Di stimoli psicologici e di crescita personale se ne intende e ne parla con cognizione di causa, visto che di mestiere fa lo psicologo. Ma non è soltanto (si fa per dire) la sua delicatissima professione a farne un uomo dalla grande visione d’insieme delle umane vicende. Il mio caro amico Amedeo Pingitore, 58 anni da compiere a febbraio, calabrese, sposato, due figlie, vive e lavora nella sua Cosenza, ma viene spesso a Milano per motivi familiari e di Milano si è occupato, seppur indirettamente e a molti chilometri di distanza. Sette anni fa, infatti, ha scritto “L’urlo di Gaber: psicologia di un artista”, un libro che entra profondamente, dal punto di vista psicologico, nel pensiero e nelle opere di questo enorme artista milanese. “Il mio amore per Gaber è nato quando ero soltanto un adolescente”, racconta. “Poi, nel 1984 venne nella mia città per una rappresentazione teatrale; ricordo che il titolo dello spettacolo era “Anni affollati”. Fu allora che lo scelsi come uno dei padri del mio pensiero. Gaber, con il suo teatro-canzone, è stato un intellettuale a 360 gradi. È riuscito a portare sulla scena una vasta gamma di aspetti che vanno dal sociale allo psicologico, interessandosi della politica senza alcun timore reverenziale, andando sempre controcorrente. Tutti i temi che affrontava era in grado di penetrarli in profondità, senza però appesantire l’uditorio, anzi condiva sempre i suoi monologhi con un pizzico di divertente ironia, anche se talvolta si trattava di un riso amaro. Nel mio saggio ho cercato di tracciare la sua psicobiografia attraverso l’analisi dei suoi testi teatrali e le sue tante dichiarazioni pubbliche sui vari aspetti della vita privata”.
Hai in cantiere, per caso, un nuovo libro “milanese”? E comunque ti piacerebbe scriverlo?
“Per la verità al momento non ho progetti editoriali, ma chissà, potrebbe scattare in me qualcosa. Milano è una città che stimola molto e in questa mia ultima permanenza, durante la quale ho avuto il tempo di scoprire molto del suo patrimonio artistico e culturale, devo ammettere che mi ha suggestionato, rapito e sedotto come una bella donna. Perché, come dici tu, Milano è femmina”.
Tu conosci sicuramente meglio Roma, hai vissuto nella capitale e ti sei laureato a La Sapienza. Al di là dell’ormai tradizionale confronto storico, culturale, sociale, politico ed economico fra le due città, quali differenze hai colto al balzo?
“Innanzitutto ho trovato una città ordinata e pulita, al contrario di Roma, che oggi è purtroppo sporca e degradata. L’altro aspetto che mi ha colpito è l’ottima organizzazione del servizio pubblico di mobilità urbana: metropolitana, tram, pullman e taxi rispettano gli orari con precisione, raggiungendo con celerità tutte le destinazioni. E questo scoraggia notevolmente l’uso delle auto private”.
Sempre a proposito di psicologia: chi vive qui come sta o come dovrebbe stare, da questo punto di vista?
“Beh, i parametri di vivibilità sono tutti favorevoli a Milano. Non lo dico io, ma la speciale classifica delle città d’Italia, che la pone sempre sul podio. Per cui chi vi abita stabilmente penso che sia contento della propria qualità della vita”.
Milano ha sempre avuto un respiro più ampio dei suoi confini. Tutto quello che la riguarda interessa sia a livello nazionale che internazionale. Quanto influenza, questa condizione, la scelta e la qualità della vita di chi vive qui?
“Una dimensione così ampia è senz’altro uno stimolo per la crescita psicologica di un individuo, ma talvolta può diventare una vertigine per chi non riesce a trovare una sua dimensione personale. Questo accade solitamente a chi vive nella marginalità sociale e sappiamo che le sacche di emarginazione sono purtroppo presenti anche qui”.
Gironzolando per le strade di Milano che opinione ti sei fatta (se te la sei fatta) del fenomeno dell’immigrazione in questa città?
Milano è città attrattiva e accogliente. Penso che riceva due tipi di immigrati: quelli che provengono dal Sud del nostro Paese e quelli dei vari continenti. Secondo me questa mescolanza fa di Milano una vera e propria città multietnica”.
Un’ultima domanda, Amedeo. l 2020, a Milano, sarà “L’Anno della Donna”. Ritieni questa città a misura, appunto, di donna? Ambiti come la cultura, la sicurezza e il lavoro privilegiano la condizione femminile? Il tuo giudizio è ancor più importante perché è anche e soprattutto quello di un padre, visto che una delle tue due figlie è medico ed è venuta a vivere e a lavorare qui…
“Parafrasando il titolo del tuo libro, “Milano è femmina”, va da sé che le donne trovino in Milano la città ideale. Mia figlia si è integrata con estrema facilità, così come tanti altri giovani che si sono trasferiti dalla Calabria. Al contrario di ieri, quando ad emigrare dal Sud al Nord erano le persone incolte, quelle povere e senza arte, oggi sono i giovani migliori che lasciano i luoghi di nascita per esprimere al meglio la professionalità acquisita e Milano dà a tutti una possibilità. Questa tendenza, però, sta depauperando il tessuto sociale della mia terra, perché i migliori cervelli sono in fuga e il rischio è quello di una irreversibile desertificazione intellettuale”.
Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)