Dichiara apertamente e orgogliosamente la sua età (58 anni) perché dice che ogni stagione della vita ha il suo fascino. E guardandola è difficile darle torto. Titti Valeri, molisana di nascita e milanese di adozione, è una donna che vive la sua maturità intensamente e con la consapevolezza della grande esperienza acquisita lungo il percorso della sua esistenza. Con una Laurea in Economia e Commercio e una specializzazione in Direzione Aziendale, Titti lavora all’Agenzia delle Dogane, dove si occupa di programmazione e controllo di gestione. Lo scorso anno è stata insignita del titolo di Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica. “Dopo tanti anni di onorata attività lavorativa mi piacerebbe dedicarmi maggiormente a tutte le mie passioni”, rivela sospirando. Tra queste, c’è la grande passione per la cucina, che l’hanno trasformata in una foodblogger. “Amo cucinare e a trasmettermi l’amore per i fornelli è stata mia madre, che quotidianamente ci deliziava con i piatti che oggi ripropongo in ricordo di lei. Il mio blog, “Cucina Chiacchierina”, è nato per condividere, appunto, il mio modo di cucinare basandomi sulla realizzazione di piatti semplici e veloci, alla portata di tutti, ma decisamente sani e gustosi. A trascinarmi in questa avventura è stata mia figlia Mariachiara, che ha 15 anni. Quando ne aveva appena nove ha partecipato a “Junior Masterchef”, avendo anche lei le mani in pasta fin da piccola (e ride)”.
Il mondo dell’enogastronomia è un binocolo puntato sulle tradizioni degli esseri umani. Come si mangia a Milano, secondo te? In quest’epoca di globalizzazione (e Milano è sicuramente una città globalizzata) c’è ancora posto per l’antica cucina milanese?
“A Milano l’offerta enogastronomica è davvero ampia, chiunque può trovare la sua cucina preferita. E quella milanese è finalmente tornata alla ribalta; tutte le persone che arrivano qui, infatti, vogliono provare come prima cosa la cotoletta, l’ossobuco col risotto e tutti gli altri piatti della tradizione meneghina”.
E’ vero, secondo te, che da quando ha ospitato l’Expo (che aveva come tema il cibo e l’alimentazione) in Italia e all’estero l’immagine di Milano, già molto positiva, è notevolmente migliorata?
“Sicuramente. Con l’Expo Milano si è presa la sua meritata importanza nel mondo. Prima era la capitale della moda, ora è la città del Bosco Verticale, di City Life, della metropoli ricca di ristoranti, da quelli stellati ai locali tradizionali, per arrivare a quelli etnici. Insomma, è tornata la Milano da bere. E anche da mangiare (e ride ancora)”.
A proposito: quanto ha influito e può ancora influire l’immigrazione di massa di questi ultimi anni sullo sviluppo di una cucina internazionale qui a Milano?
“Ha influito tanto e ha ancora ampi margini d’influenza, ma dobbiamo fare in modo che si comprenda che il cibo è una cosa seria e importante. Quindi, chiunque voglia portare la propria esperienza e cultura deve poterlo fare, ma rispettando le regole del settore”.
Parliamo un po’ del tuo rapporto con la nostra città. Tu vivi e lavori da molto tempo qui. Sei una persona adatta, quindi, a tracciarne un profilo…
“Sì, sono a Milano dal 1993 e ormai la sento mia. E’ cosmopolita, sempre più vicina al cittadino e sempre più intrigante, adatta a tutte le età. Un po’ cara, per la verità, ma anche con tante occasioni di incontri e attività a buon mercato. In due parole: è una Milano Meravigliosa, come la definisci tu”…
Dici che ti piace correre all’aria aperta, andare in bicicletta e persino andare in palestra. Secondo te Milano è una città ideale per chi vuole fare sport e vivere in salute, al di là dei classici luoghi comuni sulla vita metropolitana?
“Sì, è ricca di verde, di parchi bellissimi dove sgambettare. In questi giorni di forti restrizioni, a causa dell’Emergenza Coronavirus (e quindi di palestre chiuse), ho provato la gioia infinita di correre ovunque, ammirando la città da vicino. Diverso, purtroppo, è il discorso che riguarda le piste ciclabili: sono ancora poche e non consentono di utilizzare la bicicletta nelle migliori condizioni”.
Per concludere, Titti: il 2020, a Milano, è “L’Anno della Donna”. Ritieni la nostra una città a misura, appunto, di donna? Ambiti come la cultura, la sicurezza e il lavoro privilegiano la condizione femminile?
“Purtroppo e a malincuore devo rispondere di no. Sono una mamma e ho un partner, ma senza nonni, zii e altre persone di famiglia è davvero dura crescere una figlia e contemporaneamente lavorare. Gli asili nido sono costosissimi (anche quelli pubblici) e gli orari di lavoro troppo lunghi per poter conciliare tutte le esigenze. Manca poi la cultura della comunità e della condivisione, che potrebbe dare una grande mano a tutti genitori. Nei condomini abitano molti bimbi e una bella baby sitter collettiva, in un apposito spazio del palazzo, potrebbe aiutare molto. Oppure a turno potremmo accogliere nelle nostre case i bambini dei vicini: saremmo tutti più liberi e senza troppe preoccupazioni. I nostri bambini si divertirebbero e imparerebbero a vivere con gli altri, a contare sul prossimo, abbandonando così la visione individualistica che nelle grandi città ci sta isolando sempre di più. Comunque, a parte queste considerazioni, devo ringraziare davvero di cuore Milano. E’ senz’altro di più quello che mi ha dato di quello che mi ha chiesto”.
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)
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