevamo sotto controllo con l’iperattività, si sono messi ad urlare nel silenzio delle interminabili giornate. Alcuni suoni in particolare hanno risvegliato antiche paure, come la sirena delle ambulanze. E poi la tragedia delle perdite dei posti di lavoro, che ha costretto le persone a compromessi che in alcuni casi sono stati veri e propri sacrifici. Quello che dico sempre alle persone è che quello che stiamo attraversando è soltanto un momento della nostra vita e che questa brutta faccenda non metterà in nessun modo in discussione il nostro valore o la nostra dignità. Questa esperienza potrà aiutarci ad osservare ed accettare le nostre fragilità. Molto spesso andiamo avanti per tutta la vita cercando di nascondere a noi stessi e agli altri la nostra vulnerabilità. Ben venga che ora sia emersa: accogliamola, abbracciamola, respiriamola e lasciamo che gli altri la vedano. Ne usciremo molto più forti”.
Ci sono persone che non hanno retto alla solitudine o all’angoscia della situazione economica incerta molto di più che al pericolo di uscire e ammalarsi. C’è chi è arrivato a suicidarsi. Come spieghi questi fenomeni?
“In alcuni casi il disagio raggiunge picchi estremi. Non dovrebbe accadere. Nessuno deve essere lasciato da solo. Anche questo ci insegna qualcosa. La rete di sostegno per evitare i suicidi doveva essere già esistente e collaudata. Mi riferisco, per esempio, alla figura dello Psicologo di base (così come c’è il Medico di base), che era allo studio, ma non è ancora stata realizzata. È giunto il momento. Solo una rete capillare e sistematica di aiuto psicologico può prevenire il ripetersi di questi episodi. E poi c’è un tema molto importante: la mia impressione è che molti di noi siano ancora nella fase di shock, con il conseguente blocco delle emozioni. Quando usciremo da questa fase ci potrà essere un rilascio repentino dello stress accumulato, mettendo a dura prova la tenuta psichica ed il sistema immunitario, con ricadute che potranno essere a medio e lungo termine. Per non parlare di tutti coloro che hanno combattuto in prima linea e che potrebbero aver bisogno di aiuto esattamente come chi combatte una guerra. Le figure professionali che operano nella relazione di aiuto dovranno dare tutte il loro contributo. Non ci dovrà più essere divisione o ghettizzazione: ognuno darà tutto l’amore che può e che è tenuto a dare”.
Per contro, ci sono state persone che sono sembrate indifferenti ai pericoli e non hanno rinunciato, per esempio, ad andare a correre. Come giudichi questi atteggiamenti?
“Mi è costato tanto tempo e tanto lavoro imparare a non giudicare. In alcuni Paesi andare a correre è stato permesso e sono dell’opinione che rimanere chiusi in casa abbia notevolmente messo a repentaglio la salute psicofisica di tanti. Nel rispetto delle regole ho avuto anch’io il bisogno di fare lunghe passeggiate attorno all’isolato”.
Per tutti noi questa esperienza è stata una “prima volta”. Quanto ha influito e influisce il fatto di essere il popolo di un Paese (e dei cittadini, nel caso di Milano) in cui il benessere è diffuso e quindi poco (o per niente) abituato a confrontarsi con difficoltà di questo tipo?
“L’essere abituati ad avere tutto ci ha dato un forte contrasto percettivo. In particolare, noi italiani abbiamo il Paese più bello del mondo, una Sanità pubblica che con tutti i suoi limiti molti ci invidiano. Abbiamo i mari, le montagne, i laghi, città meravigliose, un popolo caldo ed accogliente, eppure non siamo mai paghi. Non diamo valore a quello che abbiamo e vogliamo sempre di più. Ora che quello che avevamo è venuto a mancare siamo diventati consapevoli di quanto avevamo. Beh, non l’abbiamo perso. Tornerà. Ma quando torneremo a poterne godere, ricordiamoci di guardare con stupore ogni alba, inebriamoci dell’odore del mare, godiamo della pace dei nostri laghi, camminiamo in modo consapevole in montagna, esprimiamo gratitudine per la salute che abbiamo e sopra ogni cosa ringraziamo. La gratitudine può letteralmente salvarci. Ogni mattina, appena svegli, dovremmo passare alcuni minuti a ringraziare Dio (ma può essere Buddha, l’Universo, Allah, Krishna, quello che vogliamo) per tutti i doni che abbiamo ricevuto e che stiamo ricevendo, prima di tutto la vita. Questa pratica mattutina libera moltissime energie e ci permette di valorizzare ciò che abbiamo, rendendolo ancora più bello se ne abbiamo cura. Ecco cosa dobbiamo fare: noi dobbiamo solamente avere cura di questa meravigliosa Italia”.
E invece quanto ha contribuito ad alleviare le sofferenze, sia individuali che collettive, il fatto di vivere in piena era tecnologica, con moltissimi strumenti di comunicazione a disposizione per superare le barriere fisiche e connettere comunque le persone fra di esse?
“L’era della tecnologia è stata molto d’aiuto anche se ha emarginato ancora di più chi non ne ha accesso con facilità. Questo è un altro di quegli ambiti in cui dobbiamo accelerare il processo di sviluppo. La digitalizzazione del Paese è un dovere improcrastinabile. Questa modernizzazione deve, però, andare di pari passo con il risveglio delle coscienze. Il mondo digitale, in particolare quello dei social network, ci espone a numerosi pericoli, tra i quali spiccano la tutela della privacy e la manipolazione delle masse. Dobbiamo sviluppare senso critico e autostima e tornare a leggere tanti bei libri”.
Per concludere, Roberto: Come vedi il futuro prossimo italiano e di Milano, quando questa storia finirà?
“Penso che avremo due possibilità: rimuginare su ciò che è avvenuto, continuando ad investire energia in tal senso, oppure assumerci la responsabilità di poter diventare artefici di un cambiamento del livello di coscienza, trasformando quello che è accaduto in un’opportunità. Dovremo scegliere se tornare alla frenesia e alla distanza (quella intangibile, fatta di assenza emotiva) o cominciare tutti a farci guidare dal cuore. Questa strada richiede molto coraggio, ma a noi italiani (e ai milanesi in particolare) certamente non manca”…
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)