Musica da vivere ogni giorno. Musica che interpreta il mondo contemporaneo. È il nuovo corso del Conservatorio di Milano “Giuseppe Verdi”. Siamo certi che il grande Maestro di Busseto, conosciuto per il suo carattere burbero e intransigente, avrebbe apprezzato. “Copiare il vero può essere una buona cosa, ma inventare il vero è meglio, molto meglio”, scriveva nel 1876.
E vero, solido e vitale è oggi più che mai il Conservatorio, nonostante l’Emergenza Coronavirus ne abbia rallentato l’attività didattica e sospeso i concerti. Di certo non ha smorzato l’entusiasmo della direttrice Cristina Frosini, colei che ha letteralmente rivoluzionato la prestigiosa istituzione milanese, fondata nel 1807. Negli ultimi anni il cortile del Conservatorio ha ospitato le sfilate del marchio di lusso Etro, maison famosa per i raffinati tessuti con disegni paisley, ma la consacrazione al nuovo è arriva con la serie tv “La compagnia del Cigno”, creata da Ivan Cotroneo e andata in onda su Rai 1 lo scorso anno.
La fiction narra le vicende di sette giovani musicisti che frequentano il Conservatorio meneghino e che decidono di stringere un patto di amicizia fondando la “Compagnia del Cigno”, in onore proprio di Giuseppe Verdi, soprannominato il Cigno di Busseto. “Sei milioni di spettatori rappresentano un successo enorme”, sottolinea con soddisfazione Cristina Frosini. “Sono davvero felice di avere intrapreso la strada del rinnovamento, nonostante le mille difficoltà che incontro ogni giorno”.
Cristina, io ho avuto l’onore di conoscerti ai tempi del liceo linguistico che abbiamo frequentato entrambe. Nei ricordi mi appari come una studentessa brillante, educata, carina, sempre sorridente. Ma soprattutto mi sei rimasta impressa perché sei riuscita a conciliare gli studi umanistici con quelli musicali. È un’impresa così ardua? Nella fiction, Barbara, interpretata da Fotinì Peluso, non è sicura di farcela…
“Un’impresa faticosa certamente, ma non impossibile. Un’impresa che richiede dedizione e sacrificio. La passione da sola non basta, aiuta certamente, ma non è tutto. Non potendo moltiplicare il tempo, agli studenti che scelgono di frequentare il doppio percorso fin dagli anni del liceo sono richieste inevitabili rinunce. Lo studio dello strumento ruba energie alla quotidianità con gli amici, al tempo libero, ma restituisce una pienezza che solo chi lo ha provato può capire”.
Cristina Frosini vanta un curriculum di prim’ordine. Milanese di nascita, ha studiato proprio al Conservatorio Giuseppe Verdi, dove si è diplomata in pianoforte e clavicembalo col massimo dei voti. Si è poi perfezionata con Antonio Ballista, Sergio Fiorentino, Dario de Rosa e Maureen Jones. Dal 1975 suona in duo pianistico con Massimiliano Baggio, con cui ha tenuto centinaia di concerti, sia in recital, sia con orchestra, nonché registrazioni discografiche, radiofoniche e televisive. Ha vinto numerosi concorsi internazionali. Tra il 2001 e il 2005 ha eseguito, per la prima volta in Italia, l’integrale delle composizioni per pianoforte a quattro mani di Schubert per i Concerti da Camera dell’Orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi. Dal 2005, a seguito di una distonia focale alla mano destra, che l’ha costretta a interrompere l’attività concertistica, si è dedicata allo studio della Fisiologia pianistica. E da maggio 2012 ha ripreso l’attività concertistica. Dopo esserne stata vicedirettore nel triennio 2013/2016, dal mese di novembre 2016 è dunque direttore del Conservatorio di Milano, rieletta per un secondo mandato nel 2019.
Un’attività incessante. Non ti sei fermata neppure a causa della distonia. I risultati premiano il tuo talento, la tua costanza ma, suppongo, anche i tanti sacrifici. Cosa si prova a essere stata rieletta per un secondo mandato alla guida del Conservatorio di Milano?
“Ricordo il giorno della rielezione come uno dei giorni più emozionanti dei miei anni in Conservatorio. Alla prima elezione non sai cosa ti aspetta. Alla seconda elezione arrivi invece con una consapevolezza diversa, con aspettative maggiori, con la speranza di poter continuare a lavorare per il “tuo” Conservatorio. L’affetto dei colleghi e la fiducia rinnovata sono stati un viatico importante, direi fondamentale per affrontare l’anno davvero complesso che ancora stiamo vivendo, con tutto quello che la pandemia ha portato con sé anche per chi fa musica. Uno scenario inimmaginabile un anno fa, quando proprio come in queste settimane venivo rieletta per un nuovo triennio”.
Cosa rappresenta oggi il Conservatorio “Giuseppe Verdi” per la nostra città?
“Il Conservatorio è sempre stato un punto di riferimento per la formazione musicale e non solo a Milano. Oggi, soprattutto per Milano, il Conservatorio è diventato un polo culturale, un centro di produzione aperto tutto l’anno, capace di proporre un cartellone concertistico ricco e variegato tale da rispondere ai gusti di un pubblico quanto più allargato, dalla musica antica alla contemporanea, passando per la classica, il jazz e persino il pop-rock”.
Come è stata affrontata l’Emergenza Coronavirus? Ancora oggi fra queste mura si respira un silenzio irreale…
“La pandemia ha costretto al silenzio la nostra sede, ma non c’è pandemia che possa costringere al silenzio i musicisti. I mesi da marzo ad oggi sono stati pieni di musica. Tanta, tantissima ne abbiamo fatta anche noi: una piattaforma per la didattica a distanza ci ha tenuti in rete per tutto questo tempo e ancora è attiva per lezioni a distanza, saggi, esami, incontri. Chi passa da via Conservatorio sa però che dal 3 giugno il nostro portone è aperto. Le lezioni sono ricominciate anche in presenza e dal 21 giugno torniamo in scena, con concerti nel Chiostro e in Sala Verdi”.
Che cosa offrirà al pubblico il Conservatorio nei prossimi mesi?
“Come dicevo, offriremo cinque concerti nel Chiostro e quattro in Sala Verdi tra il 21 giugno e il 19 luglio; gruppi jazz, solisti, formazioni da camera e anche un appuntamento orchestrale con gli Archi della OSCoM, la nostra Orchestra Sinfonica, dedicato alle Stagioni di Vivaldi, in occasione del quale i nostri studenti suoneranno alcuni tra gli strumenti storici della nostra collezione. Il mese di agosto ci servirà per programmare il nuovo anno artistico. Le attività per il pubblico riprenderanno quindi in settembre con i concerti della nostra stagione “Musica Maestri!” (come sempre alla domenica pomeriggio) e con gli appuntamenti che vedranno protagonisti i nostri studenti. L’inaugurazione del prossimo anno accademico è già fissata per la sera del 3 dicembre, sul palco della Sala Verdi”.
Quali informazioni o consigli vorresti dare a un giovane che desidera iscriversi al Conservatorio? Com’è organizzata l’attività didattica?
“Non ci sono ricette valide per tutti. Il consiglio che posso dare a chi decide di iscriversi al Conservatorio è di essere consapevole del percorso che andrà ad affrontare e non solo in relazione ai sacrifici richiesti di cui dicevamo prima. Fare il musicista nel terzo millennio significa acquisire competenze non soltanto in termini esecutivi e performativi. Noi formiamo figure professionali complesse, con competenze musicali, ma anche storiche, musicologiche, linguistiche, organizzative, comunicative. L’attività didattica si articola ovviamente su livelli diversi: innanzitutto i percorsi accademici, ma anche spazi dedicati ai giovani talenti, oltre ai corsi per chi sceglie di fare musica non a livello professionale. Il Conservatorio è una realtà complessa, che invito tutti a scoprire”.
Qual è il merito della fiction “La compagnia del Cigno”? So che il ritorno di immagine è stato enorme…
“Il ritorno di immagine è stato certamente importante. Tantissimi si sono accorti della nostra esistenza, appunto, grazie a ‘La compagnia del Cigno’. Ci hanno cercato, sono venuti in visita, hanno cominciato a frequentarci e non ci hanno più lasciati”.
In conclusione, siamo appena entrati nella Fase 3 dell’emergenza Covid-19. Secondo te, quando Milano potrà tornare a essere la meravigliosa città che tutti conosciamo?
“Milano è sempre la meravigliosa città che tutti conosciamo. Non dobbiamo dimenticarlo. E pur nel rispetto delle nuove regole di convivenza sociale non dobbiamo avere paura di tornare a scoprirla e a viverla”.
Stefania Chines