Con Giovanna Ferrante avrei immaginato di parlare di tutto, tranne del drammatico momento che la nostra amatissima Milano sta vivendo oggi. Perché poter dialogare con una donna e una collega del suo valore è una straordinaria occasione di incontro, di scambio di vedute e di miglioramento soprattutto culturale, oltre che una bella riscoperta di umanità, ultimamente purtroppo virtuale. Ma analizzare insieme, seppur brevemente, la situazione attuale, è inevitabile, prima di affrontare qualsiasi altro argomento. “Che cosa dire di un periodo drammatico e difficilissimo come questo?”, esordisce sospirando Giovanna. “Città e nazioni travolte, sgomente e paralizzate da un nemico maligno e invisibile, sconosciuto e altamente letale. Questo, almeno, in un primo tempo. Poi tutte hanno cominciato a reagire, a mettere in campo il sapere della Scienza insieme all’aiuto di molti, negli ambiti più diversi. E anche Milano sta lentamente ritrovando la sua forza, quella che le ha consentito sempre di rialzarsi e fronteggiare le epidemie che pure l’hanno colpita atrocemente, nel corso dei secoli. Io credo in una Milano pragmatica, che certo ora non vediamo perché davanti agli occhi, oltre le nostre finestre, abbiamo vie e piazze deserte, surreali come i quadri di De Chirico. Ma la forza, appunto, fermenta, così come l’aiuto reciproco, la solidarietà fra inquilini di uno stesso condominio, le telefonate che ci scambiamo e che spezzano la solitudine”.
Sul fronte della comunicazione cittadina sono stati commessi molti errori?
“Non parlerei di errori, sottolineo quella che secondo me è stata latitanza informativa. Non è mai buona cosa far prevalere il panico, questo è certo, ma il rigore non credo si debba riservare solo alle misure restrittive. Ritengo che se si fosse accentuata l’informazione sulla gravità del contagio che il virus avrebbe potuto generare, da subito si sarebbe innalzata la barriera della difesa personale”.
I comportamenti complessivi dei milanesi finora sono stati buoni o possono ancora migliorare?
“No, i comportamenti di una parte per fortuna minima di milanesi inizialmente non sono stati adeguati. Lo hanno constatato le Forze dell’Ordine, più drammaticamente lo abbiamo valutato vedendo la spaventosa crescita dei contagi. Troppe le persone in giro, troppa mancanza di rispetto delle regole. E aggiungo io, un accentuato senso di invulnerabilità. Esci perché tanto non capiterà proprio a te? Esci perché in casa ti annoi e vuoi respirare passeggiando? Benissimo, l’alternativa alla protezione della quattro mura domestiche potrebbe diventare la terapia intensiva: se sei miracolato esci guarito, altrimenti esci in un altro modo”…
Entriamo nel merito dei provvedimenti presi dalle autorità nazionali, regionali e cittadine. Da donna meneghina di cultura che opinione hai al riguardo?
“Non mi occupo di politica e non ho alcuna autorità in merito. Comprendo la difficoltà enorme di gestire una situazione mai affrontata e con aspetti così gravi e giganteschi, però mi sarei aspettata un coordinamento dei provvedimenti. Governo, presidenti di Regioni, Sindaci, tutti insieme a definire un progetto preciso con l’esposizione chiara degli impegni, delle strategie, delle regole. Perché lungo il cammino non si venissero a creare differenze nell’affrontare l’emergenza, confusione di idee, dilemmi paralizzanti. Pur senza rinnegare le dissimili condizioni di base”.
Meneghina doc, “innamorata della sua città” (per sua stessa definizione), giornalista, scrittrice e storica di Milano, Giovanna Ferrante ha compiuto finora un percorso professionale davvero ammirevole, permeato di cultura milanese (e non solo). Autrice e conduttrice anche di trasmissioni radiofoniche (dai microfoni della storica emittente locale Radio Meneghina), ha ideato rubriche settimanali dedicate a Milano, oltre a interviste e recensioni di libri. E’ attivamente impegnata nella promozione della Storia milanese e dei personaggi che l’hanno attraversata mediante incontri, conferenze e naturalmente attraverso la sua interessante produzione letteraria. Ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti (tra cui l’Ambrogino d’Oro, nel 2007) e ha dato vita a diverse associazioni e fondazioni a scopi benefici, tra cui la Fondazione Renata Quattropani (nel ricordo della madre, per la ricerca sulla leucemia linfatica cronica) e il Fondo Vasco Ferrante (dedicato al padre e che sostiene la formazione e l’avvio dei giovani alla professione artigiana del meccanico di automobili). Insomma, Giovanna rappresenta una vera e propria memoria storica della nostra città, attenta osservatrice dei continui cambiamenti di cui Milano è protagonista da sempre.
“Sì, Milano è splendida, caro Ermanno. Per te è meravigliosa e per me, invece, è splendida”, sorride. “Questo lo dice il mio cuore e lo sostiene anche la mia ragione. Perché tiene stretto il prezioso patrimonio del suo passato ed è straordinariamente lanciata nel futuro. I monumenti, i palazzi storici… Un esempio fra tutti: Palazzo Marino. E’ il centro dell’amministrazione cittadina, ma è anche la memoria nella pietra di Tommaso Marino, l’uomo più ricco del suo tempo, che lo volle costruire per sé e per la sua famiglia con lo smisurato orgoglio di innalzare in Milano quello che secondo le sue parole sarebbe stato “il palazzo più bello di tutta la cristianità”. E la nipote di Tommaso ci porta dentro le pagine di Alessandro Manzoni; il suo nome è Marianna de Leyva, ma tutto il mondo la conosce come la Monaca di Monza. Il “Don Lisander”, come lo chiamavano e lo chiamano ancora oggi affettuosamente i milanesi, che ritroviamo poco lontano, nel Palazzo di via Morone. O ancora Palazzo Bocconi, emblema del lavoro. E a Milano la dedizione al lavoro, è ormai noto, scorre nelle vene. I Bocconi, due fratelli che iniziano a lavorare con una bancarella di tessuti e cerniere, aprono poi bottega e dal loro impegno costante, dall’ingegno, dal saper fare, arrivano alla Rinascente. E uno dei due fratelli, colpito dal lutto devastante della morte del figlio, trasforma il suo dolore in un progetto che darà un futuro di cultura e di preparazione alle generazioni che verranno: l’Università Bocconi. E arriviamo al presente”, continua con entusiasmo la Ferrante. “Milano che lancia la sua sfida con le arditissime realizzazioni architettoniche, molte delle quali hanno ricevuto importati riconoscimenti anche dall’estero. Ed EXPO, che ha moltiplicato all’infinito i successi delle edizioni delle Esposizioni del 1881 e del 1906 e ci ha consegnato infine una città internazionale, vitale, propositiva, carica di energia, pronta a uno straordinario futuro. Finalmente si è esportata la vocazione di Milano quale città turistica e città d’arte, per la sua molteplice offerta, appunto, artistica e culturale. E naturalmente, non per ultimo, per l’aspetto enogastronomico, meneghino e lombardo insieme. Ora però”, conclude con po’ di tristezza la sua appassionata descrizione di Milano, “ci troviamo drammaticamente in un tempo sospeso”…
Cosa pensi del fenomeno dell’immigrazione a Milano? E’ stato gestito finora nel modo migliore o ci sono ancora margini di miglioramento?
“E’ un argomento su cui non si può minimizzare. Ritengo che abbia dominato un binomio, quello psicologico e quello politico; da un lato la paura dello sconosciuto che penetra nel tessuto sociale e dall’altra l’accettazione incondizionata, innalzando il buonismo come una bandiera da sventolare con orgoglio. Rileggere la Storia e riscoprire Alessandro Magno potrebbe offrire riflessioni capaci di migliorare la gestione del problema. Fu un conquistatore, ma anche un fine diplomatico, in grado di fondere e amalgamare le culture e le abitudini di vita in un’autentica convergenza, che anche oggi potrebbe dare forma a una effettiva convivenza”.
Un’ultima domanda, Giovanna. Il 2020, a Milano, è “L’Anno della Donna”. Ritieni la nostra una città a misura, appunto, di donna? Ambiti come la cultura, la sicurezza e il lavoro privilegiano la condizione femminile?
“Vorrei che questo evento cittadino (se riusciremo a viverlo veramente) divenisse occasione di riflessione. Non c’è solo l’aspetto brutale e criminale della violenza nei confronti delle donne, ma anche quello sommerso di una non ancora raggiunta parità nel lavoro, di una non ancora completa libertà. Certo, molte donne hanno raggiunto posizioni manageriali e di alto livello nelle istituzioni, sono voci autorevoli in politica e nella cultura, ci sono artiste acclamate. Ma la vita di tutti i giorni delle altre donne? Sono convinta sia ancora da scrivere questa pagina di maturazione della nostra società, per dare alle donne una dignità autentica. Voglio credere che Milano, nel nome delle grandi donne sia della sua Storia che del suo tempo attuale, si riveli ancora una volta un faro di luce per questo cammino”…
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)