Paolo Lissoni, uno che non si nasconde, uno che non media, uno che si è liberato dalle strutture che il ruolo e la formazione impongono. Nonostante la profondità e l’ampiezza dello sguardo e della conseguente ricerca, il suo filo rosso è nella semplicità, o meglio ancora, nell’immediatezza. “Sono oncologo, psico-neuro-endocrino-immunologo, teologo, poeta e viaggiatore”, dice di sè. Lissoni nasce nel 1954 a Novate Milanese, periferia di Milano, da genitori cattolici e comunisti. All’età di 11 anni entra nel Seminario diocesano di Seveso, per essere poi, più che espulso, semplicemente invitato ad uscirne, a causa delle sue idee rivoluzionario-marxiste. Per lui il Marxismo era ed è inseparabile dalla Fede cristiana. Vive in prima persona le lotte operaio-studentesche e contro-culturali degli anni ‘60 e ‘70. Condivide, infatti, le esperienze marxiste-comuniste, aderendo al movimento Lotta Continua e alle espressioni della Beat Generation, dei Figli dei Fiori, senza ovviamente rinunciare agli effetti della cannabis e delle sostanze psichedeliche. Inizia i suoi viaggi in autostop e con mezzi di fortuna in giro per il mondo. In questo insieme di esperienze avverte, come molti in quel periodo, il sentimento di poter modificare la società. A 18 anni raggiunge in autostop la famosa via di Katmandu, che rappresentava a quei tempi il punto planetario d’unione dello spirito di quella generazione. Consegue la maturità classica nel 1973 presso il Liceo Beccaria e la laurea in Medicina e Chirurgia nel 1979 presso l’Università Statale, alla quale seguiranno tre specializzazioni: Endocrinologia nel 1982, Oncologia Medica nel 1988 e Medicina lnterna nel 1993. Lissoni è considerato il padre della PNEI (Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia), in particolare in ambito oncologico, e ha saputo, inoltre, inquadrare gli agenti di un’ordinaria medicina all’interno di una visione spirituale dell’uomo e del suo corpo. Nel 2010 consegue il baccalaureato in Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano nel 2010. Svolge attività didattica presso la Scuola di Specializzazione in Chemioterapia dell’Università di Milano. Nel 1973 pubblica “Poesie per Extra-Terrestri”. È la prima di altre sette raccolte di poesie. Il suo pensiero antropologico-teologico-scientifico-spirituale è espresso in oltre 30 saggi. L’amore per i viaggi non l’ha mai lasciato e ad oggi vanta 170 Paesi visitati. Anche in stato bellico, come la guerra civile nell’Assam nel 1991, in Iraq nel 1992, in Cecenia nel 1994, nel Nagorno-Karabak nel 1995, in Bosnia nel 1995, in Siria nel 2012 e in Crimea nel 2014. Ormai in pensione riscopre il suo amore per la pittura. Si dedica a dipingere la dimensione umana, anche attraverso le esperienze della guerra e il dramma del Coronavirus, che lui definisce il più grande dolore del genere umano dal Diluvio in poi, “come non più ve ne sarà”. Una sorta di opposto a quanto aveva vissuto in gioventù negli anni ’60, “il più bel momento della storia umana dall’Eden in poi”.
Come ricorda il suo ‘68 nel contesto milanese?
“Come una rivoluzione spirituale in due sensi: sociale, ovvero marxista, e spirituale, come espansione psichedelica d’amore della coscienza. Il mio destino è stato di aver vissuto entrambe le esperienze, sia con Lotta Continua che come figlio dei fiori, essendo questi i due aspetti della rivoluzione. Il non aver saputo vivere questi due aspetti è stato il fallimento del ‘68. Milano era la città santa e illuminata del mondo, pur non essendo stata la prima da cui partì il movimento del ‘68. Milano poteva avere la conoscenza per una rivoluzione interiore ed esteriore: se una di esse manca, il mondo non cambia”.
Perché definisce il suo giornalismo “poetico e profetico”?
“Poetico perché è il mio modo di scrivere. Profetico perché l’evoluzione ultima del poeta è la profezia. Il Corano disprezza i poeti, lì vengono definiti come narcisisti, vagabondi che errano nel mondo”.
Viaggiava a causa della guerra o trovava la guerra durante i suoi viaggi?
“Alcune guerre mi sono state profetizzate, altre, come quelle in Siria, Cecenia, Nagorno Karabakh, Ucraina, Crimea, ho sentito che dovevo esserci come presenza lì”.
Dalla sua esperienza internazionale, come si vede la dimensione culturale di Milano?
“Se Milano nel ‘68 era santa come indole, ora dovrebbe essere autocosciente di questa santità”.
Milano è stato il suo punto di partenza e di arrivo. Come definirebbe il suo rapporto con la città?
“Come per Dante Alighieri lo fu Firenze”.
Qual è la sua zona di Milano preferita e perché?
“Il centro, il Duomo, perché lì c’era Santa Tecla”.
Parliamo di Scienza, adesso. La ricerca l’ha condotto a riconoscere in un semplice esame emocromo tanto la potenza di letalità del SARS-CoV-2 quanto i dati utili per scoprire la precondizione di un incipiente stato tumorale. Un fatto sperimentale e già applicato, ma al momento ancora non sufficientemente e inspiegabilmente diffuso. Allora Paracelso e Ippocrate sono stati uccisi e i suoi killer sono i medici?
“Paracelso è stato ucciso, perché rappresenta la tradizione esoterica, mentre Ippocrate non mi risulta che sia stato ucciso, ma è tuttora imperante. Cioè la medicina o come esteriorità o come religiosità. Tenga presente che Paracelso è descritto come mago, ma in realtà fu il primo nella storia umana che intuì che tutto è chimico e quindi le malattie sono alterazioni chimiche. Passano 500 anni e io mi ritrovo a dire che sono alterazioni psico-neuro-endocrino-immuno-chimiche. Ecco la differenza, in 500 anni, fra il mio pensiero e quello del santissimo Paracelso, mio illustre predecessore”.
Per prendere in esame il 2020, l’anno virale, lei impiega il termine pandemia?
“Sì. E aggiungo: il dolore più grande che ha colpito il genere umano. Mi attengo alle parole di Gesù: “vV sarà un dolore tale come mai ve ne fu, né come mai più ve ne sarà”. Questo è quel dolore. C’è gente che vuole privarci anche della gioia di essere presenti nel più grande dolore del genere umano”.
I casi di decessi fuori dalle fasce di età più avanzate già coinvolte da altre patologie, cioè la stragrande maggioranza dei decessi classificati per Covid-19, a cosa si possono ricondurre?
“Oggi conosciamo che il minimo comun denominatore di tutte le predisposizioni, quindi obesi, anziani, ipertesi, è il difetto di una proteina (di cui la classe medica mondiale non ne sapeva pressoché nulla), senza la quale l’uomo muore. Questa proteina si chiama angiotensina 1-7. È prodotta dall’azione del recettore ACE2 (angiotensin-converting enzyme 2), quello che il virus utilizza per entrare nella cellula e destabilizzare la risposta infiammatoria. L’ingresso è facile se di guardia manca l’angiotensina 1-7. Questa sarà ricordata un giorno come beata fra le molecole e sarà chiamata Angioliberina. Se uno mi chiede il perché di questo nome non so cosa rispondere, è come se mi fosse stato detto dal Cielo. Ma è possibile? Siamo ai livelli di Padre Pio? Non sapevo niente di questa cosa del Coronavirus, e ora mi ritrovo in nove mesi ad essere fra i più esperti al mondo. Stiamo già in contatto con altri centri nel mondo, dove hanno capito questa cosa. Nel caso dell’Italia, abbiamo scritto al Presidente della Repubblica, all’Ordine dei medici di Milano, al Governatore lombardo Fontana due volte, al Papa, al viceministro della Sanità Pierpaolo Sileri. Per il momento risultato zero, se non da parte del Papa, che evidentemente ispirato dallo Spirito Santo proprio recentemente ha parlato dei profeti. E poi c’è un aspetto ginecologico del Coronavirus. Il fluido vaginale, per la quota di estrogeni che contiene, stimola nell’uomo la produzione dell’ACE2. Praticamente il Coronavirus ufficializza le proprietà terapeutiche del fluido vaginale. Rende plateali le differenze all’interno del genere umano”.
Qual è la sua opinione sul potere infettivo degli asintomatici da Covid-19?
Ecco, su questo darei un parere, ma non è mia usanza dare un parere. Questo dovrebbero dircelo i virologi, almeno dirci questo”.
E sull’immunità dei guariti?
“Sull’immunità dei guariti dovrebbero dircelo gli epidemiologi. E dire, ad esempio: il paziente guarito ha anticorpi per, ipotesi, tre, quattro mesi, o quello che è. Questo dato io non l’ho mai sentito in dieci mesi di tv, pur guardandola 15 ore al giorno. Vorrei saperlo anch’io”.
E sui tempi di sussistenza del virus nell’ambiente?
“Anche su questo non ho dati. Ma fin dall’inizio feci un ragionamento: i virus inviluppati, vale a dire quelli che hanno un rivestimento, che io sappia, vivono meno nell’ambiente. Ancora prima di averlo individuato e quindi di averne riconosciuto le sue caratteristiche gli si sono attribuite certe caratteristiche di durata in ambiente libero, ovvero qualche ora. Ma quello che conta è che gli è stata attribuita una potenza infinita, a tal punto che a momenti si trasmetteva col pensiero, le cose, i guanti. Mentre invece non si è compresa la sua vera forza, quella che gli ha permesso di colpire il genere umano in un settore di cui l’umanità non aveva coscienza. E cioè che il sistema ACE2/ angiotensina 1-7 è fondamentale per la vita. Senza questo sistema, cosa abbiamo? Esattamente i due sintomi causa di morte, la tromboembolia e la distress respiratoria. Non sono due sintomi diversi, ma sono l’espressione di un danno endoteliale disseminato, in quanto i recettori ACE2 sono presenti in tutto il corpo. Se non godono della presenza di angiotensina 1-7, le premesse per le patologie autoimmuni e neoplastiche è compiuta. E pensare che la letteratura scientifica già da cinque/dieci anni o più attribuiva angiotensina 1-7 effetti antinfiammatori, antitumorali, antifibrotici. E io mi chiedo come mai la comunità scientifica, quantomeno in Italia, non l’ha mai menzionata? E’ una domanda a cui non so rispondere”.
L’immunità di un guarito da forma nulla o lieve è pari a quella di uno proveniente dalla terapia intensiva?
“Anche questi sono tutti dati su cui non possiamo dire “secondo me”. Qualcuno li avrà, ma non li ho mai sentiti. Ecco, sarebbe molto bello se venissero detti in tv, anziché ogni giorno sentir dire “tot tamponi…tot positivi” e altri dati senza autentico significato per capirci qualcosa. quando dopo otto mesi, finalmente, che interessi veramente la percentuale. Ecco, ogni giorno invece ci sentiamo dire “tot tamponi, più di ieri, meno di ieri”. Quasi un anno così, ma ancora questi dati io non li ho sentiti in tv. È quello che dovrebbero dire i virologi e gli epidemiologi”.
L’immunità di gregge è stata ostacolata dall’isolamento imposto anche agli asintomatici e/o ai sani, nonché ai negativi?
“Sono domande che richiedono infiniti ragionamenti e anche questo è compito degli epidemiologi. Bisogna attenersi alle fonti. Solo dai dati alla mano, si può dare un parere autorevole. Io i dati che ho avuto alla mano sono le variazioni immunitarie nel corso dell’infezione e da lì si capisce subito la drammaticità della malattia”.
Al tempo delle politiche di riduzione della medicina territoriale (e di conseguenza del primo livello di assistenza, quello operato in casa del bisognoso) la classe medica come ha reagito, se lo ha fatto?
“Lo ha fatto in modo emotivo e ultra ritardato perché il primo problema non è stato quello. Il primo problema, ricollegabile al 1995, è stato quello di sottoporre la Scienza ad un controllo etico. È un errore filosofico imperdonabile, perché poi, da quel minimo di conoscenze del Marxismo e Leninismo che ho, era ovvio che fosse in animo il controllo della Ricerca Scientifica. Oggi si sente dire: “La Scienza dice”, ma in realtà è come la libertà nella Rivoluzione Francese. Ci facevano le statue, ma giusto le statue. Allora, la Scienza cos’è? Questa è la domanda che sottopongo al popolo italiano e all’Unione Europea: chi stabilisce oggi, in Occidente, cos’è Scienza? Un tempo lo stabilivano le pubblicazioni scientifiche, che si potevano confermare e confutare. E poi, da un processo permanente espresso bene nel principio fondativo dell’Epistemologia, una verità è vera finché non è confutata. Ecco, questo modello non è più esistente da almeno vent’anni. Quindi qualcuno ha stabilito cosa si deve studiare e cosa non si deve studiare. Quello che mi stupisce verso i cosiddetti complottisti è che il vero complotto, quello relativo alla proibizione dell’impiego delle molecole del corpo umano, stranamente non l’ha visto nessuno. Io l’ho visto”.
Il 5 febbraio dello scorso anno è stato istituito dal Governo il Comitato Tecnico Scientifico. Questo, insieme alle posizioni del Dottor Burioni, che impressione le hanno fatto?
“Io ho un’altra visione della Scienza. Questo è un Comitato Tecnico, che dà delle organizzazioni. Comitato Scientifico, per me e non solo, significava riunire i migliori scienziati italiani, come da pubblicazioni scientifiche. Quindi non dev’essere una scelta del computer, per la quale ci viene detto in mezz’ora chi sono gli studiosi di un dato argomento. La modalità dovrebbe essere un’altra. È necessario riunirli per interrogarsi sulla patogenesi del virus, cosa fra l’altro facilissima. Per me in questo modo avrebbe dovuto operare il Comitato Scientifico”.
Cosa ha pensato nel febbraio scorso, quando per la prima volta, ha sentito parlare di SARS-CoV-2?
“Forse uqualcosa di drammatico lo avevo intuito. Per le scarse conoscenze di virologia che avevo, non sapevo dare un parere, ma mi è sovvenuto in un istante meditativo che mi ha generato fondativa: cosa avviene quando il virus SARS-CoV-2 si unisce al recettore di membrana ACE2? Non dobbiamo farci spaventare dalle parole, è semplicissimo. Angiotensing converting enzyme o ACE2 è una molecola sulla superficie delle cellule, come un’antenna, un recettore, che trasforma l’angiotensina 1 non in angiotensina 2, quella che tutti i medici conoscono come causa dell’ipertensione, ma in angiotensina 1-7, che ha effetti opposti, quindi ipotensivi, cardioprotettivi. Quest’immensa conoscenza è stata donata al mondo soprattutto da gruppi di scienziati brasiliani, quali la dottoressa Simoes-e-Silva, il dottor Santos, rispettivamente di San Paolo, e di Belhorizonte, e altri autori, per un totale di quattro o cinque gruppi nel mondo, perfettamente consapevoli dell’importanza di questa molecola. Quando ho preso atto anch’io del suo valore divenne immediatamente evidente che l’aggancio virus-recettore ACE2 non avveniva solo per entrare nella cellula, ma anche per impedire e bloccare una funzione fondamentale nel controllo della risposta infiammatoria. Perciò, la morte da Coronavirus è da iper-risposta infiammatoria. È tristissimo che quale causa di morte, in tanti mesi, non si sia sentito altro che dire dello stormo di citochine. Tengo a precisare che le citochine sono come minimo 40 tipi, con effetti diversissimi, alcuni simili, altri no. E quindi “stormo di citochine” poteva dirlo Giosuè Carducci. Sentirmelo dire dagli immunologi è stato per me un dolore immenso. Quindi, mi chiedeva cosa ho vissuto in febbraio-marzo? Devo essere sincero, la morte della Scienza. Inizialmente il Coronavirus è stato sottovalutato e poi ci ha anche annebbiato con il numero dei morti. Ma quella quantità, era chiaro, nascondeva la verità, l’ignoranza, non faceva sospettare il disastro implicito in questo tipo di cultura scientifica. Senza la Scienza l’Umanità non è più Umanità, non è più genere umano. Nel primo lockdown stavo male per questo e vedevo la maggior parte degli altri medici in forma. Vedere morire la gente di un qualcosa che si sarebbe potuto risolvere in modo semplicissimo è stato straziante”.
Rispetto ai virus precedenti crede che ci sia stata una superficialità nella preparazione della classe medica, rispetto al nuovo virus Covid-19?
“Quando nel 2004 scoppiò il problema dell’Ebola, per ordine della Regione Lombardia ci costrinsero a prepararci a vedere quello che ora vediamo: intubazioni, terapie intensive, morti. Mentre al tempo dell’Ebola tutti i medici erano stati preparati perché non l’hanno fatto con il Coronavirus? Già questo basterebbe per dire che un piano maligno c’è stato. “Virus nuovo” dicevano. Ma tutto era già pronto, tamponi, siero e via dicendo. In questo sta la macchinazione”.
A livello immunologico, quanto sta dicendo ora per il SARS-CoV-2 era valido anche per i virus precedenti?
“Per l’Ebola e la Spagnola è diverso, mentre rispetto alla SARS-1 sì, questo è un SARS-1 aggressivo. Qui ci vuole un’intelligenza che solo la PNEI può sapere. Però tutti i dati utili per gestire il SARS-CoV-2 erano già prevedibili dalla SARS-1”.
Cosa pensa sull’origine della particella infettiva? Fuga accidentale da laboratorio, fuga organizzata da laboratorio o selezione naturale in un animale ospite (pipistrello o pangolino), o che altro?
“Qui devo dare una risposta che è un misto fra Scienza, Poesia, Veggenza, Chiaroveggenza. L’impressione mia è che sapendo già dalla SARS-1 che il problema era l’affinità del virus per il recettore ACE2, è doveroso che qualcuno volesse manipolare il virus per renderlo meno affine alla molecola. La spike protein (che vuol dire spina, corona di spine) del SARS-CoV-2, ovvero la parte antigienica suprema del virus, è molto simile a quella della SARS-1. Non credo sia un caso che la prima immagine che ho avuto venendo a conoscenza del nuovo virus sia stata proprio una corona di spine. Un fatto importante, che lega il Covid-19 al male del mondo. La Corona cristica ne è l’emblema. Oso sperare che chi eventualmente lavorava sul virus in laboratorio lo facesse per ridurne l’affinità recettoriale. Forse qualcosa non ha funzionato e come un Golem ne è uscito un mostro. Questa è la versione scientifico-romantica che oso proporre”.
E invece l’annuncio già dal 2005, o anche precedentemente, della SARS-CoV-2, a cosa fa pensare? E si sono già sentite previsioni di un prossimo virus ulteriormente potente…
“Il terzo virus potrebbe essere encefalitico. La prevedibilità dipende dalla guerra cultural-economica che deve essere combattuta dagli uomini di Scienza e non solo per restituire all’Umanità la libertà della Scienza”.
Cosa le ha fatto pensare l’invito dell’Istituto Superiore di Sanità ai medici di non praticare “preferibilmente” autopsie sui cadaveri che secondo il referto sarebbero morti per Covid-19 e di cremarne i corpi?
“Io non ho questi dati e quindi non posso dire nulla, qualcuno se ne sarà occupato. L’amplificazione del problema delle autopsie mi sembra eccessivo e anche segno di non conoscenza, perché la patogenesi (e questo lo dico con autorità, riferendomi a una nostra pubblicazione che forse per prima al mondo ha evidenziato il problema) e la gravità della patologia da SARS-CoV-2 si vedono dal banalissimo emocromo, dal crollo delle cellule fondative dell’immunità, i linfociti, e da un aumento smisurato delle cellule che innescano il processo infiammatorio, che sono appunto i monociti. Avviene esattamente quello che avviene nei tumori, con la differenza che nei tumori metastatici avviene lentamente, nell’arco di mesi, mentre nel Covid-19 avviene in poche ore. Quindi, con il solo emocromo, un bravo immunologo avrebbe potuto dire: “Qui siamo di fronte a qualcosa di tremendo dal punto di vista del danno immunitario”. Ma ancora oggi nessuno lo fa”.
Perché nonostante l’attendibilità dell’esame emocromo, quale indicatore dell’infezione da SARS-CoV-2 e, come ci ha in altra occasione riferito, anche per cogliere l’insorgenza dei tumori, non è diffuso?
“Forse perché i medici non credono nel loro inconscio, sessualmente e cristologicamente represso, nel potere rigenerativo della vita, di cui il numero dei linfociti ne è espressione sintetica e simbolica”.
“Secondo il Dottor Montanari, noto farmacologo, critico dei confronti delle posizioni del Comitato tecnico scientifico per la Scienza e della coniugata politica della gestione del Covid-19, nonché di quella nei confronti della vaccinazione quale solo rimedio alla prevenzione dell’infezione, la causa dei primi morti della scorsa primavera non è stata la polmonite interstiziale, come abbiamo sentito affermare e ripetere dalle voci governative e filogovernative, bensì la tromboembolia polmonare. In questa, la formazione di trombi nei vasi impedisce l’eliminazione di anidride carbonica e l’afflusso di ossigeno. Anche per questa ragione la ventilazione non è bastata alla sopravvivenza? Qual è la sua opinione?
“Mi stupisce una banalità patogenetica del genere, quindi non uso neanche rispondere scientificamente. Rispondo con una metafora: immaginiamo che un allenatore di calcio schieri due punte, se queste non si relazionano, tendenzialmente vanno meno a rete e tendenzialmente la squadra perde. Ecco, entrambi gli eventi, la polmonite interstiziale o un edema polmonare non cardiogeno o non solo, e la tromboembolia, hanno la stessa causa, che è il difetto di angiotensina 1-7, il quale porta ad un’aumentata permeabilità alveolo-capillare, e quindi alla distress e, automaticamente, a un danno di tutto l’endotelio, perché i recettori ACE2 sono dappertutto. Quindi cambia la capacità coagulativa dell’endotelio e scatena il fenomeno trombotico. Devo anche dire, però, che una quota minimale dei pazienti infetti da Covid-19 sviluppa il fenomeno opposto, cioè la coagulazione intravascolare disseminata, come si distingue dal banalissimo numero delle piastrine. Un paziente con linfociti e monociti in rapporto alteratissimo, quindi crollo dei linfociti, poi la piastrinosi, svilupperà una tromboembolia; con una piastrinopenia andrà verso la DIC (coagulazione intravascolare disseminata), che è invece la principale causa della morte di Ebola. Ma, non riesco a trattenermi dal ripeterlo, quello che mi ha allucinato è che ancora oggi nessuno ha capito che la malattia Covid-19 è un difetto acuto di angiotensina 1-7. Supponiamo di non sapere di avere il diabete: uno senza l’insulina muore. Dramma al Pronto Soccorso. Poi qualche santissimo medico scopre che manca l’insulina. Temo che i nostri posteri diranno di noi la stessa cosa per Covid-19 e angiotensina 1-7”.
Sempre secondo il Dottor Montanari, ci sono farmaci che permettono di gestire l’infezione senza dover ricorrere al vaccino, come per altro avvenuto con il precedente virus di tipo SARS. Dice che con l’eparina si può evitare la produzione di coaguli di sangue e con l’eurochinasi si può intervenire in caso si siano già formati. È una posizione condivisibile?
“Eparina, primo giorno di Medicina: di fronte a un processo coagulativo si usa l’eparina. È una nozione universale della classe medica. Il problema è che nessuno ha capito che c’è un difetto e qual è, per cui tutti a contestare. Ma cosa contestano? È come dire di vedere un conflitto fra due errori assoluti, e dico combattetevi tra di voi, non mi interessa questa guerra. Perché la Scienza è santa e uno deve arrivare al meccanismo perfettissimo. Ma perché allora il Coronavirus ci mette in crisi? L’ha capito perfino Massimo Cacciari. Chi deve capire la malattia Coronavirus? Il virologo, l’immunologo, l’anestesista, il rianimatore, lo pneumologo, il cardiologo, il neurologo e anche il dermatologo nel dubbio. Il Coronavirus dimostra che la frammentazione della Scienza, di cui ci si lamentava solo a livello filosofico, ora è il dramma, per cui l’Umanità subisce la corona di spine del Coronavirus”.
L’alta percentuale di decessi della primavera dello scorso anno, avvenuta nelle province di Brescia e Bergamo, a suo parere può avere una relazione stretta con la densità locale dell’inquinamento atmosferico ricco di sostanze tossiche?
“Anche su questo darei un parere, ma non ho i dati per dare un parere. Verosimilmente sì, ma non vedo in tempi acuti come si possa intervenire”.
Condivide le parole del Dottor Scoglio dello scorso giugno: “Molte delle zone dove c’è stato il numero maggiore di morti hanno avuto una campagna vaccinale a tappeto di antinfluenzale e antimeningococo”.Nessuno riprende il fatto che in Cina, il primo dicembre 2019, è entrato in vigore l’obbligo vaccinale per tutta la popolazione. Quindi i vaccini devono aver influenzato negativamente gli eventi”?
“Se ha i dati lo dica, se non ha i dati nessuno parli. Non esiste un “secondo me”, se uno ha i dati può dare un parere. Io questi dati non li ho e quindi non lo so. Spero che il Dottor Scoglio non sia finito contro uno scoglio” (e sorride)
Sempre la primavera dello scorso anno si parlava di una “seconda ondata” prevedibile per l’autunno, poi verificatasi. Qual era la sua opinione all’epoca? Condivideva la previsione?
“Qui do un’opinione simil-scientifica, o para-scientifica. Vale a dire, fermo restando le discoteche ed altro, c’è da dire: se il virus non muta o non muta in modo tale da giustificare virulenze, allora chi muta? Muteranno le persone. Da che mondo e mondo è evidente anche tra gli psicosomatisti (ma di fatto è un’evidenza accessibile a chiunque) che le due stagioni dove il sistema immunitario è più vulnerabile per via del cambio di luce, casualmente sono la primavera e l’autunno. Quindi, tra i vari fattori, teniamo presente anche le variazioni non solo dell’afflusso alle discoteche, ma anche del corpo biologico dell’uomo. Questo è il punto dove il mondo non c’è più. Abbiamo dimenticato il corpo umano come è fatto. Abbiamo dimenticato la Natura”.
“Nella primavera scorsa è stato sospeso l’utilizzo dell’idrossiclorochina (HCQ, hydroxychloroquine), principio attivo del Plaquenil, farmaco antimalarico a basso prezzo, considerato da alcuni utile per i malati da Covid-19. Cosa ne pensa?
“Sentiamo chi è contro. Dirà che è cardiotossico. Sentiamo chi è a favore, il più delle volte ci si sentirà rispondere: “Non lo so se funziona”. Oppure, i più illuminati diranno che la clorochina va bene, in quanto inibisce le citochine infiammatorie, l’IL-6 (interleuchina 6) e i TNFα (Tumor necrosis factor alpha), anche se poi la più coinvolta è l’interleuchina 17. Ma il vero meccanismo dell’idrossiclorochina è che è un attivatore del recettore ACE2, che fa sì che l’attività enzimatica dell’ACE2 sia accresciuta. Ma allora qual è il problema? La risposta è avere disponibilità di angiotensina 1-7. E allora, fra una clorochina che questo effetto lo provoca (cosa che ci porterebbe a spendere una parola a favore dell’idrossiclorochina), ma che viene subito smentita dal fatto che il problema è attivare l’ACE2, potenziare la sua attività enzimatica per avere più angiotensina 1-7, io umilmente prescriverei l’angiotensina 1-7. E ripeto: vedo il mondo sbranarsi fra due opposte fazioni, ma entrambe radicate nell’errore. Se uno vuole veramente la verità e conoscesse veramente la patogenesi del Coronavirus darebbe l’angiotensina 1-7, non l’idrossiclorochina, la quale potrebbe produrre un beneficio solo nella misura in cui stimolasse la produzione di angiotensina 1-7. Senza dimenticare il fatto che la idrossiclorochina è cardiotossina, mentre l’agiotensina 1-7 è cardioprotettiva, ovvero che ha il potere di rigenerare le cellule cardiache. La mia impressione è che si tratti di un discorso fra opinioni, ma nessuna conosce i meccanismi chimici. Io, invece, la prima cosa che penso è: “Dimmi i meccanismi chimici e ti dirò chi sei”. Ma questo vedo che non è usanza fra i terrestri”…
Un efficiente sistema immunitario basta e in che percentuale per ridurre il rischio di contagio da SARS-CoV-2?
“Per il contagio no, per il quale valgono le indicazioni date dal Ministero della Salute. Per controllare l’evoluzione della malattia certamente. Purtroppo una reale valutazione dello stato immunitario non è considerata da nessuna clinica del mondo, per cui l’immunità resta un concetto e non elemento misurbile, pur essendo deducibile dall’emocromo, ovvero dal rapporto linfociti/monociti, il cui crollo è tipico segno dell’evoluzione dell’infezione da Covid-19.
In ogni caso, è da sapere che il sistema immunitario di una persona entro l’età della pubertà non solo produce più melatonina di qualunque epoca successiva della vita, ma anche una quantità maggiore di angiotensina 1-7. Con l’avvento della pubertà, l’attività delle ghiandole sessuali la produzione si riduce”.
Lorenzo Merlo (fotogiornalista e scrittore milanese)